Poco dopo l’annuncio dell’offerta di acquisto per Carrefour da parte del gruppo canadese Couche-Tard per un valore stimato in 16 miliardi di euro il ministro dell’economia francese ha sentenziato”Non sono favorevole a questa operazione” provocando un pesante scivolone in borsa che ha danneggiato l’azienda.
In Francia il famoso antico proverbio che in Italia suona “Moglie e buoi dei paesi tuoi” si declina in: “Prend ta femme dans ton village et les boeufs dans le voisinage” quindi, sulla carta, poco spazio agli intrusi o agli spasimanti anche se provenienti dai territori francofoni del Quebèc. Questi ultimi lo avranno certamente messo in conto. Da loro, lo stesso proverbio è leggermente diverso nella forma. Non nel significato: “Marie-toi devant ta porte avec quelqu’un de ta sorte” (sposati davanti alla tua porta con qualcuno della tua specie).
Nonostante l’accordo commerciale di libero scambio tra l’Unione Europea e il Canada firmato nel 2016 la partita sembra veramente complessa. Quando si tratta di comprare aziende in Francia mogli e buoi (e proprietà delle imprese) devono essere in casa. Avere la stessa lingua non è una caratteristica sufficiente per i francesi.
Non credo che i principali azionisti di Carrefour siano dello stesso parere pur non sottovalutando che stiamo parlando del maggiore datore di lavoro del Paese e dei complessi interessi dell’intera filiera agroalimentare nazionale.
A differenza del ministro Bruno Le Maire il management del gruppo della grande distribuzione di oltralpe si è mosso con maggiore cautela. “Carrefour esaminerà la proposta e il progetto per valutare se risponde agli interessi del gruppo, dei suoi collaboratori, e se è un elemento utile per accelerarne la crescita”.
Carrefour oggi rappresenta una “rete multiformato di 12.300 punti vendita, è presente in trenta Paesi con più di 320.000 collaboratori”. Il suo fatturato 2019 ha raggiunto 80,7 miliardi di euro e il suo valore di borsa sfiora i 13 miliardi di euro.
Non va sottovalutato che i due principali azionisti del gruppo, Bernard Arnault e la famiglia Moulin, sono anni che sperano di uscire dalla azienda e quindi per loro questa proposta di acquisto dei canadesi rappresenta un’opportunità. Bernard Arnoux detiene circa il 6% del gruppo. È il vero riferimento ed è lui che ha proposto il CEO di Carrefour Alexandre Bompard nel 2017.
La famiglia Moulin possiede il 12%, ma è molto più fragile nel contesto economico francese attuale. Le Galeries Lafayette sono in crisi di risultati e presto partirà un pesante piano di ristrutturazione che prevede la soppressione di posti di lavoro. L’offerta dei canadesi arriva anche per loro nel momento giusto.
Se l’operazione andasse in porto la nuova realtà si collocherebbe al quarto posto nel ranking mondiale, alle spalle di Walmart, Costco e Amazon. Secondo Clément Genelot, esperto francese del settore, Couche-Tard è abituata ad affrontare acquisizioni ma non ha mai fatto operazioni di fusione di queste dimensioni. Il sindacato francese CFDT, da parte sua, attraverso il delegato nazionale Thierry Babot si è domandato se siamo di fronte ad un’operazione finanziaria o ad un progetto serio a lungo termine. D’altra parte sinergie logistiche o nella catena degli approvvigionamenti non sembrano essercene.
Oggi l’azienda canadese fattura circa 54 miliardi di dollari e, alla borsa di Toronto, vanta una capitalizzazione di circa 30 miliardi. Stando alle dichiarazioni pubblicate siamo di fronte ad una lettera di intenti non impegnativa che prevede un approccio “amichevole” sulla base di un prezzo di 20 euro per azione. Quindi con una valutazione del gruppo sopra i 16 miliardi di euro teorici. Tra l’altro non sembra nemmeno che l’azienda canadese sia intenzionata a lanciare un’OPA senza un accordo con i francesi. Ovviamente i termini sono ancora tutti da discutere. Non si escludono quindi sbocchi diversi rispetto alla fusione.
Couche-Tard è nettamente più piccola di Carrefour ma certamente più redditizia: 2 miliardi di risultato netto contro 1,2 di Carrefour. Nata nel 1980 a Laval un sobborgo di Montreal Couche-Tard si è sviluppata attraverso numerose acquisizioni. Il gruppo possiede 9300 punti vendita negli USA (Circle K) con circa 100.000 dipendenti. È presente in America Latina e in Asia. In Europa conta circa 2.700 PDV in Scandinavia, Paesi baltici, Polonia, Irlanda e in Russia. Da qui l’interesse nei confronti del mercato francese e non solo dove non è presente.
Da noi è un nome che dice poco o nulla. Predilige, di fatto, un formato di prossimità, un mini market con un numero di prodotti limitato. Aperto fino a tardi e, in genere è parte delle stazioni di servizio (una specie di Autogrill sui generis). Basti ricordare che oltre il 70% delle loro vendite in Quebèc è rappresentato dal carburante.
I dirigenti di Couche-Tard sono in questi giorni a Parigi quindi il confronto è aperto. Rothschild rappresenta l’azienda Canadese, Lazard la multinazionale francese. La proposta, pur tutta da verificare, è di quelle che non lasciano indifferenti né gli azionisti né i dirigenti. Io non la sottovaluterei…
L’opposizione della Politica indubbiamente forte, direi pavloviana, tipica della visione franco-francese è destinata a reggere solo se riesce ad offrire un’alternativa condivisa dagli azionisti del gruppo. Non dimentichiamo il peso degli Iper per Carrefour e la loro complessa riconversione in corso che sta funzionando ma è ben lontana da potersi considerare conclusa. L’obiettivo resta, per la multinazionale francese come per tutti gli altri player mondiali e nazionali, di tenere testa, rafforzandosi, alle strategie dei diversi concorrenti nazionali e dei giganti della rete.
Questa operazione dimostra quello che ho sempre sostenuto. Per crescere e generare le risorse per competere e innovare occorre innanzitutto concentrarsi. Oppure si resta confinati nelle proprie dimensioni organizzative ed economiche. E questo è un problema centrale per tutta la GDO. Non solo in Francia. Carrefour è nel mezzo del suo piano di ristrutturazione lanciato nel 2018 che sta funzionando e che prevede una forte riduzione di costi accompagnata da un importante sviluppo tecnologico, un nuovo posizionamento dell’offerta e una rinnovata qualità del servizio. Contemporaneamente è impegnata a ridurre la sua dipendenza dai grandi formati e svilupparsi nella prossimità.
I risultati realizzati saranno sufficienti per convincere gli azionisti a rinunciare questa o altre offerte che potrebbero arrivare in futuro? Probabilmente anziché sorprendersi e contrastare queste operazioni, la Politica dovrebbe imparare ad accompagnarle affinché le conseguenze e gli inevitabili effetti collaterali sul lavoro e sulla filiera siano gestibili. Questo è il punto vero. Non solo per i francesi.
2 risposte a “Carrefour/Couche-Tard. La strategia di un’impresa tra sfide globali e interessi locali”