Conad. Piovono fiori sui ladri in fuga. Con annessi i vasi di terracotta….

Può sembrare strano partire da un furto con scasso in un punto vendita periferico per poi allargare lo sguardo. È un modo come un altro per comprendere cosa c’è alla base dell’universo Conad. Sfaccettature incredibili di luoghi e di persone difficili da intercettare dai comunicati stampa. Fortunatamente c’è molto altro oltre alla difficoltà tra le leadership delle cinque cooperative.  In questi giorni è finita sulla stampa locale il furto di una cassaforte ad un Conad City di Colico. E questo consente di accendere i riflettori sulla composizione e quindi sulla qualità della base associativa del consorzio.

Siamo a Colico, un piccolo comune di ottomila abitanti in provincia di Lecco, noto oltreché per la posizione e per il turismo lacustre, per il Forte di Fuentes edificato dal Conte omonimo per controllare le vie di comunicazione, come raccontato da Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi. Da oggi balza alle cronache anche per i condomini di un palazzo  che hanno difeso a colpi di fiori, provvisti dei rispettivi vasi di terracotta, il Conad City preso d’assalto dai ladri.

Non è però un punto vendita qualsiasi. Almeno per me.  Lo conosco come alcuni altri della cooperativa.  Li ho frequentati  salendo verso Morbegno dalla vecchia strada che costeggia il lago, prima di fermarmi all’Abbazia di Piona, un esempio di architettura romanica lombarda sulle sponde lecchesi del Lago di Como. Appartiene alla “Cooperativa La Popolare” (https://bit.ly/47xf1zV) nata  nel 1919 a Lecco a cui aderiscono 2030 soci, che oggi gestisce otto supermercati tutti a marchio Conad, a Lecco (Viale Turati e San Giovanni), Colico, Mandello, Inveruno, Vanzago, Turbigo e Figino Serenza  dando lavoro  a oltre 100 persone. Una storia lunga cent’anni al servizio delle persone, sempre animati da uno spirito cooperativistico, lavorando quindi per il bene della comunità. Il trambusto provocato dalla “spaccata” ha svegliato l’intero palazzo e quelli vicini. I residenti  si sono affacciati a balconi e finestre per gridare contro i ladri intenti a sradicare la cassaforte dalla parete in attesa dell’arrivo dei carabinieri. Qualcuno più temerario si è spinto oltre e ha iniziato a lanciare contro i rapinatori,  i suoi  vasi, completi di fiori, dall’alto.  È così iniziata la “battaglia” per impedire il furto. I vasi e il loro profumato contenuto hanno però centrato solo il furgoncino, non i ladri, che però si sono dati alla fuga prima di sfondare anche un secondo negozio.

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Grande Distribuzione. Ridurre furti, frodi, scarti e inefficienze varie

“Settimo, ruba un po’ meno”. Non è solo una commedia di Dario Fo. È un obiettivo di difficile soluzione per la GDO, conosciuto all’interno di quel mondo, con il termine “differenze inventariali”. Nel 2022 hanno raggiunto in media l’1,38% del fatturato annuo. Parliamo di circa 4,6 miliardi di euro. A questo valore va aggiunta la spesa che le aziende sostengono in misure di sicurezza o contrasto alle perdite con un costo economico totale stimato pari a 6,7 miliardi di euro.

Perdite notevoli derivanti non solo da furti e frodi ma anche da errori amministrativi, scarti, rotture e inefficienze varie. È dal 2017 che Crime&tech spin-off di Transcrime – Università Cattolica del Sacro Cuore, con il supporto di Checkpoint Systems Italia e la collaborazione dell’associazione Laboratorio per la Sicurezza propongono questi dati presentati all’interno di  studio e raccolti attraverso un questionario online distribuito a un campione di security manager appartenenti a 40 gruppi aziendali del settore Retail e GDO, per un totale di oltre 10.300 punti vendita e l’analisi di informazioni su più di 103.000 singoli eventi criminali registrati in punti vendita di tutta Italia tra il 2021 e i primi nove mesi del 2023.

“L’obiettivo dello studio è di provare a quantificare le perdite e fornire alle aziende degli spunti di riflessione sulle soluzioni da poter adottare” commenta Marco Dugato, Amministratore di Crime&tech e Ricercatore di Transcrime – Università Cattolica del Sacro Cuore”.  Tra i settori coinvolti, il Comparto del Fai da Te (2,00%), i Supermercati, gli Ipermercati e i Discount (1,98%) sono quelli che registrano i valori più alti. Dallo studio risulta che  circa la metà delle differenze inventariali sono di natura sconosciuta quindi difficile rintracciarne le cause. Il restante 52% è attribuibile a furti (da clienti e dipendenti), scarti e rotture, errori amministrativi e contabili e frodi commesse da fornitori. In netto aumento, secondo la metà circa di chi ha risposto,  i furti di necessità. Già in aumento dal 2019 al 2020 con un valore medio della merce rubata o recuperata nei singoli episodi pari a 40 euro.

Occorre anche considerare che, secondo la Cassazione il furto al supermercato da 50 euro non è punibile data la tenuità del fatto. A questo aggiungo la  vexata quaestio rispetto al reato contestabile: “furto” o “tentato furto”. Sempre la Cassazione ci spiega che, nell’ambito di un supermercato, se la merce viene sottratta dagli scaffali e l’autore riesce a superare le casse senza pagare risponderà soltanto a titolo di “tentato furto” soprattutto qualora la sua azione sia stata costantemente monitorata dalla vigilanza e questa lo abbia fermato all’uscita. Ciò in quanto ancorché la merce sia stata sottratta, non vi è stato effettivo impossessamento della stessa. Inutile commentare. Ricordo la vicenda avvenuta in un ipermercato nel quale un dipendente venne filmato mentre sottraeva un piccolo televisore dal reparto. Fermato nel piazzale nel bagagliaio della sua auto è stato rinvenuto,  come ovvio, il televisore quindi l’azienda lo ha licenziato. In tribunale il giudice ha dato torto all’azienda respingendo così il licenziamento. Il filmato si interrompeva all’uscita del punto vendita e quindi non esisteva la prova certa che il televisore fosse  stato messo sull’auto dal dipendente stesso. Che dire? Leggi tutto “Grande Distribuzione. Ridurre furti, frodi, scarti e inefficienze varie”

COOP. Il futuro non si aspetta, si fa…

   Oggi le insegne della Grande Distribuzione si possono valutare sui fatturati, sui margini,  sulla capacità di anticipare le esigenze dei clienti o sull’innovazione. Questo resta una priorità per il management e per gli esperti del comparto. Altri criteri contribuiscono a determinarne però l’identikit per chi le frequenta e le sceglie. Innanzitutto la convenienza nelle diverse declinazioni possibili, l’impegno sull’ambiente e a favore del contesto territoriale dove operano, la capacità di attrarre e valorizzare il lavoro. Nel caso di Coop, il cliente esterno da valorizzare nel ruolo di socio e il cliente interno da avere a bordo convinto e consapevole della “maglia” che indossa.

Su questa “doppia natura” Coop continua la sua corsa in solitaria. Su alcuni di queste priorità è arrivata prima degli altri. Sul rispetto del lavoro e il rispetto delle regole di ingaggio definite dai contratti nazionali e aziendali è certamente ancora la prima della classe. Soprattutto per i livelli medio bassi. Altre insegne GDO però stanno arrivando ad insidiarne il primato sulla gestione del personale. Era ora. Assistere alle gare di vertice è più invitante che osservare chi lotta per non retrocedere. Oggi propongo due esperienze, tra quelle che compongono l’universo Coop. Unicoop Firenze e Coop Alleanza 3.0.

Sull’ambiente, l’impegno di Unicoop Firenze, una delle sette grandi cooperative di consumatori del sistema Coop, viene da lontano (https://bit.ly/3udtrqg). Almeno dagli anni ‘80 quando l’interesse  collettivo sul tema era ancora tutto da costruire. Basti ricordare la sensibilizzazione sull’uso delle buste di plastica, sul buco nell’ozono e sull’abuso di pesticidi. Oggi il riferimento è l’Agenda 2030 sottoscritta nel 2015 da parte di 193 Paesi tra cui l’Italia che si basa su cinque concetti chiave, rappresentati dalle famose cinque “P”: 1) Persone 2) Prosperità 3) Pace 4) Partnership 5) Pianeta e  da cui la cooperativa ha tratto le linee e gli obiettivi della propria azione.

Sull’energia dal 2013, anno di installazione del primo impianto fotovoltaico nel Coop.fi di Ponte a Greve ad oggi, la cooperativa ha realizzato 50 impianti fotovoltaici in grado di produrre 13 milioni di kWh annui da fonti rinnovabili, pari al 10% del fabbisogno energetico della cooperativa. Negli ultimi anni la cooperativa ha installato 130 colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici nei parcheggi di 43 strutture commerciali. Tra i principali progetti a favore delle comunità e coinvolgendo scuole e associazioni sul territorio, quello dei boschi didattici grazie al quale, nel triennio 2021 – 2023, sono stati realizzati 48 boschi didattici in 26 Comuni delle sette province in cui opera la cooperativa. Il progetto ha coinvolto oltre 280 classi delle scuole primarie coinvolte per un totale di circa 6mila bambini coinvolti. Tra le attività di promozione della sensibilità ambientale, il progetto Liberi dai rifiuti organizzato, a partire dal 2019, in collaborazione con Legambiente e con le amministrazioni locali. 

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Esselunga. La mossa a sorpresa dell’azienda milanese…

Non so se Marina Caprotti o qualcuno tra i suoi collaboratori più fidati ha studiato dai Gesuiti. “Entrare dalla porta dell’altro per uscire dalla propria” ha caratterizzato da sempre la loro strategia di penetrazione. Esselunga, alle prese con una concorrenza “tignosa” nei suoi territori di elezione e sul suo terreno tradizionale si appresta ad una mossa decisiva per il suo futuro: provare ad uscire dai suoi confini territoriali e di business.

Il 14 novembre partirà lo scaffale digitale di enoteca.esselunga.it L’obiettivo è di arrivare in  tutte le regioni italiane, non solo quelle del Centro-Nord, dove tradizionalmente è presente Esselunga, ma anche quelle del Sud e le isole. Lascio agli esperti le analisi sul mercato dei vini, dell’online e sulle possibilità o meno di successo di questa operazione.  Esselunga oggi non parte da zero. 350 milioni del suo fatturato vengono dai vini. Ben 100 milioni di etichette vendute da Esselunga nel 2022.

Sulla sua strada oltre al big Tannico, che fa capo a Campari e Moët Hennessy del gruppo Lvmh, ci sono insegne come Callmewine, Bernabei, vino.com, Cortilia, signor vino, etiliKa, Wine shop e molti altri piccoli distributori. C’è però un dato negativo sottolineato dall’esperto Emanuele Scarci su Distribuzione Moderna: “La nuova proposta omnicanale di Esselunga arriva in un momento negativo per l’e-commerce del vino che, dopo la grande illusione del periodo pandemico, sconta, da un biennio, una caduta a due cifre del business. Per esempio, big player puri come Tannico (controllata da Lvmh e Campari), Italian wine brands e Callmewine (gruppo Pesenti) non riescono a mantenere i fatturati e, in un paio di casi, con perdite operative consistenti. Anzi finora il business si è dimostrato strutturalmente in perdita” (https://bit.ly/49wu7XI).

Per Esselunga, però, questo  “è un passo strategico per il gruppo presieduto da Marina Caprotti perché da martedì Esselunga si presenterà sul mercato del vino di pregio come pure play company” come ha sottolineato Daniela Polizzi. Sarà un modo per il gruppo di arrivare in Italia e di ampliare l’ecosistema di Esselunga» ha dichiarato Roberto Selva in Esselunga dal 2010 è oggi Chief Marketing & Customer Officer del Gruppo al Corriere  (https://bit.ly/3skK4ji). Personalmente sono convinto che il 2024 sarà un anno decisivo per l’azienda di Pioltello. Se dovessi sintetizzarlo in uno slogan direi: “lascia o raddoppia”. L’azienda è ad un bivio. Circondata da una concorrenza agguerrita, impossibilitata a migliorarsi sul suo terreno essendo già la prima della classe come redditività ed immagine presso i suoi clienti, ha poche mosse a disposizione se non vuole declinare. Gli  Esse, i suoi piccoli negozi, sono una risposta tattica. Non certo una strategia che migliora i conti dell’azienda. Il dilemma che deve affrontare la proprietà è chiaro. O cede l’azienda per evitare il declino o tenta un rilancio oltre i suoi confini.  Leggi tutto “Esselunga. La mossa a sorpresa dell’azienda milanese…”

La Grande Distribuzione deve migliorare nel punto vendita…

La recente vicenda Unes, indipendentemente da come evolverà, con la messa in discussione del ruolo e dello status del responsabile di negozio e l’inaugurazione del negozio Tuday  Conad senza casse di Verona rimettono al centro l’importanza o meno di chi vive e lavora nel punto vendita nella GDO. Premetto l’enorme differenza tra i due  casi. Il primo è un autogol di chi gestisce pro tempore l’azienda milanese. Il secondo, l’abolizione della casse, consente di aprire, di fatto,  una nuova era sull’evoluzione del lavoro richiesto in un punto vendita e la qualità del servizio al cliente. Per ora in fase poco più che sperimentale in diverse parti del mondo.

Chi non lo capisce provi a ritornare a cosa c’era prima del supermercato, del telepass o del bancomat. Ai mobili che l’Ikea fa montare direttamente  al cliente. Lavori che scompaiono o che modificano la professionalità richiesta. Arriveranno nuove pratiche e nuove tecnologie. Non è solo un problema di casse automatizzate. L’intelligenza artificiale si incaricherà di rilevare rotture a scaffale, automatizzare le prese d’ordine, individuare le date di scadenza dei prodotti, facilitare l’inventario, controllare la freschezza di frutta e verdura, rilevare gli errori di prezzo, cambiare la logistica, ecc. L’arrivo di questi nuovi metodi di lavoro è irreversibile e spingerà a cambiare in profondità i mestieri della GDO così come li abbiamo conosciuti e costruiti nel novecento anche all’interno del punto vendita. E questo a prescindere dall’on line o dalle formule miste di cui si parla soprattutto nei convegni. 

Nei negozi di Amazon Go l’occupazione non diminuisce. Cambia il back office e cambiano i mestieri nel punto vendita. Spariscono le cassiere ma  aumenta il servizio. Quindi deve crescere la professionalità degli addetti per convincere il cliente stesso  a   restare il più a lungo possibile nel punto vendita, visto che non perderà più tempo alle casse. Questa  sarà la prossima sfida. Se ci fosse un minimo di sincerità bisognerebbe ammettere che, la stragrande maggioranza delle insegne ha lavorato negli anni  (chi più, chi meno) per rendere assolutamente invisibili i propri collaboratori agli occhi dei clienti. L’esatto contrario di quello che occorrerebbe fare. Posizione del negozio e offerta commerciale sono sempre stati ritenuti gli unici elementi imprescindibili per il successo. Il resto veniva comunque dopo. Fino a poco tempo fa la cassiera era addirittura valutata per la sua velocità alle casse. Così da smaltire il più rapidamente possibile la coda dei clienti. “Viva le cassiere” è stato lo slogan più citato durante la pandemia. Ovviamente senza alcuna conseguenza positiva per il ruolo. Infatti il contratto di lavoro è fermo dal 2019.

Il responsabile del negozio, al contrario, è sempre stato valutato dalla sua capacità di gestione dei problemi e dell’organizzazione. È bravo, mi si consenta un paradosso,  quando il cliente nono lo conosce. Vuol dire che tutto sta filando liscio. Carriera e promozioni nel PDV fino a poco tempo (e forse, anche ora, in molte realtà della GDO) sono state caratterizzate dal cosiddetto “presentismo”. Lo slogan veicolato ai più giovani è sempre stato: “non devi contare le ore che fai”.  Per crescere occorre mostrare disponibilità, voglia di imparare, impegno. Se assunto a part time, a tempo determinato o aspiri a crescere professionalmente, devi “dare” all’azienda per poi sperare di ottenere qualcosa in cambio. Leggi tutto “La Grande Distribuzione deve migliorare nel punto vendita…”

Grande Distribuzione. Con il carrello tricolore si chiude una fase. Adesso occorre guardare avanti.

La mancata convergenza su possibili candidati imprenditori alla guida di Federdistribuzione dopo il flop della selezione esterna ha prodotto, a marzo di quest’anno, un ottimo Presidente di transizione: Carlo Alberto Buttarelli. A memoria solo Cobolli Gigli aveva superato il soffitto di vetro dell’impalpabilità grazie al suo passato. La Federazione era guidata, di fatto, dal suo storico direttore Generale Massimo Viviani. I presidenti, durante i loro mandati, non se li è mai filati nessuno al di fuori dei convegni o dalle interviste sulle riviste di settore.

In effetti, la  GDO non ha mai avuto bisogno, in passato, di avere una leadership vera né una rappresentanza forte. Le insegne leader non le hanno mai volute. Tolto qualche lite in famiglia con Confcommercio sulle liberalizzazioni, per anni, alla GDO, è convenuto stare sottovento nella pancia della Balena di piazza Belli. Quando il sindacato era una controparte ruvida, poter contare su un contratto di lavoro tra i meno onerosi in circolazione era un plus indiscutibile. Semmai da rimodulare, ciascuno a casa propria, con la contrattazione aziendale.

Confcommercio, in cambio dell’adesione dell’intera GDO, assorbiva a livello nazionale i contraccolpi delle liti locali tra le sue associazioni territoriali e le singole insegne che, nel frattempo continuavano a crescere. Tolta Coop, nell’epoca dei governi più o meno di centro sinistra,  praticamente nessuna insegna faceva politica a livello nazionale mentre a livello locale, gli imprenditori più svelti e lungimiranti, in cambio delle posizioni migliori, ingolosivano i politici e gli amministratori locali con gli oneri  di urbanizzazione, con le assunzioni e magari con qualcosa d’altro. Quella fase si è chiusa quando le posizioni migliori ricercate per i formati tradizionali, si sono di fatto ridotte, altri formati sono stati premiati dai clienti   e le diverse insegne hanno intuito le difficoltà del sindacato ormai indebolito dal deciso apporto delle nuove formule di  flessibilità in entrata del lavoro e la conseguente ripresa del governo dell’organizzazione del lavoro da parte delle direzioni del personale o direttamente dall’imprenditore stesso. Le rigidità del lavoro imposte dai Contratti nazionali e aziendali potevano così essere affrontate e, nel tempo, superate.

Federdistribuzione  in tema di lavoro non ha mai avuto una sua identità negoziale riconosciuta perché resta una semplice sommatoria di aziende con un portavoce. Nonostante sia ormai passato molto tempo dall’ultimo rinnovo del CCNL la federazione e la sua  “commissione lavoro” non sono ancora riuscite a impostare una traiettoria originale di riferimento per le imprese e metterla a terra. Il contratto resta una sostanziale ricopiatura di quello di Confcommercio.  La federazione non riesce ad individuare su cosa potrebbe essere possibile costruire uno scambio credibile che guardi al futuro del comparto e condividerlo con il sindacato di categoria. I contratti nazionali, però, si fanno così. E soprattutto si fanno in due. Altrimenti resta solo il negoziato sul salario. Ma il contratto nazionale ha un’altra funzione. L’assunzione oggi di un ruolo di interlocutore politico e sociale vero,  rende però indispensabile costruire una leadership anche sul versante sindacale. Le aziende principali devono esporsi. L’autorevolezza delle federazioni di Confindustria passa anche dalla loro capacità di innovare i contratti e di convincere l’interlocutore sociale a condividerne le traiettorie.

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Patrizio Podini e la “sua” MD alla conquista dello spazio (a Milano)…

Ogni volta che visito un nuovo punto vendita che apre a Milano o nell’hinterland penso sempre  al gioco della moneta da un centesimo che viene fatta cadere  in un bicchiere colmo d’acqua. Ci starà anche questo, mi domando? Come con le monete che scendono nel fondo del bicchiere, lo spazio sembra esserci  sempre. Magari a scapito di altri. La città metropolitana di Milano ha perso dal 2019 circa 32.000 abitanti. Milano città però è ritornata ai livelli pre-covid sopra il milione e quattrocentomila residenti inclusi i milanesi non italiani (comunitari ed extracomunitari con regolare permesso di soggiorno). Almeno 200.000  milanesi però vivono sotto la soglia di povertà. Persone che l’inflazione ha reso ancora più povere e Milano, non serve sottolinearlo, resta una città cara da viverci.

Polarizzata sul piano della disponibilità economica. Differenziata sia tra quartieri che all’interno dei quartieri stessi. I punti vendita vecchi e nuovi funzionano come vasi comunicanti. Quando ne apre uno nuovo si sa che toglierà clienti agli altri. La diffusione sul territorio favorisce una sorta di nomadismo negli acquisti, lo scontrino tende a ridursi e quindi l’attrattività, ovvero l’offerta costruita su misura del cliente, diventa decisiva. Per questo lo stesso franchising, che rappresenta  l’esaltazione  del micro, anche se un po’ sgarrupato, funziona bene in questo contesto territoriale. Più lo scontrino si abbassa più i  negozi si assomigliano un po’ tutti. Ovviamente la gestione dei costi è fondamentale perché il cliente va dove gli conviene.

Esselunga, la leader cittadina è circondata da una pluralità di proposte che la costringono a risposte tattiche che rischiano di snaturarne il profilo. È come se i concorrenti ne percepissero le difficoltà. Gli Esse sono sicuramente più completi  di altri paesi formato ma rischiano di andare in sofferenza. L’azienda di Pioltello ha uno standing che non può venire meno e che deve mettere in campo anche nei punti vendita più piccoli. E questo costa. Sulla fascia alta, Iperal e Tigros, stanno penetrando in città e “martellano” dall’hinterland  le posizioni più esposte. Carrefour e PAM, pur anch’esse con qualche affanno  (attutito  però  dai franchisee), incidono comunque sulla piazza,  mentre i discount, veri o presunti tali, lavorano ai fianchi il leader cittadino che così soffre. Difficile non andare con la memoria alla rinuncia di Conad sulla città dopo l’acquisizione dei PDV di Auchan. Un’occasione perduta dalla prima della classe forse proprio per paura di doversi misurare con Esselunga. Un segnale evidente delle difficoltà interne al consorzio, nel saper gestire il primato, che sarebbero emerse  di lì a poco..

MD è un’insegna tosta. Sa come e dove colpire. Aveva pianificato sulle tv digitali (Rai Play, Mediaset Play, canali di Ciaopeople e su YouTube) 5 brevi racconti per affrontare con ironia gli stereotipi e i preconcetti che circondano i prodotti del discount. Il nome era tutto un programma: “È tale  e quale!”. Centromarca ha immediatamente invitato e diffidato MD a provvedere alla sospensione della campagna. La campagna è stata sospesa. Un peccato. In questo mondo un po’ curiale dove tutte le insegne (non solo i discount) pensano sul serio che la loro MDD “è tale e quale” al prodotto di marca, quegli spot rompevano gli schemi. Colpivano nel segno come quello  della “spesa intelligente” di Eurospin. Il leader tra i discounter. L’esatto opposto della campagna nazional popolare con la rassicurante Antonella Clerici che, insieme al cavaliere, gigioneggiano, augurando  Buona Spesa all’Italia intera. Leggi tutto “Patrizio Podini e la “sua” MD alla conquista dello spazio (a Milano)…”

Il Carrello tricolore ha tolto la GDO dal banco degli accusati. Adesso occorre andare oltre..

Continuo a pensare che siano due facce della stessa medaglia. Da una parte le dichiarazioni del Ministro Urso. La politica che cerca di sfruttare il fatto di essere nel posto giusto al momento giusto. Dall’altra gli opinionisti che spaccano il capello in quattro per ribadire una cosa ovvia: l’inflazione segue traiettorie molto complesse  impossibili da mettere sotto controllo soprattutto in un contesto geopolitico come quello che stiamo vivendo. Non sarà certo per un accordo di buon senso come quello  del “carrello tricolore” che ha coinvolto la quasi totalità della Grande Distribuzione e solo una parte dell’industria alimentare di marca.

Anziché cercare di capire, se e quanto, il “carrello tricolore” ha favorito, e in che modo, la ripresa di fiducia dei consumatori  nei confronti della GDO pur nei diversi formati si insiste  in esercizi inutili.  Italia Fruit news ha pubblicato (https://bit.ly/49oNCle) un’analisi proposta da Quick Service (il servizio “espresso” del Monitor Ortofrutta di Agroter) sull’analisi settimanale delle vendite di ortofrutta. Dopo tre settimane dall’applicazione del provvedimento, il non coinvolgimento dell’ortofrutta nell’iniziativa l’ha penalizzata. E sono solo tre settimane. Io aspetterei dicembre per tirare conclusioni.

Ci sono addirittura giornalisti che si sono  presentati nei punti vendita a poche ore dell’avvio del “carrello” per sostenere  che l’iniziativa  era fallita prima ancora di cominciare. O poco sentita dalla stessa GDO solo per aver rilanciato le dichiarazioni di  qualche manager che parlava a titolo personale. Cattiva comunicazione da entrambe le parti. Ovviamente la polemica  è solo contro la strumentalizzazione  interessata  del ministro.  Ma cosa ha detto, in concreto?  Che il calo dell’inflazione in Italia è merito del Governo. Cosa ovviamente non vera.  Quando ho letto le dichiarazioni del ministro, ho dato al tweet il peso che meritava e sono passato oltre.  Ma tant’è.

Anche perché ci sono top  manager che non si ricordano le enormità che vengono “sparate” nelle convention aziendali per motivare la truppa. Lo stesso fa la politica. Per i detrattori, nell’industria  alimentare e in parte della GDO,  il Patto, come il matrimonio tra Renzo e Lucia, non era da fare. Anche dopo la firma, non sentono ragioni. Inutile spiegare loro che con questo accordo la GDO ha evitato di finire sul banco degli imputati. Inutile ricordare che le promozioni e gli impegni messi in campo  fino all’accordo, e che avevano inciso pesantemente sui margini, non erano state nemmeno colte dai consumatori. Inutile spiegare che il patto, come ho già scritto, ha messo tutte le insegne e i formati distributivi sullo stesso piano agli occhi dei clienti. Ancora più inutile spiegare loro che essere interlocutori della politica  con un Governo che,  durerà e legifererà su materie cruciali anche per la GDO fino alla fine della legislatura, se non ancora più a lungo, è fondamentale. E non lo si sarebbe mai diventati alzandosi da quel tavolo..

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Despar. Una realtà GLOCAL della Grande Distribuzione..

Non è da molto che frequento i press day delle insegne della Grande Distribuzione. C’è la concreta possibilità  di trovarsi ad ascoltare l’oste che non può che parlare bene del suo vino.  Soprattutto è difficile comprendere il legame tra quelle presentazioni  e la realtà quotidiana senza frequentare i loro negozi. Il rischio così è che le insegne, a chi ascolta, sembrino un po’ tutte uguali. Poche, nel comparto,  giocano per vincere il campionato. La maggior parte di loro gioca per non retrocedere. Fino a poco tempo fa la crescita era sostanzialmente assicurata dalle nuove aperture e dalle acquisizioni. Dentro il PDV, dalla ricchezza, dalla qualità dell’offerta e dalla convenienza. Oggi la partita sta cambiando. La proliferazione di insegne e formati spesso confinanti spinge il cliente a frequentarne più d’uno. C’è chi dice, almeno sei. Le borse variopinte alle casse spesso segnalano questa “infedeltà”.

I “press day” hanno però un pregio. Consentono di capire il grado di consapevolezza dell’insegna rispetto a questi cambiamenti in corso. Con questo spirito mi sono recato alla presentazione di Despar. Conoscevo poco questa azienda. Il punto vendita di Malé in Val di Sole che frequento per diversi mesi all’anno, il loro direttore risorse umane Angelo Pigatto e Fabrizio Colombo, oggi Despar Sardegna, con cui, in passato,  siamo  stati colleghi in Standa.  Due ottimi professionisti che avevo perso di vista. Non avevo altri riscontri diretti. L’evento era a casa LAGO, un grande appartamento nel centro di Milano in grado di trasformarsi in una location per incontri di business rinominata  per l’occasione in “Casa Despar”. Lì, ho incontrato i due artefici principali della Despar di oggi. Il Presidente, Gianni Cavalieri, un imprenditore siciliano esperto, grande navigatore e profondo conoscitore del comparto e Filippo Fabbri il Direttore Generale che vanta una  carriera  significativa a cavallo tra industria alimentare e GDO.

Despar è un  consorzio di imprese che  riunisce sotto  l’insegna  6 aziende della distribuzione e quasi un migliaio di affiliati con  un fatturato di 4,14 miliardi di euro e circa 1400 punti vendita collocandosi tra le prime dieci insegne italiane. Assente in alcune regioni centrali (Toscana, Marche e Umbria). Cresce al sud (Puglia, Calabria e Sardegna) e in alcune regioni del nord (Piemonte, Liguria e Emilia Romagna). È una multinazionale tipicamente “Glocal”, in grado di pensare globalmente e agire localmente. Spar International, il gruppo mondiale della distribuzione associata è presente in 48 Paesi con un fatturato complessivo di 43,5 miliardi di euro in crescita (https://www.desparitalia.it/spar-international/).

È presente sul territorio nazionale in 17 regioni italiane con le insegne Despar, Eurospar e Interspar. Nel Consiglio di amministrazione di Despar Italia sono entrati due nuovi amministratori, Marco Fuso (Despar Nord Ovest) e Francesco Montalvo (Despar Nord Est), insieme a Pippo Cannillo (Despar Centro Sud), Fabrizio Colombo (Despar Sardegna) e Toni Fiorino (Despar Messina). Paul Klotz di Aspiag Service, che ha ricoperto la carica di presidente dal 2016, assume il ruolo di vicepresidente. Interessante la strategia GLOCAL: attenzione alla sana alimentazione, sostenibilità e promozione di prodotti locali e filiere agroalimentari italiane. Attualmente, oltre il 90% dei fornitori delle linee Despar sono italiani e producono in Italia. Leggi tutto “Despar. Una realtà GLOCAL della Grande Distribuzione..”

Logistica GDO e non solo. Che sta succedendo?

I piazzali della logistica sono in ebollizione. Pochi lo stanno sottolineando. Il sindacalismo di  base nelle sue varie colorazioni ha lanciato la sua parola d’ordine unificante e “pericolosamente” condivisa: “internalizzare ciò che è stato esternalizzato”. Una sorta di “reshoring” aziendale forzato. Come per i rider. Tutti dipendenti diretti. Ma qui si parla di un comparto molto più complesso del home delivery. Tra una parte della magistratura milanese che giustifica il blocco delle merci e i picchetti come fossimo negli anni 70 e l’affanno dei sindacati confederali dal comparto privi di una strategia condivisa, la tensione continua a salire.

Il tema centrale,  nei  prossimi mesi  è se CGIL-CISL-UIL  unitariamente o a livello di singole organizzazioni si metteranno ad inseguire i Cobas sul loro terreno o si porranno in una logica di gestione delle conseguenze dell’evoluzione del sistema logistico nazionale. Le spaccature tra CGIL e UIL da una parte e CISL dall’altra sul giudizio di ciò che sta facendo il Governo, così come in alcune vicende aziendali, segnalano uno scenario sindacale in movimento. Capirne la direzione è importante.

Intanto nella logistica si sta giocando una partita decisiva. Le aziende, sia industriali che commerciali stanno cercando di ridisegnare i propri  confini   organizzativi per renderli più vicini alle esigenze dei clienti ma stanno anche correndo ai ripari a seguito delle continue difficoltà incontrate nella gestione  dei loro magazzini pur terziarizzati proprio per l’azione antagonista dei sindacati di base. E questo provoca conseguenze inevitabili. Con l’affermazione del concetto di supply chain  si è passati  nel tempo da una funzione di supporto organizzativo ad una funzione strategica per lo sviluppo delle singole aziende. L’outsourcing logistico è inevitabile perché consente una concentrazione sul core business e costituisce una soluzione decisiva per tutte le aziende che ricercano nuovi metodi e una soluzione per alzare il livello di efficienza aziendale e di produttività, indispensabile per competere oggi. La logistica moderna non comprende semplicemente, come in passato,  il trasporto merci o la gestione dei  magazzini. Si vanno a coinvolgere settori ben più ampi di questi: dalla rete di approvvigionamento delle materie prime alla distribuzione della merce, passando dal processo di ordine ed eventualmente di gestione del reso.

Ognuno di questi aspetti, inevitabilmente, va a influire su tutti gli altri. Dalla sua attenta pianificazione, in un regime di forte concorrenza come quello attuale, può dipendere il successo o l’insuccesso imprenditoriale di un’azienda. È chiaro che i costi logistici, gli appalti e i relativi sub appalti, la gestione stessa dei magazzini e del personale da parte dei terzisti sono un fattore chiave in termini di efficienza e di produttività del sistema. E questo porta con sé una serie di contraddizioni sugli addetti, gestiti spesso spregiudicatamente, che devono essere affrontato e risolti rapidamente. Senza questo scatto in avanti del comparto situazioni legittime di cambiamenti di strategia vengono strumentalizzate e bloccate con pesanti conseguenze economiche sulle imprese logistiche serie ma anche sulle imprese committenti.  Leggi tutto “Logistica GDO e non solo. Che sta succedendo?”