Quando il coronavirus sarà argomento di ricordo ormai fortunatamente alle nostre spalle ci resteranno impresse innanzitutto l’abnegazione del personale sanitario ma anche la grande prova di tenuta delle strutture pubbliche. Ci racconteremo che non ce l’avremmo mai fatta senza di loro. E poi passeremo alle inevitabili conseguenze.
Sull’economia, su quanto i nostri comportamenti e come si sono modificati nella vita di tutti i i giorni, nel lavoro e nelle nuove priorità di create da questa prova epocale. Forse non ci ricorderemo dei tanti che, grazie al loro lavoro, ci hanno reso la nostra vita meno pesante nella quotidianità. E sono tanti.
Per loro lo smart working è rimasta una parola priva di significato. E non parlo di coloro i quali hanno subito un contraccolpo economico e personale immediato perché il loro lavoro si è fermato o fortemente rallentato. Insieme al loro reddito. Piccoli imprenditori, lavoratori autonomi, partite IVA. Interi settori precipitati nell’indeterminatezza più assoluta per i quali dovranno essere trovate le risposte adeguate.
C’è un’altra categoria di persone; quelle che “devono” lavorare. Sono quelli che incontriamo tutti i giorni sulle strade per la nostra sicurezza, gli uomini e le donne dei carabinieri, dell’esercito, della polizia anche locale. Sono i trasportatori impegnati a consegnare le merci e tutti coloro che ci consentono di vivere l’emergenza con i minori disagi possibili.