Relazioni industriali tedesche e loro trasferibilità.

Il nostro è uno strano Paese. Sui braccialetti di Amazon siamo stati gli unici a scatenare l’inferno su una cosa che non esiste.

È vero che c’era la scusante della campagna elettorale. Ma il senso del ridicolo avrebbe dovuto frenarci in qualche modo. Così non è stato. All’ILVA un accompagnatore dell’assessore Mazzarano del PD aggredisce Marco Bentivogli perché sta cercando di salvare una fabbrica che buona parte del PD regionale vorrebbe scomparisse dai loro occhi senza però volersene assumere la responsabilità.

Ai lavoratori della Embraco, incolpevoli attori protagonisti di una delle conseguenze della globalizzazione, mentono quasi tutti i soggetti in campo limitandosi a minacciare verbalmente la multinazionale proprietaria per prendere tempo sperando in una soluzione terza a cui nessuno, di chi oggi grida allo scandalo,  ha mai pensato fino all’apertura della procedura di licenziamento.

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Metalmeccanici tedeschi e entusiasmi italiani…

È così dopo i braccialetti di Amazon tocca al contratto dei metalmeccanici tedeschi infiammare il dibattito politico italiano sul lavoro.

Spero solo che Meloni e Salvini non si rechino anche nel Baden Württemberg per poi garantire ai lavoratori italiani la futura trasferibilità in Italia dei contenuti.

Contemporaneamente all’Acea il M5S acconsente all’abolizione dell’articolo 18. I sindacati applaudono e incassano convinti che sia una loro vittoria. Ma è proprio così?

Innanzitutto c’è da dire che sui braccialetti abbiamo fatto una pessima figura a livello planetario. Una cosa che non esiste è stata trasformata in una farsa nazionale. Leggi tutto “Metalmeccanici tedeschi e entusiasmi italiani…”

Braccialetti, lingua inglese e musei. Questa è l’Italia che deve cambiare.

Se avessero chiesto un test per misurare l’avversione all’innovazione (vera) della classe politica italiana (e non solo) pochi avrebbero pensato ai braccialetti di Amazon.

Eppure ha funzionato. In poche ore si è capito che piuttosto che predisporsi al cambiamento cercando di comprenderlo e, ovviamente di guidarlo, l’unica reazione messa in campo è il rifiuto. Accompagnato dalla solita dose di retorica e di demagogia. Dall’estrema destra alla estrema sinistra.

L’inventore del braccialetto, l’ingegnere americano Jonathan Cohn, 30 anni, da sei in Amazon, ha risposto con uno sberleffo analogo a quello degli anarchici della fine dell’800 (una risata vi seppellirà) citando un passaggio di una nota canzone dei Queen: “…fulmini e saette molto, molto spaventoso…”.

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Embraco. Anatomia di un negoziato complesso.

Una multinazionale decide di delocalizzare la propria produzione in Slovacchia. Sembra una mossa violenta e improvvisa a cui è difficile replicare. Lavoratori e sindacati reagiscono cercando anche di mediatizzare la vicenda per coinvolgere l’opinione pubblica. Le istituzioni annaspano.

È parso chiaro fin da subito che la vicenda Embraco sarebbe stata di difficile composizione. Da una parte una multinazionale che decide di chiudere una attività produttiva in provincia di Torino, licenziare quattrocentonovantasette lavoratori e trasferire la produzione di motori per frigoriferi altrove.

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Scuola e lavoro. L’equivoco di Cuneo…

Gli industriali di Cuneo hanno avuto il pregio di rimettere al centro del dibattito un tema importante. Non è certo un caso che intorno alla loro lettera ai giovani e alle loro famiglie si è scatenato un dibattito sulla finalità della scuola, le attitudini e i sogni dei ragazzi che la frequentano e le apprensioni dei genitori sul loro futuro.

Nel dibattito sono riemersi i problemi già evidenziati da quello sull’alternanza scuola lavoro. Uno scontro inutile, dannoso e inconcludente. Da una parte chi sostiene, pur con differenti ragioni, che non è compito della scuola creare futuri lavoratori.

Dall’altra chi, preoccupato per il mismatch di competenze teme di non trovare risorse adeguate o vede rischi futuri di disoccupazione per i propri figli.

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Confindustria-Sindacati. Un accordo comunque necessario.

Il prof. Michele Tiraboschi sembra non avere dubbi: un accordo che, sostanzialmente lascia i nodi irrisolti rischia di non servire a nulla. Tra Confindustria e Sindacati confederali, l’accordo sulla contrattazione e sulla rappresentanza sembrerebbe in dirittura di arrivo.

Cosa sta succedendo allora nel mondo delle relazioni industriali, lato Confindustria? Tra un’intesa utile e innovativa e una solo possibile perché comunque politicamente significativa prima delle elezioni la scelta sembra sia caduta su quest’ultima opzione. Almeno così raccontano gli “spifferi” che precedono la firma finale.

Il cosiddetto “Patto di fabbrica” evocato da Vincenzo Boccia fin dal suo discorso di insediamento a Presidente di Confindustria partiva dalla convinzione che il necessario rinnovamento della cultura imprenditoriale, la capacità stessa di affrontarne le sfide che la rivoluzione tecnologica e la globalizzazione metteva loro davanti e la necessità di crescere in dimensione per poter competere su tutti i mercati avrebbe reso necessario rompere gli schemi e i limiti novecenteschi proprio a partire da un profondo cambiamento del sistema delle relazioni industriali e quindi dei modelli contrattuali. E, tutto questo, avrebbe dovuto essere all’insegna di una rinnovato disegno collaborativo tra imprenditori e lavoratori.

Una convinzione che aveva fatto nascere la speranza che, finalmente, le organizzazioni di rappresentanza avrebbero potuto convergere su modelli sociali e contrattuali innovativi. Leggi tutto “Confindustria-Sindacati. Un accordo comunque necessario.”

Il futuro contrattuale delle alte professionalità nelle imprese del terziario

I dirigenti nel terziario hanno ripreso a crescere. È un buon segno. A differenza che in altri settori il saldo misura un + 3%. È un segnale importante e da sottolineare perché inverte una tendenza.

A questo occorrerebbe aggiungere una parte significativa di alte professionalità e quindi di responsabilità oggi presenti nelle imprese sotto altre forme. Temporary, professional, quadri di fascia alta che sono manager di livello, seppur inquadrati in modo differente.

Le aziende utilizzano queste diverse opportunità di collaborazione in base alle proprie esigenze. A volte con qualche forzatura. In questo modo gestiscono in proprio i progetti, le carriere individuali e i costi relativi delle diverse componenti della retribuzione, diretta o indiretta.

Le statistiche o le survey proposte ciclicamente da più parti non aiutano a comprendere le differenze presenti. E le relative differenziazioni necessarie. Come dire “di notte tutti i gatti sono grigi”. Anzi. Leggi tutto “Il futuro contrattuale delle alte professionalità nelle imprese del terziario”

Il mismatch nel lavoro. Ovvero come piangere sul latte versato…

I problemi ci sono e sarebbe sbagliato negarli. Tra l’altro, in rete, il dibattito sul mismatch tra domanda e offerta di lavoro è sempre al calor bianco.

Candidati che non trovano lavoro e selezionatori che lamentano la mancanza delle figure professionali ricercate si scontrano quotidianamente e, quasi sempre, finisce ad insulti contro i selezionatori.

I dati però sono inoppugnabili: molte aziende non riescono a trovare quello che stanno cercando. Il mondo del lavoro, oggi, pretende una velocità di inserimento e di adattamento e molto spesso non trova nella scuola una sintonia sufficiente. Tecnica o professionale che sia. E, sempre oggi, le imprese devono fare i conti con problemi sia qualitativi che quantitativi.

Dario Di Vico sul Corriere fa bene a raccontare gli effetti di questo mismatching (  http://bit.ly/2muI81B  ). Ma sono le cause che non vengono affrontate con sufficiente realismo.

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Bentivogli e Calenda lanciano una start up in Politica?

Il coro di approvazione seguito alla pubblicazione del documento Marco Bentivogli e Carlo Calenda ne è la testimonianza più esplicita.

In Politica, d’altra parte, non esistono vuoti. Se si creano qualcuno li riempie immediatamente. La realtà era chiara da tempo. Forse, le imminenti elezioni, l’hanno resa solo più evidente.

Le divisioni del novecento stanno lasciando spazio a nuove contrapposizioni. Le ricette, tradizionalmente di destra o di sinistra, perdono di significato mentre si affermano nuove divisioni.

Le contraddizioni, pur sempre presenti nella società contemporanea, trovano risposte fuori dai recinti tradizionali a cui la Politica ci aveva abituato.

La sinistra, ovunque nel mondo in crisi di identità, perde consensi perché non riesce a sintonizzarsi con i cambiamenti in atto e quindi rischia di limitarsi a riproporre un improbabile quanto impossibile ritorno al passato.

La destra tende, al contrario, a cavalcare le paure generate dal cambiamento. Nel breve, non c’è storia. Vince chi rassicura. E forse chi promette di più.

Nel medio periodo, al contrario, vincerà chi saprà affrontare e risolvere i problemi. Carlo Calenda e Marco Bentivogli hanno capito benissimo che la partita si gioca sui tempi medi.

“Nel tempo dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario” ci ricorda George Orwell nella fattoria degli animali. Ed è da qui che chi vuole fare “politica 4.0” dovrà  ripartire.

Ecco perché non siamo di fronte ad un nuovo (ennesimo) Partito o movimento in fase nascente e destinato a numeri da prefisso telefonico alle prossime elezioni. È il punto di osservazione che cambia.

Sono i problemi e le loro possibili soluzioni che creano le convergenze necessarie e i luoghi dove queste convergenze si possono realizzare.

Carlo Calenda e Marco Bentivogli vengono entrambi da mondi dove la demagogia e la retorica costano care. Il Paese (e non solo) ha, invece, assoluto bisogno di luoghi dove si possano costruire soluzioni pur nella distinzione di missione, ruoli istituzionali o sociali.

Stanno disegnando, consapevolmente, un’evoluzione del modello concertativo dove al centro sta la soluzione concreta del problema sul tappeto e non, come in passato, la paralisi decisionale.

Può essere accumunata con un certo grado di forzatura  ad una classica start up pur nel campo tradizionale e scarsamente innovativo della Politica perché si pone comunque l’obiettivo di superare lo stallo e quindi di risolvere un problema prima affrontato diversamente.

Sostituisce al classico sindacale: obiettivo-lotta-risultato, il più moderno: obiettivo-condivisione-risultato. E la condivisione non è data dalla riproposizione infinita del proprio punto di vista, che può restare differente da quello altrui, ma dalla convergenza sull’obiettivo finale che, pur non rappresentando necessariamente il proprio punto di partenza, garantisce ai propri rappresentati un notevole passo in avanti.

È la logica già presente negli accordi sindacali FCA e in altre realtà industriali. Ma è la medesima logica che guida Carlo Calenda nelle vertenze aziendali complesse. La novità sta nel “praticare l’obiettivo” non nell’interpretare un ruolo assegnato.

Tutto  questo probabilmente provocherà scompiglio sia nella Politica che nel Sindacato.

Nella Politica dove il coro plaudente sarà presto sostituito da letture più puntute sui personaggi in campo e sulle loro ambizioni.

Ma anche nel Sindacato dove il rischio di modeste gelosie e piccole invidie personali rischieranno di giocare contro una strategia che, al contrario, potrebbe giovare ad un rientro in campo propositivo di tutto il sindacalismo confederale.

Elezioni. Iniziativa politica e sociale

La campagna elettorale sta ormai entrando nel vivo. I diversi schieramenti avanzano le loro promesse. Ciò che appariva impossibile, vista la dimensione del nostro debito pubblico, viene proposto come fattibile e a portata di mano.

Colpiscono tre cose. Innanzitutto la fervida immaginazione pre elettorale dei partiti. La costante sembra essere quella di promettere di abolire ciò che è stato fatto dal Governo in carica e, contemporaneamente, proporre come elemento caratterizzante del proprio agire ciò che non è mai stato fatto.

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