Grande Distribuzione, Terziario di mercato e competizione nella rappresentanza datoriale

Delle quattro confederazioni/federazioni titolari di un contratto nazionale applicato dalle insegne della  Grande Distribuzione le discussioni  si sono sempre concentrate  sulla scelta di Federdistribuzione di realizzare il proprio uscendo da quello storicamente firmato da Confcommercio.  Comprensibile sul piano dell’immagine interna (essere firmatari di CCNL è un plus apprezzato dagli associati), inutile sul piano strategico perché come ho sempre sostenuto, l’obiettivo di un settore non dovrebbe mai essere l’indebolimento della sua rappresentanza per gli effetti negativi che provoca nel tempo sul piano del peso economico e sociale complessivo.

L’ombrello confederale inoltre  porta con sé livelli di interlocuzione istituzionali e politici spesso sottovalutati ma decisivi nelle fasi controvento. Così non è stato. Ed è facile comprendere come sarebbe importante in una fase come quella che stiamo attraversando. Moltiplicare gli interlocutori ha generato una fragilità di fondo, un pericoloso senso di autosufficienza e, purtroppo, forme di concorrenza  sleale tra imprese.

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Grande Distribuzione. Capro espiatorio o partner fondamentale nella filiera agroalimentare?

Pluvia defit, causa christiani sunt (manca la pioggia, la colpa è dei cristiani) diceva Sant’Agostino. La trasmissione “Presa Diretta” dedicata alla filiera agroalimentare aveva la necessità di basare la propria trama narrativa sull’individuazione di un facile capro espiatorio.

Gli ingredienti della storia c’erano tutti. I buoni (il mondo agricolo), i cattivi (la Grande distribuzione), il pentito (Giuseppe Caprotti). Il politico che quasi  “giustifica” l’illegalità nei campi (Paolo de Castro) come reazione allo strapotere della GDO e l’insegna ingenua che pur accettando il confronto per provare a dimostrare la propria presunta diversità si è lasciata bacchettare in pubblico  come uno scolaretto preso a copiare il compito dal compagno di banco (Coop). E infine chi, estraneo a questa contrapposizione, paga il conto: i lavoratori del comparto agricolo e i consumatori.

Trovo corretto, da spettatore, il tweet di Anita Lissona “Trattare in sequenza il tema delle aste al ribasso nei supermercati, peraltro già bandite dalla DMO seria, la stragrande maggioranza, e il fenomeno odioso del caporalato sa di tesi preconcetta e  sminuisce il valore obiettivo di un servizio giornalistico.”

Questi i fatti, lo spettacolo confezionato e cucinato. Niente di nuovo sotto il sole. Tesi unilaterali, scorrette, manipolatorie che vengono però da lontano. Partono da un pregiudizio nei confronti di un comparto che, da parte sua, non ha mai voluto agire come tale. Ciascuno pensa al proprio albero. Non alla foresta che rischia di essere incendiata. Leggi tutto “Grande Distribuzione. Capro espiatorio o partner fondamentale nella filiera agroalimentare?”

Il rinnovo dei contratti nazionali. Un’occasione da non perdere

L’ipotesi è allettante per chi punta ad un rinnovo rapido quanto foriera di ulteriori conseguenze. Dirottare parte delle risorse in arrivo per detassare i contratti nazionali aperti. Lo accenna in modo problematico Dario Di Vico (https://bit.ly/3lvMRwC) ma l’argomento è presente nelle intenzioni di molti negoziatori di lungo corso.

L’idea in fondo è semplice e spesso praticata in passato in varie forme: alzare la tensione in un momento di per sé già difficile per il Paese per costringere il convitato di pietra (lo Stato) ad intervenire. Con buona pace degli outsider, e della agognata riforma fiscale. E con il rischio di trasformare le risorse disponibili per la ripartenza in una sorta di indennizzo generalizzato riservato a chi, nel lavoro autonomo e dipendente, può far valere la propria voce.

I contratti nazionali, per le parti sociali,  dovrebbero avere ben altro destino rispetto  alla ricerca di un rinnovo “obtorto collo”. Dovrebbero essere parte della soluzione. Non certo del problema. Anche perché lo strascico negativo che rischierebbero di lasciare dietro di sé, a fronte di un rinnovo raffazzonato, è destinato a coprire un arco temporale nel quale l’innovazione o l’involuzione del sistema di relazioni industriali completerà il suo percorso.

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Contratto metalmeccanici. Un perimetro da ridefinire… insieme

Non so se oggi qualcuno tra i dirigenti sindacali dei metalmeccanici sta riflettendo sulle richieste economiche contenute nella loro piattaforma e se si sarebbe in cuor suo aspettato una risposta diversa da parte di Federmeccanica.

Nel chimico che hanno un’idea robusta e concreta del sistema di relazioni industriali si sono fermati a meno della metà. Nell’alimentare si rischia una pericolosa sfarinatura del CCNL per meno di 20 euro lorde. Nel Governo ci sono idee contrastanti sulla disponibilità ad introdurre sgravi fiscali sugli aumenti contrattuali. E, ultimo ma non ultimo, Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, è stato chiarissimo sulla necessità di riportare il confronto all’interno dei paletti del patto di fabbrica concordato con le segreterie confederali. 

La piattaforma a suo tempo presentata, pur unitaria, risente di due elementi oggettivi e convergenti. La freddezza applicativa con cui le imprese del comparto hanno accolto le intuizioni innovative presenti nel testo finale del contratto scaduto e la convinzione di una parte del sindacato che occorresse ritornare sulla strada maestra delle richieste salariali. Come la piattaforma precedente era permeata della cultura innovativa e sfidante dei metalmeccanici della FIM CISL quest’ultima ha risentito maggiormente della cultura della FIOM CGIL.

Che non sarebbe stata comunque una passeggiata l’avevo già scritto ben prima della esplosione della pandemia (https://bit.ly/2I7aXj6).  Il lockdown, per quanto possa richiamare alla necessità di una visione unitaria delle scelte e degli strumenti necessari per affrontare una sfida epocale rischia al contrario di rendere evidente e quindi di accelerare la crisi dell’intero sistema delle relazioni industriali del nostro Paese che è profonda e viene da lontano. Leggi tutto “Contratto metalmeccanici. Un perimetro da ridefinire… insieme”

Grande distribuzione. Lavoro, contrattazione, ristrutturazioni e nuove sfide

Se parliamo di condizioni di lavoro e retribuzione globale, nella grande distribuzione sono ormai sostanzialmente solo due le aziende nelle quali convive, con il contratto nazionale, una significativa contrattazione aziendale. La prima grazie ai suoi risultati, la seconda nonostante i suoi risultati.

Non è un caso che la prima è la più performante del comparto (Esselunga)  e la seconda, la  più “sociale” (Coop). Esselunga, guidata da Bernardo Caprotti, ha sempre tirato dritto negli anni della sua espansione scegliendo un rapporto estremamente ruvido e formale con i sindacati interni ed esterni. La seconda, ha  puntato, al contrario, per storia e tradizione, su un rapporto privilegiato con il sindacato di categoria. Soprattutto con un sindacato in particolare.

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La classe dirigente tra realtà vissuta e sua rappresentazione

Il rischio che la classe dirigente interpreti sulle proprie sensazioni e valutazioni la realtà circostante e quindi imposti le proprie convinzioni e le proprie strategie sociali, economiche e comunicative su questo è una costante che dovrebbe far riflettere.

Per questo fa bene Dario di Vico a rilanciarlo con un editoriale da leggere  sul Corriere  (https://bit.ly/3j8sTHC). Manca, è inutile nasconderlo,  la volontà, la disponibilità o la capacità di stabilire una connessione con il resto della società. Di comprenderne i disagi, le ansie e le preoccupazioni per la loro vita concreta e per il loro futuro.

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Il rinnovo del contratto nazionale del terziario tra limiti oggettivi e opportunità

È vero come sostiene la presidente della commissione lavoro di Confcommercio, che la sua organizzazione sottoscrive il più grande, il più applicato e (aggiungo io) il più copiato contratto nazionale su piazza. In Italia si contano oltre 800 contratti. Nel solo settore del commercio arrivano a  più di 200 e la stragrande maggioranza rientra nei cosiddetti “contratti pirata”.

Si tratta di contratti sottoscritti da sindacati minori e associazioni imprenditoriali di vario tipo che, oltre a prevedere tutele, diritti e/o salario inferiori per il lavoratore rispetto ai CCNL maggiori, generano una concorrenza sleale all’interno dello stesso settore. Solo nel comparto dei servizi alle imprese, il salario medio dei contratti firmati da organizzazioni minori può arrivare ad  essere inferiore del 20% rispetto a quelli stipulati dalle parti sociali maggiormente rappresentative.

Nel solo commercio la forbice arriva a 8 punti percentuali, ma è proprio in questo settore che si registra la maggiore presenza di contratti pirata che ormai raggiungono quasi il 10% del totale.

La presenza quindi di un contratto confederale leader come quello gestito da Confcommercio con Filcams Cgil, uiltucs UIL e Fisascat Cisl, riconosciuto e applicato dalla maggioranza relativa delle imprese del terziario, rappresenta un elemento importante di equilibrio del sistema. Per questo non ho dubbi che questo modello vada difeso e confermato. Leggi tutto “Il rinnovo del contratto nazionale del terziario tra limiti oggettivi e opportunità”

Amazon e non solo. Spunti di riflessione

È di pochi giorni fa l’articolo di Silvia Armati su informacibo  (https://bit.ly/32yyl0C) che racconta l’accordo tra Cia-Agricoltori Italiani e Alibaba.com, la più grande piattaforma di e-commerce B2B a livello internazionale. L’obiettivo è promuovere l’export del Made in Italy agroalimentare, aprendo nuovi canali commerciali online per le aziende associate soprattutto verso la Cina.

L’articolo sottolinea come “Alibaba.com rappresenti la maggiore piattaforma di e-commerce B2B del mondo, come 150 milioni di utenti registrati, 190 tra Paesi e Regioni coinvolte, oltre 300.000 richieste al giorno per 40 settori merceologici. Con un occhio di riguardo proprio al “food&beverage”, che rappresenta la prima voce tra le “top 10 industries” della piattaforma online, con il 12% dei click sul vino e il 7% sulla pasta”.

Dall’altra parte dell’Atlantico, con Walmart, ormai fuori dall’affaire Tik Tok in coppia con  Microsoft, Amazon cerca di risalire la china per recuperare una relazione con Washington dopo essersi trovata  in difficoltà nei rapporti politici che contano.

L’ingaggio nel CDA del generale Keith Alexander, ex capo della National Security Agency (Nsa), credo vada letto in questo contesto (https://bit.ly/2REOCuQ). Secondo la CNN il ruolo di Alexander con la società rifletterebbe proprio la volontà di rafforzare i  legami di Amazon con Washington.
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La retorica dell’eroe silente alla prova del rinnovo del contratto nazionale della grande distribuzione

Walter Veltroni indica  (https://bit.ly/3itycRG) nelle celebrazioni post covid, tra gli eroi silenziosi, le cassiere dei supermercati. Non è una novità ma, a mio parere, il rischio è che si replichi una retorica  fine a se stessa in mancanza di una strategia (anche sindacale) sul lavoro e sull’impegno di chi si è trovato a reggere l’urto iniziale nel  lockdown e quindi sul valore economico e professionale del personale di vendita nella Grande Distribuzione.

Il periodo che speriamo di aver messo alle spalle ci ha mostrato due aspetti del problema. Il primo riguarda la capacità delle imprese della GDO di reggere l’urto della pandemia. Hanno  gestito l’assalto di clienti vecchi e nuovi preoccupati di costruirsi scorte spesso inutili,  non hanno fatto trovare vuoti i propri scaffali e quindi hanno saputo regolare i flussi logistici pur in tempi difficili e hanno saputo affrontare tensioni e rischi per l’ordine pubblico anche fuori dal punto vendita. E ultimo ma non ultimo hanno  potuto contare su di una organizzazione aziendale efficace pur tra costi imprevisti indotti da decisioni stravaganti esterne al comparto, aumento della morbilità del personale, tensioni con i clienti e insufficienze del contesto esterno.

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Il “distanziamento” tra le parti sociali è dannoso per il Paese.

L’incontro di oggi tra Confindustria e sindacati confederali potrebbe rischiare di essere una non notizia. Solo Dario Di Vico lo segnala in prima pagina sul Corriere pur non nutrendo particolare ottimismo sul suo possibile esito (https://bit.ly/2R0e7GH).

È indubbio che uno  degli effetti collaterali del Covid-19 è stato di aggravare lo stato di salute di un sistema relazionale proprio perché erano già presenti sintomi di patologie degenerative.

Innanzitutto occorre sottolineare che il processo di ritorno nei propri recinti associativi di ciascuna confederazione ha coinvolto tutte le parti sociali. Il calo degli associati e degli iscritti ha spinto le rispettive leadership a derive identitarie e a scelte conservatrici.

Solo Confindustria ha cercato, con la scelta di Carlo Bonomi, di sottrarsi all’inevitabile traiettoria perché è l’unica, tra le confederazioni, a dover fare i conti con l’irrequietudine dei propri associati e quindi con la necessità di cavalcare il cambiamento imposto dalla globalizzazione. Ma anche lì temo che il dibattito sul livello di irruenza necessaria sia tutt’altro che concluso.

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