Amazon per la sostenibilità. Il rapporto 2023

Global Optimism ha co-fondato The Climate Pledge con Amazon nel 2019. Oggi è composto da oltre 450 aziende che stanno lavorando insieme per produrre soluzioni pratiche per il clima. Le aziende Climate Pledge sono importanti marchi provenienti da quasi tutti i settori. L’ambizione è quella di raggiungere, insieme, zero emissioni di carbonio entro il 2040. Il Climate Pledge Fund, investirà in aziende che creano prodotti, servizi e tecnologie per proteggere il pianeta.

Lanciato in Europa nel 2020, il programma Climate Pledge Friendly punta ad aiutare i clienti a scoprire e acquistare prodotti più sostenibili. La Commissione Europea (CE) ha riconosciuto il programma Climate Pledge Friendly di Amazon come uno strumento per aumentare la visibilità di prodotti più sostenibili tra i milioni disponibili online. Attraverso le sue proposte “Empowering Consumers for the Green Transition” e le ultime proposte di “Green Claims”, l’UE sta cercando di combattere il greenwashing inasprendo le norme sulle indicazioni verdi e sui marchi di qualità ecologica.

La pubblicazione del rapporto sulla sostenibilità 2023 di Amazon è un  avvenimento importante perché conferma questa direzione di marcia. Alla sua uscita Tony Hoggett SVP worldwide grocery store Amazon ha scritto su LinkedIn: “Sappiamo che i progressi appariranno diversi ogni anno in questo viaggio verso la sostenibilità ambientale e, man mano che l’attività di Amazon si evolve e cresce, sappiamo anche che i nostri sforzi produrranno risultati diversi. Tuttavia, rimaniamo convinti che mentre inventiamo e progrediamo, faremo la nostra strada per soddisfare il nostro impegno per il clima”.

Dalla lettura del rapporto si evidenziano alcuni punti interessanti. Innanzitutto l’obiettivo di arrivare al 100% da energia rinnovabile nel 2030 nelle operazioni globali, compresi i data center, edifici aziendali, negozi di alimentari e centri di distribuzione è stato raggiunto con sette anni di anticipo, grazie a più di 500 progetti solari ed eolici a livello globale. Inoltre, Amazon dichiara di essere  stato il più grande acquirente aziendale di energia rinnovabile per quattro anni consecutivi, secondo Bloomberg NEF (società di ricerca che fornisce dati analisi e approfondimenti indipendenti). Nel 2023, Amazon ha ridotto l’impronta di carbonio del 3%. In poche parole il calo dell’intensità di carbonio (-13%) indica che crescita del business e delle emissioni non procedono più in parallelo come in passato. Leggi tutto “Amazon per la sostenibilità. Il rapporto 2023”

Grande distribuzione senza casse? Per ora, il modello è ibrido…

Pick&Go (Prendi e vai) Cosa ci potrebbe essere  di più semplice quando si va a fare la spesa. Eppure ai primi segnali di ridimensionamento del progetto Amazon Go, le campane a morto degli  osservatori più tradizionalisti sono suonate a martello. Amazon, però, lo aveva  spiegato bene. Si è trattato di passo indietro funzionale alla riprogettazione  dell’intero ecosistema vera priorità del gigante di Seattle. I suoi manager si erano spinti troppo in avanti sopravvalutando gli impatti che avrebbero ottenuto sui consumatori, sottovalutando i bug e i limiti che lo sviluppo della tecnologia non aveva risolto, l’enorme lavoro di controllo. Non considerando poi che la tecnologia in sé resta un mezzo e non certo un fine. E ultimo ma non meno importante, avevano sottovalutato che la competizione avveniva con competitor in grado di reagire localmente che quel mestiere lo conoscono benissimo avendolo presidiato con competenza e bravura da decenni.

E così, invece di insistere sulla loro tecnologia “Just Walk Out”, hanno fermato le macchine, affidato il timone a mani esperte del settore e puntato con le nuove aperture, ad esempio,  dei suoi Fresh Convenience Stores a Londra, ad un sistema ibrido. Saranno  i clienti a decidere se vogliono essere osservati da un’intelligenza artificiale mentre fanno acquisti per evitare di dover andare alla cassa o se preferiscono pagare come al solito. Nel frattempo, nel resto del mondo, quell’intuizione ha fatto numerosi passi in avanti. Sono ormai centinaia i punti vendita di diverse insegne che sperimentano formule analoghe. È una traiettoria inevitabile. Una tendenza in atto destinata a crescere nel tempo pur con  funzionalità  e metodologie diverse. Anche in Italia procedono i test dai Tuday Conad a Verona e Trento al nuovo store Esselunga nel Mind Village di Milano.

Tutto lineare quindi? Niente affatto. Per ora questa  tecnologia rimane un esperimento molto interessante che potenzialmente rende più semplice lo shopping quotidiano, ma solo per coloro che sono disposti a rinunciare alle abitudini praticate per decenni e a lasciarsi coinvolgere. Per renderla affidabile completamente e adatta ai diversi formati sarà necessario ancora molto lavoro. Le tecnologie pionieristiche di questo tipo spesso non sono né immediatamente redditizie né funzionanti perfettamente   ma devono essere sperimentate dalle imprese e dagli utenti e adattate ai loro scopi. È ovvio che chi la propone ne elenca più i pregi che i vincoli ancora presenti. È altrettanto ovvio che numerosi interrogativi restano aperti. Vincoli indotti dalla dimensione del PDV, di rilevamento della merce, di sostituzioni tra prodotti simili ma con costi diversi, di addebito della spesa, di furti e truffe, ecc.

La stessa REWE che del modello ibrido ne ha fatto un punto importante della sua strategia, dichiara:  “Nell’ambito del progetto di test ‘REWE Pick&Go’ impariamo ogni giorno e siamo continuamente alla ricerca di buone soluzioni quando le funzioni non soddisfano i nostri standard o le aspettative dei clienti. Alcune soluzioni sono ovvie, ma con alcune discrepanze abbiamo bisogno di un po’ più di tempo per identificare le aree problematiche e implementare efficacemente le soluzioni. Siamo sempre grati ai nostri clienti per il feedback ricevuto in questo test e lavoriamo costantemente per sviluppare la soluzione migliore”. Dobbiamo quindi distinguere la strategia, dai singoli step, dal loro impatto sui modelli organizzativi e sui clienti  e dai tempi necessari alla loro implementazione su larga scala.  Leggi tutto “Grande distribuzione senza casse? Per ora, il modello è ibrido…”

Confcommercio e Conad. Le ragioni di un rinnovato percorso comune.

In altri tempi qualcuno avrebbe detto, nemmeno tanto sottovoce, che i “cosacchi” stavano per abbeverare di nuovo i loro cavalli nelle fontane di San Pietro. Mauro Lusetti, Presidente Conad, è stato nominato  Vice Presidente di Confcommercio in sostituzione del dimissionario Francesco Pugliese uscito un anno fa  da Conad. Lusetti ha, dalla sua, un “peccato originale” per il mondo dei commercianti di piazza Belli che in altri tempi sarebbe stato un handicap insormontabile: ha iniziato la sua carriera in Legacoop Modena nel 1974, e, dopo un lungo percorso in Conad, fino a diventare amministratore delegato di Nordiconad dal 2001 al 2014, c’è però  “ricascato”.  E, dal 2014 al 2023 è ritornato alla presidenza Legacoop prima di essere nominato a maggio 2023 presidente del Consorzio. Ovviamente un po’ si scherza. Anche se, in diversi ambienti, permane una sorta di conventio ad excludendum  (decisamente fuori dal tempo) nei confronti del mondo cooperativo.

A differenza di Pugliese il cui CV è caratterizzato da un’esclusiva provenienza manageriale  e che aveva, dalla sua, un’immagine esterna  estremamente decisa, nel caso di Lusetti, il percorso manageriale che è comunque significativo,  è ben sostenuto  da un profilo associativo e quindi più politico. Tanta acqua  è però passata sotto i ponti e la stessa Confcommercio, pur orgogliosa della sua collocazione politica e ideale dalla quale schiaccia l’occhiolino ai partiti di  centro destra, non è esposta come Coldiretti. Soprattutto l’esperienza politica  di Ettore Prandini non è minimamente paragonabile a quella di Carlo Sangalli. Quest’ultimo  conosce bene la differenza tra esprimere una malcelata simpatia di parte e tracimare in un campo privo di golene come quello della politica e dei suoi esponenti pro tempore come sta facendo il Presidente di Coldiretti.

Per questo la sua linea politica da sempre privilegia una azione felpata fatta di segnali sulle materie di interesse ma in posizione sempre defilata. Lo slogan “Terziario, si,  ma secondi a nessuno” più rivolto al resto dell’associazionismo di impresa  è ripetuto spesso dal suo Presidente. È una scelta di posizionamento precisa che non si muove su terreni vischiosi  ma sollecita risposte senza alzare la voce a favore di telecamera. Può piacere o meno ma questo  è Sangalli.

Per Confcommercio, la presenza, tra le sue fila di Conad, leader nella GDO e di altre realtà importanti rappresenta un tassello decisivo nella rivendicazione della  rappresentanza complessiva del terziario italiano. D’altra parte, Conad con il mondo politico  che l’ha generata non c’entra praticamente più nulla. Durante la vicenda Auchan c’era pur stato  chi, tra i contrari all’operazione, aveva  suggerito di riesumare  il fantasma di Palmiro Togliatti per contrapporlo al “perfido immobiliarista” Raffaele Mincione e far nascere nei cooperatori più ingenui qualche  senso di colpa, ma il tentativo è andato a vuoto. Conad oggi è una realtà imprenditoriale a 360° di primo piano. Orgogliosa della sua identità cooperativistica ma diversa  da altri modelli di impresa. Semmai è, a mio parere insopportabile, la competizione (non so se definirla infantile o senile)  tra cooperative. Ma per ora è così. Leggi tutto “Confcommercio e Conad. Le ragioni di un rinnovato percorso comune.”

La sfida della sostenibilità è un obiettivo di filiera. Il caso Ahold Delhaize USA

Comunicare iniziative, pomposamente definite   di  “sostenibilità” e impegnarsi a promuoverle e realizzarle a 360° nel tempo sono cose diverse. Soprattutto dove  la GDO ha spesso solo un ruolo di semplice “sollecitatore di sostenibilità” tra le filiere a monte e il consumatore finale. A volte, però,  sceglie di essere  protagonista e di fare la propria parte.  Il caso che condivido oggi è interessante e coinvolge il retailer Ahold Delhaize USA con i suoi marchi locali (Food Lion, Giant Food, The Giant Co., Hannaford e Stop & Shop). Il progetto nasce da una collaborazione con la società di snack Kellanova e Bartlett, uno dei principali esportatori statunitensi di grano e produttore di un’ampia gamma di farine.

L’accordo mira alla conservazione e al miglioramento del suolo, creando un approccio specifico per le colture, il clima e il terreno. Un progetto pilota “dal campo allo scaffale” per ridurre le emissioni lungo la catena del valore.  L’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra (GHG) dalla coltivazione/produzione  del grano lungo la filiera previsto  dal cosiddetto “scope 3” (le emissioni di gas a effetto serra che derivano dalle attività della catena del valore di un’azienda che non vengono svolte direttamente attraverso le sue operazioni. Suddivise in 15 categorie comprendono, ad esempio, le emissioni provenienti dai fornitori dell’azienda o quelle rilasciate attraverso l’uso dei suoi prodotti). 

Questo è il primo programma nel suo genere sia per Ahold Delhaize USA che per Kellanova. Il progetto si concentrerà sugli agricoltori che hanno già implementato pratiche agricole rigenerative. Il grano raccolto e macinato da queste fattorie verrà utilizzato insieme al grano coltivato in modo convenzionale per produrre gli iconici cracker Cheez-It® e Club® di Kellanova. Questi prodotti saranno venduti nei 2000 negozi del marchio locale di Ahold Delhaize USA dal 2025. Il programma unico – il primo del suo genere per Ahold Delhaize USA e Kellanova – prevede la collaborazione di parti interessate di tutta la catena di approvvigionamento – dal campo al mulino, dall’impianto di produzione allo scaffale – per sostenere economicamente gli agricoltori statunitensi riducendo al contempo le emissioni di gas serra.

“Il 95% delle emissioni di Ahold Delhaize USA risiedono nello Scope 3, il che rende questo programma  importante”, ha affermato Marc Stolzman, Chief Sustainability Officer di Ahold Delhaize USA. “Non solo ci aiuterà nella nostra corsa verso Net Zero, ma i dati ci aiuteranno a tracciare il nostro percorso futuro per le collaborazioni Scope 3” con tutti i nostri fornitori. “Le realtà di Ahold Delhaize USA si impegnano così a offrire prodotti alimentari più sostenibili e contemporaneamente  a creare un pianeta più sano”, ha affermato JJ Fleeman, CEO di Ahold Delhaize USA. Leggi tutto “La sfida della sostenibilità è un obiettivo di filiera. Il caso Ahold Delhaize USA”

Top women crescono. Manager al femminile nel Retail USA.

Per interesse, cultura e passione mi piace seguire le carriere dei manager. I risultati raggiunti, le battute di arresto, le ripartenze. Se chi li sostituisce li supera o è addirittura più scarso. Alcuni li ho visti crescere, altri mi incuriosiscono per le sfide che hanno accettato o nei loro diversi passaggi di carriera. Settimana scorsa ho pubblicato una chiacchierata con Daniele Cazzani. Visto l’importante riscontro sul blog ne seguiranno altre nelle quali coinvolgerò manager che stimo e che mi fa piacere condividere con la rete.  Portarli sotto i riflettori. Spesso si tratta di risorse nascoste ai più. Giusto farle notare sottolineandone le performance, le aspettative e le idee. A me, più delle aziende, le migliori si assomigliano un po’ tutte,   piacciono le persone. Sempre diverse una dall’altra. L’impegno e la determinazione che mettono nel lavoro. La loro capacità di coinvolgere i collaboratori. Cosa lasciano dietro di sé. E, in caso di battute di arresto  cosa possono dare, con un rinnovato entusiasmo, altrove.

Oggi affronto un’iniziativa  del mercato USA. Un po’ per condividerlo con il gruppo  “donne del Retail”(www.donnedelretail.it) che in questi giorni festeggia il suo primo anniversario, un po’ per scoprire nuovi talenti. Parliamo di manager al femminile. Il riconoscimento di Progressive Grocer (Top Women 2024) mi consente di rilanciare alcune riflessioni che condivido sul tema, indicando sia manager USA che seguo da tempo che qualche new entry. L’editoriale di PG insiste sulla necessità che le manager che si fanno notare per le loro capacità facciano da apripista nelle loro organizzazioni e stabiliscano nuovi standard d’accesso per chi viene dopo.

L’analisi è purtroppo ancora amara “le donne continuano a perdere terreno quando si tratta di avanzamento di carriera nel mondo retail. Lì, come in altri Paesi,  più di due terzi della forza lavoro nel settore è composta da donne ma sempre indietro quando si tratta di ruoli apicali. Negli USA, secondo un’analisi di Korn Ferry pubblicata su Forbes, dei 47 amministratori delegati retail appena nominati l’anno scorso, solo cinque erano donne e 12 donne amministratori delegati in uscita sono state sostituite da uomini. Nel complesso, circa il 90% dei nuovi amministratori delegati del retail sono uomini e solo il 10% donne. Nell’ultimo decennio, molti retailer USA si sono impegnati per colmare il divario di promozione (e retribuzione) di genere, ma i risultati non sono sufficienti. Il rapporto “Women @Work” di Deloitte, pubblicato ad aprile, esamina alcuni dei fattori critici sul posto di lavoro e nella società che stanno influenzando profondamente le possibilità di avanzamento delle donne nella loro carriera.

La domanda da farsi resta la solita. Non serve domandarsi cosa le donne hanno in più rispetto ai candidati uomini per orientarsi alla scelta. Semmai la domanda da porsi è se hanno qualcosa di meno per occupare una determinata posizione. Perché ad una donna manager è sempre richiesto di dimostrare qualcosa di più rispetto a  candidati uomini? La conclusione è amara. Anche se alla base della piramide, nei negozi,  ci sono “tonnellate” di Top Women di talento, non abbastanza stanno arrivando in cima alle loro organizzazioni. Le aziende che vogliono passare dagli impegni all’azione per far progredire le donne sul posto di lavoro dovrebbero concentrarsi sulla formazione, sulla programmazione di una maggiore flessibilità sul lavoro e sulla creazione di una cultura aziendale inclusiva in cui l’equilibrio tra lavoro e vita privata sia apprezzato e rispettato e in cui le donne si sentano supportate nella loro progressione di carriera. Leggi tutto “Top women crescono. Manager al femminile nel Retail USA.”

Amazon e Unes in autunno si lasceranno. Una fase si chiude. Se ne aprirà un’altra per entrambe?

Le strade di Amazon Fresh e di Unes si separeranno dal 30 settembre 2024. Amazon nel food continua con PAM Panorama. Mariangela Marseglia Country  manager italia e Spagna nell’intervista al Corriere ha delineato cos’è oggi  Amazon nel nostro Paese. «In dieci anni abbiamo investito quasi 17 miliardi, abbiamo 18 mila dipendenti e oggi contiamo una sessantina di sedi nel Paese, con 37 siti logistici e due nuovi in arrivo, a Jesi (Marche) e Alessandria, dove creeremo rispettivamente nei primi tre anni, fino a mille e fino a 400 nuovi posti di lavoro. Ma continueremo a investire anche sul cloud e questo, come il progetto Made in Italy, avrà ricadute positive sul sistema Paese nel suo insieme».

Sulle  vendite estere delle aziende italiane «l’obiettivo è 4 miliardi di export sulla piattaforma Amazon entro il 2025, oggi siamo a 3 miliardi. L’obiettivo è aiutare le aziende a esportare, specie le Pmi che strutturalmente hanno più difficoltà a muoversi all’estero da sole». Oggi la vetrina Made in Italy è disponibile nei negozi online di Amazon in ben undici Paesi del mondo, Francia, Spagna, Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Giappone, Emirati Arabi Uniti, Svezia, Polonia e Paesi Bassi, per un totale di oltre due milioni di prodotti, di cui 1,2 nel solo negozio Amazon.it, frutto del lavoro di eccellenza di oltre 5.500 aziende italiane.

L’accordo con UNES è durato ben otto anni. Adesso si gira pagina. Amazon Fresh ha aperto i battenti per la prima volta a Milano nel 2015, poi a Roma e Torino. Poi sono seguiti gli accordi. Inizialmente con UNES e Natura Sì poi con PAM Panorama. Dal 9 aprile 2024 Amazon Fresh ha accelerato la sua strategia mettendo a disposizione un servizio di consegna della spesa in giornata a tutti i clienti, compresi quelli non iscritti ad Amazon Prime, residenti a Milano, Roma, Torino e Bologna. Secondo Camille Bur, responsabile di Amazon Fresh per Germania, Italia e Spagna, l’azienda è costantemente alla ricerca di soluzioni per semplificare e migliorare l’esperienza di acquisto dei propri clienti. “Tutti i clienti Amazon di quelle città possono effettuare la spesa online e riceverla comodamente a casa,” ha dichiarato Bur.

Il funzionamento del servizio è semplice: i clienti delle città indicate, residenti in aree coperte dalla consegna, possono ordinare la loro spesa su Amazon Fresh e/o Pam Panorama, scegliendo tra migliaia di prodotti in diverse categorie, come carne, frutta e verdura, latticini, articoli per la cura della casa e della persona. Le consegne avverranno in finestre di due ore, mentre i clienti Prime potranno beneficiare di finestre di un’ora nelle aree coperte dal servizio. “L’obiettivo è anche quello di cercare di valorizzare i diversi territori in cui siamo presenti con prodotti specifici – spiega Manuela Chiara Rosso, responsabile di Amazon Fresh in Italia – quindi abbiamo attivato collaborazioni con fornitori locali: a Bologna per esempio con Forno Brisa, a Roma, Milano e Torino con le rispettive Centrali del Latte. Non solo, cerchiamo sempre di allargare l’offerta in relazione alle richieste dei clienti del territorio, così nel capoluogo emiliano quando siamo arrivati abbiamo subito cercato di potenziare la pasta fresca e i tortellini in particolare”.

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Famiglia cooperativa trentina. Come fermare il declino

Succede in Trentino per l’importanza della storia e della specificità del modello ma riguarda un tema più generale: la ricerca del contenimento del costo del lavoro nella GDO come leva (tra le altre) per fermare il declino di un punto vendita o di un’azienda. Stiamo parlando di Famiglia cooperativa trentina. Le Famiglie Cooperative, fin dalla logica che ha ispirato il fondatore don Guetti hanno posto al centro la comunità, il cliente e il servizio. Hanno una loro ragion d’essere se perseguono questo obiettivo. Altrimenti esistono altre forme societarie meno vincolanti.

Mantenere il modello ha un costo economico che pesa sui costi dell’impresa (in parte sulla collettività e, altro tema, sulle dinamiche concorrenziali). Fatto salvo il rispetto  di ciò che prevede il CCNL di categoria ogni elemento economico aggiunto che pesa sui costi dovrebbe, a mio parere,  avere un bilanciamento con la produttività dal singolo punto vendita e dall’intero sistema. Altrimenti non regge né il modello né il sistema già gravato da altri handicap.

Le Famiglie Cooperative (dal  1993 hanno un accordo di collaborazione con Coop Italia che definisce l’esclusiva di commercializzazione dei prodotti a marchio Coop per il Trentino) gestiscono 364 punti vendita di cui 229 rappresentano l’unico esercizio commerciale del paese. Di queste 109 sono definiti SIEG (Servizi di Interesse Economico Generale) (saranno circa 120 nel 2024). Per essere definiti in questo modo è necessario essere l’unico esercizio commerciale della propria località ed essere situati in un paese al massimo di 100 abitanti, posto ad un’altitudine di almeno 800 metri e distante non meno di 3 km da un altro punto vendita. I SIEG possono diventare  sempre più uno strumento per l’erogazione di servizi decentrati sul territorio in zone trascurate dal mercato. Di fatto,  multiservizi evoluti. Ad esempio, la prenotazione di visite specialistiche, la stampa di referti medici, l’accesso alla propria cartella clinica, il ritiro di farmaci, il pagamento di bollettini o del bollo auto, il prelievo di contanti e il ritiro documenti anagrafici o autorizzazioni comunali.

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In GDO (nel Sud) crescono giovani interessanti e nuovi progetti imprenditoriali. Il caso Rossotono.

Non si può non guardare con una certa curiosità al riposizionamento in corso da parte di  Apulia distribuzione. Gli ingredienti per una ricetta diversa dal solito ci sono tutti. Innanzitutto la decisione di mettersi in proprio. Dopo il lungo apprendistato come franchisee di Auchan e poi di Carrefour  i proprietari hanno deciso che è arrivato il momento di metterci la faccia e provare a giocare in un altro campionato. Non ci sono più quindi alle spalle i vecchi  franchisor responsabili di politiche commerciali rigide da aggirare con cautela, non c’è appesa fuori dall’entrata un insegna famosa ma  che al sud è percepita lontana e, di fatto,  mai radicata nel territorio.

Apulia Distribuzione è una realtà importante seppure con una dimensione multiregionale. Presenti  nel commercio all’ingrosso sin dai primi anni ’80, i fratelli Sgaramella nel 2001 fondano Apulia Distribuzione, che nel 2004 sigla un accordo di master franchising con Auchan. Nel 2020 i PDV diventano  Carrefour. L’insegna oggi opera in cinque regioni del sud: Puglia, Calabria, Basilicata, Campania e Sicilia con 378 store, ai quali si aggiunge il format cash & carry all’ingrosso Tuttorisparmio con 4 punti di vendita localizzati in Puglia.  Nel 2023 Apulia Distribuzione ha registrato un fatturato pari a 930 milioni di euro.

Che fosse questo l’obiettivo mai dichiarato lo si era intuito, quando, all’arrivo di Conad, Apulia si era defilata, rivolgendosi poi a Carrefour. Il loro DNA, non si sarebbe integrato alla cultura del Consorzio di oggi. Carrefour era l’ideale. Troppo concentrata su sé stessa e i suoi problemi per comprendere che la relazione con il nuovo franchisee, sarebbe durata comunque poco. Non credo si siano lasciati bene. Il dubbio che Apulia facesse buon viso a cattivo gioco, in Carrefour lo avevano percepito ma non potevano fare altrimenti. A Carrefour ha fatto male l’addio dopo quattro anni di partnership commerciale. Inutile negarlo. Una multinazionale in riorganizzazione che viene mutilata della presenza in alcune regioni non è un bel biglietto da visita per gli osservatori più pessimisti che quotano l’abbandono dal nostro Paese come estrema ratio presente nella testa dei manager chiamati a rimetterla in carreggiata. In fondo le multinazionali, oltre ai vincoli, offrono un ombrello che funziona quando piove ma può  essere d’impaccio quando tira vento alle spalle. VeGè era l’interlocutore ideale proprio per la sua flessibilità. E gli Sgaramella hanno visto, a mio parere, un compagno di strada ideale in Giovanni Arena presidente di VeGè. È un sud che pensa in grande. Verificheremo presto se il ritmo e gli obiettivi delle due realtà sono gli stessi.

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LIDL guarda al futuro e sceglie il WWF..

Se vogliamo dirla tutta una delle poche aziende italiane della GDO che ci ha sempre creduto è stata Coop italia. A memoria sono passati almeno quarant’anni dalle prime sensibilizzazioni sull’uso delle buste di plastica, i discorsi sul buco nell’ozono tra gli spot  “la Coop sei tu” e il “tenente Colombo”. Nessuna insegna allora aveva  capito per tempo le traiettorie necessarie sul clima, sui consumi consapevoli e sull’importanza delle  catene di fornitura per combattere il lavoro illegale come Coop. Le stesse multinazionali, comprese quelle oggi più attente, non dimostravano  quella sensibilità.

Tante cose sono cambiate da allora. Oggi il rischio, da noi,  è addirittura l’opposto. Predicare bene e razzolare male. C’è tanto green washing in GDO.  Anche perché il tema della  sostenibilità ambientale, di come sono fatti i punti vendita  e dell’alimentazione consapevole sono, per le insegne,  scoperte, tutto sommato  abbastanza recenti. Ovviamente tutti fanno qualcosa. C’è però chi di queste scelte ne fa una strategia di lungo termine perché ha compreso che la sensibilità è notevolmente cresciuta. In diverse realtà, soprattutto multinazionali, si è affermata  una cultura che ha portato alla costruzione di partnership importanti.

Ultima ma non di poco conto, quella tra Lidl, leader europeo della GDO, e il WWF, una delle più grandi organizzazioni indipendenti di tutela ambientale.  Durerà per i prossimi cinque anni e coinvolgerà 31 Paesi dove la multinazionale tedesca è presente. Lidl e WWF hanno già collaborato in alcuni Paesi negli ultimi anni, ad esempio in Svizzera e Austria. In Svizzera l’accordo risale al 2017. La partnership rappresenta un nuovo importante tassello dell’impegno che Lidl porta avanti da anni in ambito di sostenibilità, come parte della sua più ampia strategia internazionale di responsabilità sociale di impresa.

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Selex ha messo la freccia. Sorpasserà o no, Conad nel 2024?

Selex sul podio c’è già. Nel 2023 non ce l’ha fatta a superare Conad ma c’è andata vicino. Nel 2024 i “magheggi” contabili dovranno essere più sofisticati per mantenere o, al contrario, coprire le distanze.  Nata nel 1964 come Unione Volontaria A&O, Selex chiude il 2023  a 20,2 mdi. 18 imprese, 3.328 punti vendita, oltre 41 mila collaboratori. Nel 2024 punta a superare i 21 mdi.  Un anno dove vuole festeggiare i suoi 60 anni di storia puntando a scavalcare Conad.  La coincidenza sarebbe pari alla soddisfazione  dell’Inter che è riuscita a vincere il campionato  proprio nel derby contro il Milan. Anche se, visto le cifre in gioco,  si dovrebbe parlare più di co-leadership. Però  la competizione ci sta.

È uno stimolo alla crescita e un punto di riferimento  per chi segue le dinamiche del comparto. Soprattutto perché ad averla innescata è stata proprio Conad quando ha sbandierato in ogni dove  il suo sorpasso, nel 2020, su Coop. Mauro Lusetti, presidente Conad però  rilancia sul Corriere intervistato da Rita Querzé: «Al di là degli aspetti muscolari, dello 0,1 o 0,2 in più o in meno, Conad può dire di essere oggi leader incontrastato per due motivi. Prima di tutto perché noi raggiungiamo questo risultato con un’unica insegna che compare su tutti i punti vendita. Per di più un’insegna che, secondo una società di consulenza internazionale come Brand Finance, è all’ottavo posto nella classifica dei 100 marchi italiani con la maggiore forza. Unico distributore nella top ten. E poi perché i nostri punti vendita sono presenti in tutte le Regioni italiane».

Selex però tira dritto. È oggi,  uno dei gruppo più coesi della GDO anche grazie al profilo del suo Direttore Generale Maniele Tasca, “oggetto del desiderio” di altri gruppi della GDO. Presidente riconfermato per il prossimo triennio Alessandro Revello (Dimar). il nuovo consiglio di amministrazione che sarà composto dai due Vice Presidenti: Marcello Cestaro  (Gruppo Unicomm) e Marco Odolini (Italbrix). I sei consiglieri di amministrazione sono: Dario Brendolan (MaxiDì), William Camilletti (L’Abbondanza), Laura Gabrielli (Magazzini Gabrielli), Francesco Murgia (Superemme), Giancarlo Panizza (Rialto- il Gigante) e Francesco Pomarico (Megamark).

Il Gruppo Selex nel 2024 ha, tra le altre iniziative, previsto quattro grandi campagne di comunicazione, supportate da investimenti che da tre anni continuano costantemente a crescere (‘Spesa Difesa’, ‘We Are Famila’, la piattaforma di ecommerce di Selex, CosìComodo, e “Tutti in campo”. Sottolineo volentieri quest’ultima condotta in partnership con la Gazzetta dello Sport con testimonial Roberto Baggio.  Mira a raccogliere fondi per finanziare lo sport dilettantistico e lo scorso anno ha permesso di finanziare con 2,5 milioni di euro l’acquisto di attrezzature sportive. Nel corso del 2023, ottima la performance della Mdd Selex che, grazie alle sue 7.900 referenze, ha messo a segno un balzo del 19,8%. Significativo anche il ruolo del segmento cash&carry, che ha fatto registrare una crescita del 14,2%. In base alle previsioni, il 2024 dovrebbe chiudersi con una crescita del 4,5% a 21,1 miliardi di euro. Selex ha previsto un piano di investimenti da 540 milioni di euro, che porterà all’apertura di 65 nuovi negozi e alla ristrutturazione di 94 punti vendita esistenti. Leggi tutto “Selex ha messo la freccia. Sorpasserà o no, Conad nel 2024?”