Confcommercio, l’insostenibile leggerezza di un uomo

A condannare un uomo alla solitudine non sono i suoi nemici ma i suoi amici. 

Milan Kundera

 

L’ultima volta che ho incontrato Carlo Sangalli, Presidente di Confcommercio,  è stato al funerale dell’amica Jole Vernola. Ci eravamo già visti qualche giorno prima nel freddo obitorio di via Giuseppe Ponzio a Milano. Abbiamo parlato di Jole per pochi minuti, dell’esigenza di ricordarla per il suo lavoro, per la qualità della persona.

Mi aveva accennato di aver discusso con Francesco Rivolta la volontà di dedicarle qualcosa di significativo. Gli ho parlato di un’iniziativa (http://bit.ly/2Zz9ANs) di ADAPT in ricordo di un grande sindacalista di impresa, Giorgio Usai, che il professor Tiraboschi e i suoi collaboratori avevano ideato. Il giorno del funerale, pur in un clima plumbeo, mi aveva confermato l’interesse ad andare avanti tant’è che pochi giorni dopo ho accennato dell’idea allo stesso prof. Tiraboschi.

Ormai inchiodata nel letto d’ospedale, non voleva vedere nessuno, solo Francesco Rivolta, per lei un padre, e il sottoscritto, per lei una sorta di fratello maggiore. Non voleva farsi vedere in quello stato. Una domenica mattina, Sangalli, si è presentato solo al capezzale. Un atto di cortesia e di affetto importante che Jole mi ha raccontato con grande enfasi  lo stesso pomeriggio.

Tra Jole e il Presidente sembrava esserci un rapporto speciale. Ho sempre creduto che, a modo loro,  si volessero bene. Jole separava sempre l’anziano presidente dai suoi tirapiedi. Per il primo aveva stima e affetto per i secondi commiserazione e disprezzo. Ne comprendeva l’opportunismo e lo scarso valore umano e non mancava di sottolinearlo. Leggi tutto “Confcommercio, l’insostenibile leggerezza di un uomo”

Confcommercio. Tigri di carta, aspiranti, delfini e tonni.

“La saggezza più grande dell’uomo è quella di saper tramontare al momento giusto”. Friedrich Nietzsche

   La corsa alla successione del Presidente di Confcommercio Carlo Sangalli, che lo si voglia accettare o meno, è iniziata. La prossima modifica dello Statuto Confederale, con lo scopo di cambiare i criteri di votazione ne è la dimostrazione plastica. L’obiettivo dichiarato, neanche  tanto sottovoce, resta quello di riconfermare  l’anziano Presidente.

Il nuovo Statuto serve per non avere problemi né dissenso visibile. Tutto, come sempre, deve consumarsi all’interno del perimetro dei gruppi dirigenti. All’esterno l’immagine deve essere una e una sola: quella del Presidente.

L’idea che l’attuale numero uno possa cedere il passo ad un altro non è mai stata nelle corde dell’establishment della Confcommercio. Soprattutto nelle intenzioni dell’interessato. Il recente dibattito su “Quota 100” (però di sola età anagrafica) deve averli ulteriormente spronati.

La Confederazione di piazza Belli nel prossimo 2020 è attesa probabilmente  ad un altra votazione per acclamazione che poi è la sola che possa evitare la conta che evidenzierebbe il pur flebile  dissenso interno negli organismi dirigenti. L’unica vera votazione a scrutinio segreto a cui si è dovuto  sottoporre il presidente Sangalli negli ultimi dieci anni è stata quella della Camera di Commercio dove sono mancati 14 voti. Per i maligni un segnale forte di una parte della sua organizzazione. Ma tant’è.

Alcuni amici mi hanno chiesto se, esistono, almeno sulla carta, possibili candidati in grado di succedergli. Oppure Carlo Sangalli è costretto, di fatto, a “portare la croce” per mancanza di alternative possibili.  Leggi tutto “Confcommercio. Tigri di carta, aspiranti, delfini e tonni.”

Conad/Auchan. Dal MISE un passo in avanti

Non era difficile prevedere l’esito dell’incontro al MISE. Qui trovate l’ottimo resoconto con utili riflessioni di Emanuele Scarci (http://bit.ly/31NQrcv). Non c’è stata alcuna reticenza da parte di Conad. Qualsiasi richiesta di piano industriale tradizionale sarebbe stata inutile.

L’azienda italiana aveva già presentato i suoi risultati pochi giorni fa. Numeri che non lasciano spazio ad equivoci. Il suo modello imprenditoriale si è dimostrato il più adatto per il mercato italiano.  Conad ha chiuso il 2018 con un fatturato di 13,5 miliardi di euro, 500 milioni in più rispetto al 2017, un quota di mercato del 12,9% e 56.000 addetti, con un più 3.243 occupati. In 10 anni è cresciuta del 65%.

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La clava del salario minimo

La proposta è suadente. Come tutti gli ami mediatici lanciati dai 5s. L’Italia deve avere un salario minimo garantito come tutti i principali Paesi europei. Fissato furbescamente a 9 euro per farlo assomigliare a quello in vigore in altri Paesi, ha lo stesso effetto del reddito di cittadinanza sugli allocchi disposti a crederci. Purtroppo ha anche un effetto sui costi dello Stato e delle imprese. E ultimo ma non ultimo sul sistema delle relazioni industriali e sul ruolo della rappresentanza. 

E’ talmente suadente che miete vittime ovunque, anche a sinistra. E, la replica, ad uno slogan semplice e diretto non è mai facile. Pensiamo a tutti coloro i quali questo messaggio suona come un riscatto, una punizione all’ingordigia delle imprese e alla inefficace iniziativa sindacale in materia.
Agli equivoci che crea e agli effetti collaterali che rischia di generare.

La polpetta avvelenata viene servita con una certa cautela perché si tende a presentare questa “novità” come integrativa delle attuali tutele economiche previste dai contratti nazionali. Smontarla non è facile. I media e l’opinione pubblica arrancano quando entra in campo il criptico linguaggio sindacalese.

Per comprenderne l’effetto pratico occorre mettere in fila i problemi. Innanzitutto l’attuale sistema contrattuale tutela il salario per circa l’80% dei lavoratori dipendenti. Non solo il salario minimo ma l’insieme dei minimi salariali per tutti. Dall’addetto alle pulizie al manager. Nessun altro Paese europeo arriva a questi livelli di  copertura. Basterebbe estenderla a tutti i lavoratori dipendenti nei diversi settori per risolvere il problema. Leggi tutto “La clava del salario minimo”

Una Confederazione non è una caserma..

Sono gli inquisitori a creare gli eretici. 

Umberto Eco

Innanzitutto volevo ringraziare i numerosi lettori del blog. Mi chiedono di insistere perché condividono le problematiche poste. Soprattutto mi riconoscono una chiarezza espositiva.  Alcuni mi imputano una particolare ruvidezza un pò fuori dalla liturgia dei corridoi confederali. Ricordo a tutti che è solo un mio personale punto di osservazione. Niente di più. Mi sento semplicemente ataràttico. Quindi rifletto.

Se venissi incaricato di scrivere le biografie degli ultimi due leader della Confcommercio non avrei dubbi. Sergio Billé, che non ho conosciuto, lo ricorderei per i milioni di euro della Confederazione dissipati e per le brutte compagnie. Carlo Sangalli, per aver sostenuto, in tempi non sospetti, l’Expo di Milano e per l’intuizione alla base di Rete Imprese Italia. Due goal da bacheca. Rispetto al suo predecessore rappresenterebbe indubbiamente un notevole passo in avanti.

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Cultura del lavoro da riscrivere nel terziario italiano. ..

 

In un recente confronto su Twitter  in cui lamentavo la latitanza di Confcommercio sul tema del lavoro, pur essendo titolare del più importante contratto nazionale, mi ha fatto riflettere la risposta di Francesco Rivolta, ex Direttore  Generale: “Il vero problema è che Confcommercio non si è mai posta il tema del lavoro come questione centrale del suo essere organizzazione di rappresentanza. Il contratto è visto solo come strumento che può incanalare sul sistema e nel sistema benefici economici”.

Un’affermazione forte che rischia però di fotografare una realtà più di mille analisi sociologiche sui ritardi culturali, sull’interpretazione dei bisogni reali delle imprese, sull’evoluzione dei mestieri e del lavoro nei differenti comparti del terziario di mercato. Tutte le indagini commissionate dalla Confederazione individuano nella titolarità del contratto nazionale e dei suoi risvolti applicativi una delle ragioni principali dell’adesione associativa.

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Corpi intermedi. Contratti nazionali omnibus o nuove sfide di filiera?

Da sempre il contratto nazionale firmato da Confcommercio è definibile come una sorta di contratto “omnibus”. Ha altresì prodotto decine di imitazioni in dumping tra di loro. I cosiddetti contratti pirata..

Ad un certo punto ha assunto, forse un po’ pretenziosamente, la denominazione “del terziario” proprio per i suoi possibili sconfinamenti applicativi. È arrivato prima di altri, ci ha creduto ed ha così potuto presidiare un territorio sconosciuto: il terziario di mercato.  Lo può utilizzare chiunque.

Applicato per la sua duttilità  (e il suo basso costo) anche fuori dai confini del comparti di pertinenza stretta ha una caratteristica unica nel panorama della contrattazione. C’è chi lo rispetta nel suo insieme, chi oltre all’applicazione integrale aggiunge una sua contrattazione aziendale e chi utilizza  solo i minimi previsti. Nelle piccole e piccolissime aziende è, di fatto, così. Una salario minimo ante litteram.

Questa flessibilità applicativa è sempre stata la sua forza e ne ha garantito la sua estensione nel tempo. E importanti vantaggi economici per i suoi firmatari. Contemporaneamente garantisce ai lavoratori un interessante  welfare contrattuale. Tutto bene quindi? No. C’è il rischio concreto che questo modello sia arrivato al capolinea.

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Corpi intermedi. Verso nuovi modelli di rappresentanza?

“Follia è fare sempre la stessa cosa  aspettandosi risultati diversi.” 

Albert Einstein

L’accordo tra Confindustria e Confimprese (http://bit.ly/2WJlZl8) credo vada nella direzione giusta. È un primo passo che dimostra che c’è chi guarda avanti e chi si attarda nella contemplazione  e nella riproposizione del proprio passato.

Dietro quell’intesa ci potrebbe essere un primo tassello importante del futuro della rappresentanza. Non sarà un percorso lineare per gli interessi, a volte divergenti, che lì convergono, ma la consapevolezza che il sistema Paese deve trovare nuove sintesi nelle filiere per continuare a crescere è evidente. Da quell’accordo possono nascere molte cose. Sia sul piano dell’interlocuzione istituzionale che su quello dei nuovi modelli contrattuali e del peso della rappresentanza.

Quel ruolo avrebbe potuto essere di Confcommercio o, almeno, l’avrebbe dovuta vedere protagonista. Così non è stato per l’evidente volontà di attardarsi su atteggiamenti e visioni passatiste. Confcommercio sembra proprio non comprendere la necessità di doversi  riposizionare in una società in evoluzione cercando di interpretare sempre più le esigenze di un terziario che si ibrida con altri settori e proponendosi così come un soggetto veramente inclusivo e non di mera difesa di un vecchio modello di rappresentanza.

Ha calamitato aziende e settori nuovi diventando in questo ultimo decennio una “grossa” organizzazione. Sotto la presidenza Sangalli non è però riuscita a diventare “grande”.  Troppa paura di spiccare il volo, di mettersi in discussione e affrontare il cambiamento. Così sta inevitabilmente creando le premesse del suo declino. Leggi tutto “Corpi intermedi. Verso nuovi modelli di rappresentanza?”

Magari mancassero solo buoni politici….

No. Gli imprenditori non sono tutti uguali. Così come i manager. Continuare a ragionare per categorie, condannando o assolvendo i protagonisti nel loro insieme non serve a molto. Soprattutto quando le conseguenze del loro agire producono conseguenze diverse. Vendere come hanno fatto moti imprenditori in questi anni  e fare i rentier è ben diverso che creare nuove imprese, assumersi dei rischi, affrontare a muso duro  i mercati. Ed è purtroppo indubbio che una parte dell’imprenditoria italiana del 900 si è dileguata sia nei passaggi generazionali che alle prime difficoltà che la globalizzazione segnalava all’orizzonte.

Molti mi hanno chiesto cosa ci trovo di così stimolante nell’operazione Auchan/Conad oppure rispetto alla volontà espressa dall’AD di UNES di tentare una nuova via all’internazionalizzazione con l’insegna “Viaggiator Goloso”. Cosa mi attrae e mi intriga.

Che vi devo dire? Mi piacciono i manager come Francesco Pugliese che sanno far sognare i loro imprenditori e imprenditori come Marco Brunelli che lasciano sognare i loro manager come Mario Gasbarrino. O come Giovanbattista Carosi di Mondo Convenienza che pensa a managerializzare la sua impresa e a proiettarla verso i mercati esteri.

Io mi occupo principalmente di Grande Distribuzione. Osservo un settore chiuso in un egoismo di insegna spesso concentrato sul breve, sul fatturato e sui costi, che ha colpito la maggior parte delle imprese del settore, anche le più performanti, mentre ammiro e invito a riflettere su quelle che inseguono sogni e lanciano il cuore  oltre l’ostacolo. Leggi tutto “Magari mancassero solo buoni politici….”

Conad/Auchan. Le reazioni della rete e le quattro sfide…

Nell’epoca dei social era prevedibile che un vicenda come quella riguardante l’operazione Auchan/Conad coinvolgesse un dibattito in rete molto ampio. I tempi dei social, però, non sono quelli del business. E nemmeno quelli delle trattative sindacali.

Ai miei post registro migliaia di lettori. Soprattutto su LinkedIn. Timori e preoccupazioni travalicano i tradizionali strumenti di comunicazione delle parti e quindi il rischio di destabilizzazione è molto forte. Tanto più che la comunità coinvolta tra occupati e contesto raggiunge numeri ragguardevoli. Il problema è che in rete prevalgono le semplificazioni. E, come è noto, quando si semplifica un tema complesso, le conclusioni sono generalmente errate.

Da un lato c’è chi ha già capito come andrà a finire e quindi scrive delle corbellerie. Dall’altro chi pensa che Conad abbia già tutte risposte ma le tenga coperte per sua convenienza. In mezzo sottolineature o digressioni  su singoli aspetti della questione.

Il prezzo pagato (tanto per alcuni e poco per altri), la fine o il ridimensionamento della sede centrale, il tema delle sovrapposizioni, il ruolo degli ipermercati (dove alla competenza degli uomini di Auchan, oggi destabilizzati, si sommerebbe l’inesperienza di Conad), il tema degli affiliati, la “fuga dei cervelli” e, infine, il timore degli esuberi e quindi delle prospettive di lavoro. Leggi tutto “Conad/Auchan. Le reazioni della rete e le quattro sfide…”