Conad (ri)lancia una linea di prodotti studiati per “Piacersi”.

I consumatori non sono tutti uguali. E non tutti sono alle prese con gli stessi problemi. Segmentarne gusti e aspettative è importante così come anticipare tendenze. Declinarli poi in un concetto di convenienza e di salute a 360° in un momento dove l’attenzione alla spesa alimentare è alto dimostra la sensibilità al contesto e alla sua evoluzione tipica di una grande azienda del comparto. Secondo IPSOS c’è un’attenzione crescente verso la salute mentale e fisica e gli affetti, dalla famiglia alle relazioni sentimentali. Benessere a tutto tondo e relazioni significative passano in primo piano rispetto a valori come il successo professionale ed economico e il divertimento.

E questo è il portato di ciò che abbiamo alle spalle (pandemia e inflazione) e le preoccupazioni indotte dal contesto che stiamo vivendo. Lo si comprende anche dal fatto che il “successo in sé” scala come priorità e sarebbe ricercato solo da un italiano su quattro. Io lo leggo come una sorta di disillusione e di rassegnazione sulle reali possibilità di cambiamento delle proprie condizioni. È un segno dei tempi. La cosiddetta “permacrisi” che segnala un elemento di difficoltà costante e non passeggero produce inevitabilmente  due effetti. Il primo di grande attenzione alla spesa alimentare (perché è una delle poche voci di spesa che dipende dalle scelte individuali).

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Il lavoro nei servizi al consumo. Un contributo interessante della sociologa Giovanna Fullin

Ho avuto modo di partecipare ad un’iniziativa proposta dal Sindacato di base CUB (nato negli anni 90 da una scissione nella FIM CISL milanese) sul lavoro nei servizi dal titolo: “Flessibilità-alienazione e rapporti con i clienti”. Argomento impegnativo e ambiente, com’era prevedibile  estremamente critico sia nei confronti delle aziende del terziario, insegne GDO  in testa, ma anche dei sindacati confederali. L’occasione è scaturita dalla presentazione del libro di Giovanna Fullin “I CLIENTI SIAMO NOI. IL LAVORO NELLA SOCIETÀ DEI SERVIZI (Il Mulino, 2023)”.

Le ricerche sul lavoro nel terziario e nei servizi,  che ormai riguardano oltre  il 70% dell’occupazione totale, si concentrano in genere sui knowledge workers o sui lavoratori delle piattaforme. Difficile trovare sociologi del lavoro che hanno focalizzato il loro lavoro sui servizi al consumo pur trattandosi di oltre 5 milioni e mezzo di persone. Quasi il 30% dell’occupazione complessiva. Ci aveva provato negli anni 90 un altro sociologo, Renato Curcio, noto più per altre vicende, che aveva individuato, studiando i lavoratori dei centri commerciali e degli ipermercati, l’emergere di una nuova “classe operaia” in grado di sostituirsi al cosiddetto “operaio massa” fondamentale per la ripartenza di un movimento simile a quello del ‘68. Anche allora le interviste a supporto le avevano fornite i lavoratori della GDO, i delegati sindacali delle aziende  e i sindacalisti (soprattutto della Uiltucs milanese).

Al di là delle teorizzazioni di allora che poi si sono dimostrate completamente errate per la prima volta in quelle riflessioni sindacali entrava il “cliente”. Pur raccontato da Curcio  come isterico e alleato del datore di lavoro nel “vessare” i lavoratori, ma terzo soggetto di un triangolo che, in qualche modo, introduceva un elemento di diversità rispetto alle riflessioni sul lavoro derivate dalla cultura industriale e tayloristica che riduceva il rapporto di lavoro  alle dinamiche esclusive tra imprenditore e lavoratore.

Questa presenza viene ripresa anche dalla sociologa  Fullin che costruisce un nesso interessante  tra mestieri diversi (dal lavoro nel turismo, alla ristorazione, dalle hostess fino alla grande distribuzione) dove il rapporto con il cliente è centrale e ne approfondisce alcuni aspetti nel libro. Innanzitutto il delicato confine tra organizzazione aziendale e cliente.  L’organizzazione tende, per sua natura, a standardizzare i comportamenti richiesti  ma deve contemporaneamente saper costruire un rapporto personalizzato perché il cliente porta con sé una forte dose di imprevedibilità nei suoi comportamenti. Tra l’altro, nel negozio del  futuro, questa capacità di relazione e di assistenza sarà ancora più centrale. Leggi tutto “Il lavoro nei servizi al consumo. Un contributo interessante della sociologa Giovanna Fullin”

Associazioni di categoria. Gli associati si contano o si pesano?

Se si dovessero contare gli associati effettivi che ciascuna confederazione o associazione vanta senza essere costretta a certificarne la corrispondenza effettiva in molti casi   scopriremmo “magheggi” interessanti. Forse è anche per questo che una legge sulla rappresentanza è lontana dall’essere approvata. Bilanci e numero degli associati non dappertutto sono trasparenti.   Ha ragione Renato Brunetta che, al Meeting di Rimini, ha sostenuto: “Una delle imprese difficili è far tornare in vita i corpi intermedi”. La crisi della rappresentanza sociale ed economica è evidente. Il peso dei sindacati tradizionali sulle questioni di fondo è relativo. La loro capacità di mobilitazione nelle singole imprese è  localizzato in alcuni settori a macchia di leopardo.

La rappresenta datoriale è, di fatto, su un binario morto. La recente elezione di Emanuele Orsini in Confindustria è passata quasi inosservata. In Confcommercio rischia di fare più notizia la  polemica sull’età del suo Presidente o la sua volontà di ottenere un altro mandato che le proposte  sui temi del terziario e dell’economia. Altre organizzazioni datoriali fanno da tappezzeria. Qualche modesto pezzo sui media  in occasione di avvenimenti di settore o interviste dei loro presidenti rivolte più alle dinamiche associative  dei rispettivi mondi che tese ad affrontare i nodi veri del Paese che sembra ricambiare, sempre più disinteressato al loro agire. Alla politica che conta in fondo va bene così.

L’unica confederazione che ha anticipato la fase che vede in campo il Governo di centro destra muovendosi quasi in simbiosi, può piacere o meno,  è stata Coldiretti. Si è mossa però in modo grossolano decidendo di  ingaggiare a testa bassa  uno scontro duro con Confagricoltura (e Confindustria/Unionfood)  ed è anch’essa ormai accompagnata dalle critiche di chi ne sottolinea più la volontà di salvaguardare le sue prerogative e il suo potere che l’effettiva volontà di affrontare i problemi del comparto. Un associazionismo per alcuni, complessivamente  in panchina, per altri, in grande ritardo.

Se poi passiamo alla Grande Distribuzione l’offerta associativa è decisamente sovrabbondante. Abbiamo ben quattro organizzazioni  che ne rivendicano, in tutto o in parte, la rappresentanza o la leadership autonoma sul merito delle questioni di fondo. Tutte firmatarie di contratti nazionali. Due, pur con pesi diversi, sono di rango confederale: Confcommercio e Confesercenti. A livello associativo abbiamo Federdistribuzione e ANCC-Coop. Ci sarebbe anche ANCD-Conad ma, essendo quest’ultima anche in Confcommercio la considero parte del sistema di piazza Belli. Non conto Confimprese ma qualche realtà del comparto c’è anche lì. Amazon, per citare il convitato di pietra del comparto,  sta, in Italia, in  Conftrasporto mentre in Europa sta in Eurocommerce dove c’è tutta la GDO europea, compreso Federdistribuzione e Confcommercio. Nonostante questo la sua attività di lobby la gestisce in prima persona. 

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Alimenti “plant based”. Aldi guida la corsa in Germania. Ma l’interesse cresce anche da noi…

Per quanto riguarda il nostro Paese, secondo una indagine condotta da Astraricerche e Unione Italiana Food, sono circa 22 milioni gli italiani che consumano prodotti plant based (cioè a base di proteine vegetali vegetali, spesso nati come alternativa a cibi con proteine di origine animale come carne e formaggio). Il 25% degli italiani che non ha ancora provato questi prodotti afferma di poterlo fare in futuro e Bloomberg prevede un ulteriore sviluppo a livello globale, stimando un passaggio dai 44 miliardi di dollari attuali ai 162 miliardi entro il 2030.

Non a caso, Ferrero sceglie il suo prodotto principale per segnalare l’inizio di un cambiamento epocale. “Accogliamo con favore gli sforzi di Ferrero per soddisfare le esigenze e le aspettative dei milioni di consumatori che seguono diete a base vegetale e vegane”, ha affermato Vanessa Brown, responsabile dei marchi presso la Vegetarian Society. “Siamo lieti di annunciare che la nuova Nutella a base vegetale soddisfa i severi criteri della Vegetarian Society per l’accreditamento vegano. Uno dei marchi più amati al mondo offre ora un’opzione a base vegetale.”

È una delle due grandi traiettorie di novità sull’alimentazione (l’altra è l’etnico) e di ciò che troveremo, in quantità notevolmente superiore ad oggi, sugli scaffali della Grande Distribuzione tra non molti anni. I prodotti alimentari proteici di origine vegetale sono considerati più sani, più nutrienti rispetto alle offerte dietetiche a base di carne. Per ragioni anche di questo tipo, le fonti di proteine vegetali, stanno riscuotendo una popolarità di mercato senza precedenti. La Germania è sicuramente il Paese dove la GDO sta investendo di più. È così dopo Lidl,  anche ALDI ha annunciato che  entro la fine di quest’anno avrebbe superato i 1.000 prodotti nella sua gamma di prodotti vegetali. Nel gennaio del 2023 nel suo rapporto nutrizionale affermava: “Il nostro obiettivo è offrire ai nostri clienti almeno 1.000 varietà di prodotti a base vegetale distribuite durante l’anno nelle nostre gamme standard, stagionali e promozionali entro la fine del 2024. Per raggiungere questo obiettivo, ci stiamo concentrando non solo sulla riduzione delle piccole quantità di ingredienti di origine animale nei nostri prodotti, ma anche sull’espansione costante della nostra gamma vegana”. ALDI sta inoltre lavorando per filtrare piccole quantità di origine animale dai prodotti e “veganizzarli”. Ciò include, ad esempio, la sostituzione del cioccolato al latte nei muesli con cioccolato vegano.

Già oggi, la percentuale di prodotti a base vegetale venduti nell’ambito della gamma a marchio proprio da ALDI Süd ha superato gli articoli a base animale, con il primo che rappresenta il 60% del totale. Il discount offre più di 1.200 prodotti etichettati vegani ed entro la fine del 2026, si prevede che questo numero salirà a 1.400. Mahi Klosterhalfen, presidente della Fondazione Albert Schweitzer, ha dichiarato: “Il Retail food  svolge un ruolo cruciale nella transizione verso una dieta più a base vegetale”. “La decisione di ALDI Süd di misurare la proporzione di prodotti a base vegetale rispetto ai prodotti animali è un passo importante su questo percorso e segna l’inizio di un cambiamento continuo”. Leggi tutto “Alimenti “plant based”. Aldi guida la corsa in Germania. Ma l’interesse cresce anche da noi…”

Amazon USA una nuova proposta per tenere testa ai discount…

L’inflazione degli Stati Uniti scende al 2,5% ad agosto rispetto al 2,9% di luglio, tornando al livello di marzo 2021. Eppure la preoccupazione per i prezzi resta alta. La convinzione diffusa è che nulla sarà come prima. Anche per i consumatori americani. Non è un caso se anche Amazon per rispondere a questa esigenza si è messa ad inseguire i discount sul loro terreno, moltiplicando promozioni e sconti e mettendo  sul mercato una nuova tipologia di offerta definita “senza fronzoli”.   L’hanno chiamata “Amazon Saver”. Prezzi che crescono e redditi che non salgono sono all’ordine del giorno ovunque.   C’è chi lo capisce e chi no.

“Amazon ha grandi ambizioni nel retail fisico e online, quindi deve saltare su questo carro e affinare la sua posizione nel rapporto qualità-prezzo”, ha dichiarato Neil Saunders, analista del mercato USA e amministratore delegato di GlobalData Retail. “I prodotti Saver sosterranno l’azienda nel perseguimento di questo obiettivo”. Saunders ha sottolineato alla CNN che è fondamentale che Amazon proponga prodotti con “qualità ragionevole”, perché i consumatori  “non vogliono solo  prodotti economici; vogliono prodotti buoni a prezzi bassi”. D’altra parte il costo della spesa degli americani nell’ultimo anno è aumentato dal 20% al 30% in più rispetto a tre anni fa e i redditi non sono riusciti a tenere il passo. Qui da noi, purtroppo, molti osservatori  continuano non capire la centralità del problema e i rischi sul piano sociale ed economico che questa sottovalutazione comporta. 

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LIDL si rafforza in Sardegna con il nuovo hub logistico

E così mentre c’è chi continua a sottovalutarne il potenziale di crescita nel nostro Paese,  LIDL tira dritto.  Ha appena inaugurato la sua Direzione Regionale in Sardegna, ad Assemini, in provincia di Cagliari. Oltre 70 milioni di euro e più di 140 nuovi posti di lavoro. Nell’isola l’insegna tedesca ha oggi 23 punti vendita e 650 collaboratori. Un investimento all’interno di  un percorso di crescita aziendale che prevede, per i prossimi sei mesi, l’apertura di ulteriori 40 nuovi punti vendita. L’investimento complessivo previsto è di di 400 milioni di euro.

Presentato al CACIP (consorzio industriale provinciale di Cagliari) il 25 ottobre del 2022 ha prodotto, tra gli altri risultati, l’impiego di numerose imprese del territorio che ne hanno consentito una rapida realizzazione. Una sinergia nel segno dell’innovazione e dello sviluppo in area ZES (Zona economica speciale). Una collaborazione pubblico-privato che ha consentito importanti ricadute sul piano dell’occupazione e del rafforzamento delle infrastrutture. A Macchiareddu, di fatto, sta nascendo un grande polo per la logistica. 

Lidl intrattiene rapporti di fornitura con centinaia di aziende italiane.  Nel 2022 il totale delle forniture di beni e servizi acquistati in Italia da Lidl è ammontato a €6,2 miliardi, concentrati soprattutto nel comparto della produzione agroalimentare, che si configura come un forte traino alle esportazioni di prodotti alimentari grazie agli acquisti realizzati per il rifornimento degli scaffali di punti vendita dell’Insegna all’estero. Nel 2022, tali acquisti hanno rappresentato esportazioni dall’Italia per circa €2,4 miliardi (pari al 4,5% di tutto l’export food & beverage italiano), di cui il 24% è rappresentato da frutta e verdura (il 13% delle esportazioni totali del Paese) (elaborazione THEA Ambrosetti).

Il nuovo hub consente a LIDL una riorganizzazione logistica in Sardegna. La struttura, che sarà operativa dal 1° ottobre, permetterà di migliorare il servizio al cliente finale e allo stesso tempo di compiere un passo in avanti verso una logistica sempre più sostenibile ed efficiente con un risparmio di più di 5.000 tonnellate di CO2. Il centro logistico si estende su una superficie complessiva coperta di oltre 37.000 mq, ha una capacità di stoccaggio di 25.000 posti pallet, oltre a disporre di 101 baie di carico e 45 posti TIR. Il progetto, inoltre, risponde ai criteri di uno sviluppo edilizio sostenibile. La nuova Direzione Regionale, infatti, è dotata di un impianto fotovoltaico da 2.688 kW in grado di coprire circa il 50% del fabbisogno energetico del centro, ovvero l’equivalente dell’energia utilizzata da 1.350 abitazioni.

L’edificio è alimentato con energia proveniente al 100% da fonti rinnovabili e dispone di un sistema per il recupero delle acque piovane. Infine, il rivestimento esterno è frutto di uno studio che permette di mitigare anche l’impatto visivo della struttura all’interno del contesto circostante. Una strategia di sviluppo sostenibile a cui contribuirà anche un altro importante obiettivo che Lidl si è posta, ossia quello di raggiungere la decarbonizzazione dei trasporti entro il 2030. Il nuovo hub rappresenta non solo un simbolo di ampliamento aziendale, ma anche un nuovo slancio per l’economia sarda. Il ruolo della ZES è proprio quello di facilitare la realizzazione di questa crescita, creando le condizioni necessarie sia per un’evoluzione dello scenario logistico sardo, sia per il rafforzamento dell’impegno di Lidl in Sardegna. Un risultato importante che conferma l’attrattività della Zona Economica Speciale nel favorire gli investimenti nell’isola da parte di grandi nomi dell’impresa internazionale, determinando così nuove opportunità di sviluppo per l’economia regionale e riaffermando il suo ruolo strategico nel contesto nazionale.

Massimiliano Silvestri, Presidente di Lidl Italia, ha così commentato: “Siamo molto orgogliosi di inaugurare oggi la Direzione Regionale di Assemini, abbiamo realizzato questo straordinario progetto con grande determinazione alla luce della rilevanza strategica che riveste per noi e per la comunità sarda. Il primo punto vendita di Lidl in Sardegna è stato aperto nel 2002 e da allora il riscontro dei clienti è sempre stato molto positivo portandoci ad ampliare la nostra presenza. Con questa nuova struttura vogliamo dare ulteriore slancio al nostro sviluppo sull’Isola perseguendo una crescita responsabile che unisce innovazione e sostenibilità”. 

UNES raddoppia. Nasce il nuovo Viaggiator Goloso

In linea di principio credo sia giusto ciò che ha scritto Francesco Avanzini su LinkedIn “la GDO spesso viene vista come “statica”, perché ancora impegnata a parlare di “sottocosto si/no” o di come definire discount o supermercato”. Come ho già scritto è il cliente che dovrebbe essere al centro non l’insegna in sé. Per questo non mi ha stupito l’abbandono della strategia “everyday low price” da parte di UNES. Resto convinto che nella “prossimità” potrebbe funzionare ma  mi hanno confermato che hanno fatto le loro ricerche e ne hanno ricavato la decisione di rimettere in discussione quella scelta. I tempi cambiano.

C’è chi parla sottovoce di definitiva “DE-Gasbarinizzazione” dell’insegna e chi più pragmaticamente di scelte dovute al cambiamento del contesto. Io non mi perderei dietro le ombre del passato. Certamente sono cambiati gli equilibri, ci sono nuovi giocatori  in campo e le quote di mercato ne hanno risentito. Da qui, probabilmente,  il cambio di strategia. Il bilancio 2023 registra comunque una crescita del +7% circa. Peggiorano però i margini ma questo sta avvenendo un po’ dovunque.

Unes Maxi Spa è la catena di Finiper che presidia il canale supermercati. A partire dalla seconda metà del 2023, è iniziato un rebranding degli store U2 Supermercato e U! Come tu mi vuoi destinati ad assumere il nuovo nome e il logo di  Unes. L’altro brand sarà il Viaggiator Goloso (Brand Premium del Gruppo Finiper Canova  nato nel 1999). Leggendo i bilanci e pensando al carattere   di Marco Brunelli questo rilancio ci sta. Pur anziano non è un personaggio che molla la presa facilmente. Gli avvicendamenti al vertice, le procedure di riduzione di personale, avevano fatto pensare ad un declino inarrestabile . Quasi ad un “accanimento terapeutico” nei confronti di un’insegna che aveva avuto il merito di tenere testa ad Esselunga quando quest’ultima dettava le regole del gioco.

Alla riunificazione sotto un unico marchio segue il rilancio del “Viaggiator Goloso” come nuovo format. Già a novembre Gianluca Grassi, Group Brand & Communication Director di UNES aveva anticipato: “Il know-how acquisito in questo settore e la capillarità territoriale ci permettono oggi di rivoluzionare la strategia di Unes e di proporci ai consumatori come i ‘Vicini di spesa’, punti vendita di prossimità in cui trovare prodotti freschissimi e di qualità, e un’offerta che aderisce alle moderne esigenze di consumo quotidiano. Con Unes, affiancata da il Viaggiator Goloso®, brand premium dell’azienda, puntiamo a fidelizzare i clienti già acquisiti e a proporci a nuovi target, sensibili al concetto di eccellenza ma anche di praticità e convenienza”.
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Cinque donne “speciali” a due passi da Jannik Sinner.

Per me che vi trascorro una parte dell’anno non è una novità. Non c’è solo l’orso da gestire, i  limiti evidenti  della politica locale,  le mele da raccogliere, il turismo evoluto e i panorami mozzafiato. Il Trentino Alto Adige è una fucina di giovani di grande qualità. Parte importante del nostro futuro.  Non parlerò di Jannik Sinner. Troppo facile. Vorrei parlare di giovani donne altrettanto eccellenti nella loro professione le cui radici territoriali sono comuni, legate ai  loro luoghi di provenienza, ai loro amici e parenti che continuano a vivere in qui posti, dall’aver respirato in gioventù l’aria di quella parte del Paese dove sono state cresciute o vi hanno trascorso parte del loro tempo.

Dalla difficoltà di trovare in quella terra percorsi e incentivi alle loro passioni che si sono via via trasformate nelle loro professioni. L’orgoglio e l’affetto che in quelle valli si prova per loro. Tutto in un raggio di un’ottantina di  chilometri circa. Radici, famiglia, contesto: una miscela unica. “Il movimento in montagna è diverso da quello di pianura”, racconta Delpero, la regista di “Vermiglio”. Il film ambientato e girato in un paese dell’Alta Val di Sole. “La montagna ti ricorda come sei piccolo, subisci il freddo e cammini controvento, con una natura che può essere maligna”. Le donne che voglio raccontare  sono partite da qui. O qui hanno le loro radici. Samantha Cristoforetti, Giovanna Pancheri, Nadia Battocletti, Maura del Pero e Marinella Dell’Eva. Un’astronauta, una giornalista, un’atleta,  una regista e una musicista.

Di Samantha Cristoforetti si è letto di tutto.  Nata a Milano nel 1977  ma originaria di Malè. Liceo linguistico a Bolzano, scelta apparentemente fuorviante  visto il percorso successivo. Lì però incontra un’insegnante di matematica bravissima, una suora. “Nonostante le poche ore di matematica previste al linguistico, aveva lasciato un segno tangibile” ha ricordato in seguito. La prima donna italiana della storia a varcare i confini del pianeta Terra è partita da qui. Poi, come racconta in una bella intervista al Corriere, l’esperienza scolastica negli States. La scoperta, intorno al 1995, in un cinema di Huntsville, in Alabama la visione del documentario Destiny in Space. “Avevo già le idee chiare, ma la sensazione di poter toccare con mano per la prima volta qualcosa di anche solo lontanamente riconducibile alle missioni spaziali le ha rafforzate” ha concluso Cristoforetti in un’intervista al Corriere scherzando (fino a un certo punto) quando fa coincidere il lancio della Soyuz con l’inizio della sua attività lavorativa, al netto delle estati passate a servire ai tavoli dell’albergo di famiglia. Quello che è avvenuto dopo è conosciuto da tutti. Ma è nell’albergo di famiglia, servendo ai tavoli che “ho capito presto che il lavoro è fatica e bisogna imparare a fare bene anche quello che non ti piace».

Giovanna Pancheri è nata a Roma nel 1980. Frequenta il Liceo Classico e nel 2003 si laurea in Scienze Politiche, presso l’Università La Sapienza con la lode. Dopo di che consegue un Master of Arts in European Politics al Collegio d’Europa. Pancheri  è figlia del Rettore dell’Università Uninettuno Maria Amata Garito e dell’ingegner Claudio Pancheri. Con Cavareno condivide le radici paterne e l’affetto per il posto. Inizia la sua carriera in Rai e nei settori stampa e comunicazione della World Trade Center Association a New York, del World Heritage Center dell’Unesco a Parigi e come Policy Officer all’European Youth Forum a Bruxelles. Giornalista e inviata per Sky Tg24 dal 2005, è stata corrispondente per l’Europa a Bruxelles dal 2009 al 2016. Dal 2016 al 2020 è stata corrispondente di Sky Tg24 per il Nord America con base a New York, da cui è rientrata in Italia a gennaio 2021. Ha scritto Il buio su Parigi. Oltre la cronaca nei giorni del terrore (Rubbettino, 2017) e Rinascita americana. Già European Young Leaders ’40 Under 40′, per la sua attività giornalistica ha ricevuto numeri premi e riconoscimenti tra cui il Premio Internazionale Giornalisti del Mediterraneo nel 2015, il Premio Amerigo nel 2018 e il Premio Biagio Agnes nel 2019. Leggi tutto “Cinque donne “speciali” a due passi da Jannik Sinner.”

La GDO tedesca va in controtendenza sul servizio al cliente. I casi Edeka e Rewe..

La Germania è sempre più terra di sperimentazioni per la GDO che anticipano scenari possibili anche  da noi. Traiettorie e modelli organizzativi su cui, credo, possa essere utile riflettere. La prima che propongo è una scelta per necessità. Riduce addirittura il servizio nel punto vendita. La seconda, lo aumenta,  rilanciando il servizio di consegna rapido. Due apparenti contraddizioni? Ma procediamo con ordine.

La “Lebensmittelzeitung” riporta che Edeka, una delle più importanti catene tedesche, sta sperimentando, in alcune realtà territoriali, il superamento del banco servito. Il motivo: molte filiali non dispongono più di personale sufficiente per rifornire e gestire i banchi del fresco. Secondo il rapporto i cambiamenti coinvolgeranno le regioni del Nord e Minden-Hannover, del Sud-Ovest e della Baviera settentrionale e meridionale. Dal banco del fresco assistito, ricercato dai consumatori, al quale i clienti chiedono qualità superiore e consigli al banco self service che punta a soddisfare esigenze di praticità e rapidità. L’organico, il suo dimensionamento e la sua formazione specialistica sono un problema vero ovunque. E quello di Edeka è un segnale su cui riflettere.

Altra notizia in controtendenza il rilancio del quick commerce dato per morto da molti osservatori nostrani. L’innovazione non segue percorsi lineari e, oggi, più di ieri, la rete, che è un amplificatore di tendenze che enfatizza le idee e proposte nella loro fase di start up sottovalutando il percorso  che necessariamente trasforma un’idea, spesso geniale, in un prodotto o in un servizio finito. Una fase lunga, tortuosa e spesso caratterizzata  da contraddizioni, errori e ripartenza sotto altre formule. Per questo assistiamo a lanci, fallimenti, chiusure e successive concentrazioni attraverso acquisizioni. Il problema è semplice nella sua complessità. Non basta individuare la  potenzialità innovativa di un servizio. Occorre renderlo sostenibile con nuovi e solidi modelli di business. Il cosiddetto “ultimo miglio”, in altre parole ciò che ci può essere dalla decisione di acquistare un prodotto (online o offline) all’indirizzo del cliente,  è uno di questi. Il rapporto tra retailer e food delivery è strategico per costruire un modello di business efficace. Uber Eats ha dichiarato in una presentazione agli investitori a febbraio che il settore retail  rappresentava già il 10% delle sue attività di consegna totali nel quarto trimestre del 2023 e vale quindi già dieci miliardi di dollari su base annua. Per il food delivery è un completamento dell’offerta, per il retailer una quota di e-food aggiuntiva al proprio business tradizionale Oltre alla consegna a domicilio tradizionale.

La novità questa volta  viene da REWE. I clienti Lieferando in molte città tedesche possono ora ordinare generi alimentari da Rewe direttamente a casa loro. L’assortimento, ordinabile tramite Lieferando, comprende oltre 3.000 prodotti, tra cui i marchi propri di Rewe come ja!, Rewe Beste Wahl e Rewe Bio. Lieferando è una piattaforma di consegna di cibo online tedesca che consente ai clienti di ordinare cibo e riceverlo a domicilio. Fa parte della galassia Just Eat che gestisce varie piattaforme di ordinazione e consegna di cibo in venti paesi e collabora anche con IFood in Brasile e Colombia. Lieferando opera in Germania e Austria ed è leader per l’ordinazione di cibo, generi alimentari e prodotti di uso quotidiano. Leggi tutto “La GDO tedesca va in controtendenza sul servizio al cliente. I casi Edeka e Rewe..”

Rapporto Industria di Marca/Grande Distribuzione. L’autunno si sta scaldando

Nella grande distribuzione alimentare cresce la tensione su dove si posizionerà l’asticella dei fatturati e dei margini di quest’anno dopo i numeri pur positivi ma spinti verso l’alto dall’inflazione. C’è preoccupazione sui volumi. Il sottocosto proposto per la prima settimana di settembre da LIDL non è quindi passato inosservato.  La GDO ha puntato, nel 2023 e oltre, sulla marca del distributore come antidoto ai prezzi della IDM e Mutti insieme a LIDL aprono il quadrimestre che chiude l’anno presentando insieme, in offerta, un prodotto leader di categoria come la passata di pomodoro. A mio parere, il segnale  che il gioco si fa duro. Francesco Mutti è uno dei leader dell’IDM e dal carrello tricolore in avanti il solco tra IDM e GDO si è ulteriormente ampliato. Nessun accordo né con il Governo né di filiera sul riallineamento dei prezzi. Tolta l’operazione Barilla, al massimo c’è disponibilità per iniziative comuni  sulle promozioni con le singole realtà. E ogni insegna, insieme ai suoi fornitori, fa quello che crede. 

Il fatto nuovo è che le critiche su promozioni, sconti o altro, fatte da concorrenti in GDO non sono mai state così esplicite e dirette. È raro che i rappresentanti di una catena attacchino esplicitamente altre insegne sulle politiche commerciali o gestionali.  Per questo l’intervento di Giorgio Santambrogio, tra l’altro vice presidente di Federdistribuzione, è apparso fuori misura. LIDL è una realtà leader. Sicuramente  un temibile concorrente. Non certo una realtà a cui si possono addebitare comportamenti scorretti. Quindi non può non esserci dell’altro.  “Io non sono d’accordo!” ha sentenziato il vice presidente di Federdistribuzione, pubblicando  il frontespizio del volantino dell’insegna tedesca promettendo di ritornare sull’argomento  più avanti di ciò che considera un triplete velenoso: “discount-sottocosto-leader di categoria”.

Francesco Mutti è amministratore delegato del Gruppo Mutti, azienda di Parma leader in Europa nel mercato dei derivati del pomodoro. Recentemente  intervistato da Adnkronos/Labitalia ha messo le mani avanti:  “La campagna 2024 di raccolta del pomodoro è veramente difficile, specie per il Nord Italia, dove non pensiamo che verranno raggiunti gli obiettivi produttivi. Ma naturalmente dobbiamo ancora finire l’intera produzione per poterne essere certi”.  Il Gruppo Mutti ha chiuso il 2023 con un fatturato complessivo di 665 milioni di euro, registrando una crescita del 18% rispetto all’anno precedente e ha da poco firmato l’accordo per la prossima campagna del pomodoro con le organizzazioni dei produttori del nord Italia. Esclude (per ora) che i prezzi del prodotto finale possano risentirne verso l’alto. Ovviamente non ha alcuna intenzione di diminuirli. Questa è il punto vero. Per questo Mutti, a mio parere, sapeva benissimo che scegliendo, in questa fase, l’azienda tedesca avrebbe innescato possibili polemiche. Lidl è uscita da Federdistribuzione sbattendo la porta sul CCNL. E questo ha lasciato il segno. È una realtà leader che tratta in proprio con Governo  e filiera agroalimentare. Esporta Made in Italy come e più di altri. Il segnale è chiaro. Con Mutti, si è definitivamente  “sdoganato” il rapporto tra i due mondi.

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