Populismi, ansie e tavoli…

Il   cosiddetto “popolo del SI” sta dando senso e nuovi confini al Partito del PIL. E questa è indubbiamente la vera novità nel panorama politico e sociale italiano. La stessa reazione sorpresa dei due leader vincitori delle ultime elezioni  per l’entità e la qualità della protesta è stata improntata alla massima cautela e ascolto delle ragioni niente affatto strumentali.

Il giudizio forse frettoloso di alcuni osservatori sul rapporto tra ragione e consenso mi ha fatto venire in mente una analoga battuta di Stalin che, in tutt’altro contesto, esclamava:”“Il Papa! E quante divisioni ha?”. È vero. Si può supporre di avere ragione senza avere il corrispondente peso elettorale. Così come è altrettanto vero che molti piccoli imprenditori, professionisti, lavoratori autonomi e dipendenti, hanno riposto la loro fiducia ai partiti, oggi al Governo, solo pochi mesi fa.

Probabilmente il desiderio di cambiare, di voltare pagina, di chiudere con il passato hanno prevalso rispetto ad ogni altra riflessione. Ma entrambi i vincitori, con il patto sottoscritto all’inizio della legislatura, hanno dimostrato una fragilità politica evidente proprio nel rapporto con le rispettive costituency.

Dall’ILVA di Taranto fino alla TAV Torino Lione la cruda realtà della nostra economia si è incaricata di far emergere sia il dilettantismo dei 5S che la difficoltà, per la Lega salviniana, di reggere un rapporto con gli stessi, di realizzare i propri obiettivi di espansione verso sud e contemporaneamente di continuare a rappresentare quel ruolo di “sindacato di territorio” alla base delle fortune politiche del movimento leghista. Leggi tutto “Populismi, ansie e tavoli…”

Torino, il nord e lo specchio del Paese

Nel secondo capitolo di “Attraverso lo Specchio” Alice incontra la Regina Rossa che le dice:«Qui, vedi, devi correre più che puoi, per restare nello stesso posto. Se vuoi andare da qualche altra parte devi correre almeno il doppio!».

Dopo la manifestazione di Torino del “Partito del PIL” ho pensato immediatamente a Lewis Carroll. Il Nord si è rimesso in movimento. Stanco di non poter correre. Anzi. Di trovarsi con la retromarcia innestata e senza la possibilità di muoversi. E’ un segnale all’intero Paese. L’esatto contrario di una chiusura territoriale.

Una importante novità è che alla spontaneità degli imprenditori e dei professionisti torinesi non hanno fatto mancare il loro sostegno le grandi organizzazioni di rappresentanza. E’ un fatto significativo perché, pur alla ricerca di una nuova identità che le proietti verso un futuro comunque denso di incognite, la loro capacità di reazione dimostra che la sintonia con i rispettivi associati resta alta. Si è aperto un laboratorio di innovazione politica e sociale.

Ha ragione Dario Di Vico che ne rappresenta il suo principale ispiratore: ” il Partito del PIL è tale non perché si misura sul terreno elettorale o della propaganda ma perché recupera il meglio della nostra tradizione democratica laddove la rappresentanza è strumento per la risoluzione dei problemi.” E’, esso stesso, un’idea innovativa di rappresentanza. Travalica le vecchie forme associative novecentesche, costringe alla convergenza perché i problemi sono comuni, unisce e non divide per categorie. Leggi tutto “Torino, il nord e lo specchio del Paese”

I Cobas contro Marco Bentivogli. Coincidenze pericolose.

Con una tempestività perlomeno singolare  all’articolo di Simone Fana (https://jacobinitalia.it/marco-bentivogli-il-sindacalista-che-piace-alle-imprese/) contro Marco Bentivogli è seguito l’attacco  da parte dei Cobas in coda all’incontro con FCA.

Bentivogli è certamente un sindacalista atipico. Dice sempre quello che pensa. Non solo sui giornali o nelle interviste. Lo spiega nelle assemblee davanti ai lavoratori con cui  condivide le vertenze. Prima, durante e dopo. Le vive come ogni sindacalista dovrebbe viverle. Con una intensità simile a chi, da quelle vertenze, può vedersi stravolta la vita, i propri progetti per il futuro, la dignità e il senso del proprio lavoro.

Non c’è nulla di ideologico in tutto questo. C’è solo l’amore per il proprio lavoro e la convinzione che si vince o si perde tutti insieme. E la sconfitta non è mai una piacevole compagna di strada.  Nel suo pensare e nel suo agire c’è sempre un desiderio di essere utile, propositivo, di individuare una soluzione più che credere nella lotta in sé.

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Grande distribuzione. Il contratto lo porterà Babbo Natale…

Questa sembra essere  la volta buona. Gli sherpa dei sindacati Fisascat Cisl, Filcams Cgil, Uiltucs UIL e di Federdistribuzione sono al lavoro sotto traccia per limare le ultime divergenze e per poter arrivare al confronto finale. Forse, prima di Natale avremo il quarto contratto applicabile alle imprese della  Grande Distribuzione.

Al di là di ciò che si potrebbe pensare,  la situazione di oggi richiede comunque uno scatto in avanti. La pressione sul settore è fortissima. Una parte del Governo ha dimostrato ampiamente di voler “aggredire” la GDO su più versanti. Sul lavoro (qualità, quantità e sua distribuzione) i 5S hanno purtroppo assunto la posizione dei Cobas. Sulle domeniche e sulle festività prevale, nella migliore delle ipotesi una visione passatista. 

Dario di Vico ne ha tratto una valutazione assolutamente condivisibile quando afferma che ”l’impressione è che il Ministro Luigi Di Maio non abbia intenzione di cogliere la complessità di queste trasformazioni e usi l’argomento delle chiusure festive come una facile “reductio ad unum” dei problemi del settore.”

E questo senza considerare che sembra esserci una grave sottovalutazione dell’importanza e dell’evoluzione di  luoghi dedicati ai consumi ma anche all’intrattenimento e al divertimento di massa.

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Nero come un venerdì…

A Filadelfia sostengono che il nome “Black Friday” derivi dal traffico causato quel giorno per le vendite straordinarie, altri sostengono che è il momento nel quale le vendite fanno un balzo in avanti lasciando il rosso delle perdite per il nero dell’attivo per i negozianti. In ogni caso è un nero che, stando ai dati, fa bene all’economia americana.

I consumatori italiani meno ossessionati si erano ormai abituati ai tranquilli saldi post natalizi. Un giro per le vetrine prima di Natale, soprattutto nelle città,  con l’acquisto rimandato a dopo le feste. Così come i commercianti che, salvate le vendite prenatalizie svuotavano con maggiore tranquillità le vetrine e, a volte, i loro magazzini dell’inveduto.

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Lavoro festivo e domenicale. Non scherziamo con il fuoco….

E’ di pochi giorni fa la notizia che BCPartners ha preferito congelare le procedure di vendita dell’azienda Old Wild West (http://bit.ly/2DrAH5j) per la poca chiarezza sul tema delle aperture domenicali. E’ vero. Fino ad oggi si è parlato prevalentemente della GDO e delle conseguenze negative che potrebbero verificarsi.

Non si è parlato abbastanza di chi vive di aperture domenicali. Ad esempio dei bar e dei ristoranti dei centri commerciali, di tutte le attività collaterali e dell’indotto. Decine di migliaia di piccoli imprenditori, artigiani, lavoratori, professionisti che nelle domeniche e nelle festività svolgono una parte importante del loro lavoro.

Per i 5s tutto questo non esiste; esistono solo quelli che loro ritengono lavoratori sfruttati. Ancora una volta la loro attenzione sembra essere sollecitata solo da un punto di vista. Il loro. E’ chiaro che ci sono lavoratori che non vorrebbero lavorare la domenica o nelle festività o che vorrebbero essere pagati di più. Così come è altrettanto chiaro che alcune di queste attività potrebbero essere distribuite nell’arco della settimana.

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La nuova politica tra scontri, assestamenti e prospettive

Ha ragione Mario Sechi quando sostiene che il sistema politico sta attraversando una fase di assestamento dagli esiti ancora incerti. Probabilmente occorreranno più appuntamenti elettorali per potersi confermare definitivamente.

Il risultato elettorale del 4 marzo è stato però uno spartiacque fondamentale. Nulla sarà più come prima. Inutile illudersi che sia sufficiente mettere in piedi la replica 4.0 della  “gioiosa macchina da guerra” comunque attrezzata. Il cammino sarà lungo.

Troppe esigenze di protagonismi personali non in grado di ricucire il rancore che comunque si è riversato sull’establishment, sul passato e sul centro sinistra individuati come responsabili principali della situazione attuale per la maggioranza dell’elettorato. Idee e facce nuove necessitano però di tempo.

E questo spingerà la parte produttiva del Paese ad incalzare chi, nel Governo, è meno lontano da loro. Molti nella Lega lo hanno già capito e, su certe partite si stanno già riposizionando rendendo problematica  la convivenza con i 5s. Leggi tutto “La nuova politica tra scontri, assestamenti e prospettive”

Ich bin Mailänder….

Sta venendo giù tutto. Era evidente fin dall’inizio che l’alleanza giallo verde non ci avrebbe portato da nessuna parte. Adesso rischiamo di essere veramente vicini all’orlo del burrone.  In questi mesi siamo stati accompagnati dal silenzio assordante dei corpi intermedi rimasti sostanzialmente al palo annichiliti dal risultato elettorale.

Soprattutto dal persistere di una campagna elettorale continua che si nutre di un rapporto diretto tra eletti e popolo. C’è stato chi ha tentato di sollevare interrogativi preoccupati o ha cercato di smarcarsi, ma tutto è sembrato inadeguato alla nuova situazione. Le organizzazioni di rappresentanza non sono riuscite a trovare un punto comune sul quale esercitare la loro responsabilità e il loro ruolo.

Nei giorni scorsi, però è successo qualcosa di nuovo. E non poteva che provenire da Milano. Un appello accorato, argomentato e coinvolgente si è levato dagli imprenditori milanesi. Carlo Bonomi, Presidente di Assolombarda ha rotto gli indugi e ha buttato il cuore oltre l’ostacolo. Un discorso semplice ed efficace. Un discorso “milanese” (http://bit.ly/2EwFC72 ) nel senso che si inserisce in un filone che dall’Expo in avanti ha caratterizzato l’ agire di questa città, delle sue istituzioni, della regione nella quale è inserita e di una politica portata avanti all’interno di una visione che sa mettere sempre il primo piano il bene comune. E quindi anche dell’insieme delle organizzazioni di rappresentanza.

Difficile inquadrare quelle parole nelle dinamiche politiche che vedono protagonisti i partiti di Governo e di opposizione. Milano non gioca quella partita. Non ne è interessata. “Sentirsi protagonisti del proprio futuro”. Non credo che uno slogan possa essere più efficace soprattutto di questi tempi. Leggi tutto “Ich bin Mailänder….”

Verso il congresso di gennaio della CGIL.

Maurizio Landini: “I miei modelli sono Di Vittorio e Claudio Sabattini, Pierre Carniti e Bruno Trentin, Berlinguer e Ingrao”. Pausa. “E ovviamente Massimo Troisi”. Perché? “Voleva fare nel cinema quel che io vorrei fare nel sindacato: ridare dignità alla rabbia, all’indignazione, lui con la potenza del riso, io con la potenza del lavoro. Voglio cambiare l’Italia cambiando il sindacato”.

Per capire meglio il candidato alla segreteria generale della CGIL è necessario partire da qui. Manca Papa Francesco. Ma è affidata alla presenza di Pierre Carniti in quel pantheon e forse a Massimo Troisi la dimostrazione della laicità del pensiero e della presenza di un senso dell’umorismo non elitario di cui gli altri personaggi citati non ne hanno mai dato segnali.

Riconosciuto come l’ultimo dei giovani pronipoti di «Sandino», come veniva anche chiamato il leader FIOM Claudio Sabattini, Maurizio Landini sta cercando di realizzare con questa candidatura, da un punto di partenza di sinistra-sinistra, ciò che a nessuno nella CGIL era mai riuscito: dare  continuità all’aspirazione dei metalmeccanici Cgil di dettare la linea a tutta la confederazione.

A dire il vero anche Susanna Camusso veniva da lì ma la sua estrazione riformista l’aveva posta spesso in contrasto con i duri e puri della FIOM. E questo l’aveva (forse) immunizzata da quel l’atteggiamento di superiorità  tipico di chi viene da quella esperienza.  Anzi. Leggi tutto “Verso il congresso di gennaio della CGIL.”

Maurizio Landini futuro segretario generale della CGIL. Una riflessione.

In tempi di leadership forti è evidente che Maurizio Landini si presenta con molte più chance di Vincenzo Colla come futuro segretario della CGIL. E anche come appeal per militanti sempre più spaesati.

Fa bene Giuseppe Sabella a rilanciare ciò che è stata una sua intuizione in tempi non sospetti  (http://bit.ly/2CySkAD). Il segretario generale ha fatto il suo endorsement. Adesso la parola passa al direttivo confederale. Un metalmeccanico che sostituisce un altro metalmeccanico di estrazione (Susanna Camusso).

Maurizio Landini ha mostrato diverse facce in questi anni e ha interpretato diverse parti in commedia. Difficile capire se anche questa volta si produrrà in giravolte politiche positive cercando di portare a sintesi  tutte le sensibilità presenti in CGIL oppure la scelta è la conseguenza logica dell’incomunicabilità che a sinistra ormai sta mettendo su sponde contrapposte i cosiddetti ricostruttori.

La CGIL è profondamente diversa dalle altre due organizzazioni sindacali. Sarebbe troppo semplice divedere categorie e dirigenti arruolandoli da una parte o dall’altra. Però il problema esiste. Impostazioni  diverse hanno prodotto una visione dell’azione sindacale, della contrattazione e del riformismo pur di radice socialdemocratica, molto  differenti. E ultimo ma non ultimo una inevitabile competizione interna tra queste visioni.

Il mandato di Susanna Camusso ha dovuto i fare i conti inizialmente con la riottosità che i metalmeccanici hanno sempre riservato ai dirigenti della loro Confederazione sentendosi sempre un po’ un’altra Confederazione  e all’astio che una parte della segreteria della categoria le aveva personalmente riservato in forza dei suoi trascorsi in FIOM.

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