Un buon accordo sindacale dovrebbe essere salutato per quello che è. Senza inutili esagerazioni e senza assegnare all’intesa raggiunta altro che non sia ciò che è stato concordato. Il percorso accidentato che ne ha accompagnato i tempi di maturazione, le posizioni di partenza, le differenti culture che si sono scontrate dovrebbero cedere rapidamente il passo alla reciproca volontà espressa nel testo aprendo una nuova fase.
A rendere inevitabile l’intesa tra Amazon e le organizzazioni sindacali, anche attraverso la mediazione del Ministero del Lavoro, hanno concorso, diversi fattori. Innanzitutto il peso economico e occupazionale che la multinazionale sta avendo nel nostro Paese. L’importanza delle relazioni con il contesto sociale e politico per il suo business concreto in una realtà come la nostra non poteva certo essere sottovalutato dai vertici aziendali. E questo, indipendentemente dal carico simbolico che Amazon evoca, dalle dinamiche sindacali reali pressoché inesistenti dentro il suo perimetro o dai toni esagitati utilizzati sui piazzali.
Stabilire normali relazioni industriali con i tre sindacati confederali con l’obiettivo di cercare di evitare strumentalizzazioni sul business, sull’organizzazione del lavoro e sulla gestione del personale è un dato comunque positivo. Non è un caso che l’azienda, con il crescere della dimensione, e in previsione di questo percorso si sia data una struttura manageriale anche nelle risorse umane in grado di accompagnarne la crescita e l’interlocuzione sociale.
Amazon sa benissimo che deve scontare un’avversione pregiudiziale causata dalla sua provenienza, dalla dimensione e pervasività in numerosi settori, dal suo agire su terreni tradizionali in modo nuovo dove, come cantava Jovanotti, “le regole non esistono esistono solo le eccezioni” e che la loro normazione in un singolo Paese sono molto complesse. Il futuro però non si attende ma si fa con l’andare. Fermarlo è impossibile. E chi insegue sul terreno del business spesso, anziché individuare e affrontare i propri limiti, si limita a chiedere l’intervento di un fantomatico “arbitro” da cui pretendere una imparzialità facile a dirsi ma difficile da realizzare. Leggi tutto “Amazon. Un accordo sindacale che richiede cambiamenti (non solo all’azienda)”