Fusione Fnarc Darty e Unieuro. Giusta la strategia ma il diavolo sta nei dettagli del percorso…

L’Opas di Fnac Darty e Ruby Equity Investment su Unieuro com’era prevedibile ha avuto successo. La soglia minima del 66,67% è stata superata e oltre 6,3 milioni di azioni, pari a circa il 30% del capitale, sono state consegnate nella seduta del 25 ottobre. Fnarc Darty oggi controlla il 71,5% del capitale, compreso il  4,4% racimolato sul mercato prima dell’opas. Tutto fatto quindi? Temo proprio di no.

Domenica 17 e lunedì 18 novembre 2024 si terranno le elezioni regionali in Emilia-Romagna. Qualcuno ipotizza l’annuncio di “golden power”.  I partiti politici, impegnati all’ultimo voto in una regione che sta vivendo momenti difficili, guardano, insieme ai sindacati  a Roma e chiedono, all’unisono  “se intende procedere con l’utilizzo del Golden Power sull’offerta del gruppo francese, una procedura che permetta al Governo di bloccare o apporre particolari condizioni a specifiche operazioni finanziarie nell’interesse nazionale, in settori considerati strategici”. È un momento teso nei rapporti con i francesi. Sullo sfondo aleggia Stellantis e le promesse non mantenute di Tavares. Nessuno si fida di nessuno. Tantomeno i forlivesi.

Il Golden Power, di fatto, è un’autorità speciale che consente a un Paese di prendere decisioni chiave o di influenzare l’operatività di un’azienda. Può essere applicato in diversi contesti e situazioni. È in sostanza  “la facoltà di dettare specifiche condizioni all’acquisto di partecipazioni, di porre il veto all’adozione di determinate delibere societarie nei confronti di aziende che ricadono nell’interesse nazionale”. Il commercio, in realtà, non lo è. Ma i dati dei clienti, per qualcuno,  potrebbero esserlo. L’agenzia multimediale economica Bloomberg cita, al riguardo, fonti “informate sulla questione”, secondo cui l’esecutivo potrebbe valutare se imporre limitazioni all’influenza di Fnac Darty su Unieuro. E le limitazioni riguarderebbero l’accesso dei francesi ai dati sensibili di milioni di clienti, con le relative preoccupazioni riguardanti anche i pagamenti digitali degli utenti.

Per ora non ci sono commenti ufficiali. Si sa che il ministro del made in Italy D’Urso non è mai stato convinto di cedere ai francesi Unieuro. E tutti i partiti dell’intero arco costituzionale, con varie motivazioni, sollecitano  il “No Pasaran”.  C’è però un problema difficile da negare: l’azionista principale della Unieuro è già francese: dal 2021 la Iliad di Xavier Niel possiede il 12%, la famiglia del fondatore Silvestrini ha meno del 10%, ma la catena di negozi è stata costruita a sua volta grazie al fondo britannico Rhone Capital. Difficile definirla italiana. 

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Tony Hoggett lascia Amazon.

La notizia non passerà certo inosservata. E il primo a comunicarla su LinkedIn è stato il diretto interessato spiazzando sia l’azienda, presa un po’ alla sprovvista,  sia le riviste USA del comparto che non avevano evidenziato problemi. “Dopo quasi tre anni in Amazon, è arrivato il momento di fare il passo successivo nella mia carriera. Il mio tempo in Amazon è stato incredibile e sono grato ai miei colleghi per il loro supporto, la loro guida e la loro amicizia. Sono ottimista riguardo al lavoro che Amazon sta facendo per migliorare l’esperienza di acquisto dei clienti e non ho dubbi che i team manterranno lo slancio in mia assenza. Farò il tifo per tutti voi”.

Tony Hoggett, SVP, Worldwide Grocery Stores lascia quindi Amazon. Ex dirigente di Tesco, Hoggett ha iniziato a lavorare in Amazon nel gennaio 2022 e ha fatto parte fino ad oggi, del senior leadership team dell’azienda, o S-team, che si incontra regolarmente con il CEO di Amazon Andy Jassy e gli altri alti dirigenti. L’S-Team  comprende i 23 consiglieri più fidati ed è il luogo deputato a  prendere le decisioni strategiche a lungo termine che  modellano il business aziendale. Gli incontri quotidiani coinvolgono per lo più membri dell’ S-Team sul lato retail dell’azienda, come Doug Herrington, CEO, Worldwide Amazon Stores,   Brian Olsavsky, SVP and CFO,  Udit Madan, VP, Worldwide Operations, Drew Herdener, SVP, Communications & Corporate Responsibility  e la responsabile delle risorse umane Beth Galetti, SVP, People eXperience and Technology. Vedremo presto chi sostituirà Tony Hoggett.

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Retribuzioni top manager USA. Cresce l’insofferenza anche nei confronti degli azionisti che le avvallano

In Italia, soprattutto in GDO, siamo molto lontani da queste cifre. E comunque non si parla volentieri delle retribuzioni come avviene in altre parti del mondo. Qui da noi, nel dibattito pubblico, il denaro è ancora ritenuto “lo sterco del diavolo”. Difficile parlarne in modo trasparente. Aggiungo che, nella GDO, non essendoci aziende quotate in borsa i pacchetti retributivi dei top manager pur essendo decisamente più bassi, non sono pubblici. Altrove il tema è all’ordine del giorno. Secondo un  rapporto dell’Economy Policy Institute dal 1978 al 2023, la retribuzione dei CEO di alto livello è aumentata dell’1,085%, rispetto a un aumento del 24% della retribuzione di un lavoratore medio.  Nel 2023, l’Ad di una società S&P 500 ha guadagnato 196 volte di più rispetto ai dipendenti medi, nel 2022 il compenso era di 185 volte superiore (Lo stipendio lordo medio in America è stato di $59,980 nel 2023. Era di $56,428 nel 2022 (+5.4% rispetto al 2021). Nel 1965, quando venivano pagati 21 volte di più.

I CEO vengono pagati di più per la loro influenza sui consigli di amministrazione aziendali, non solo per le loro competenze o per il contributo che apportano alle loro aziende. Secondo i primi risultati di un sondaggio condotto da Gallup e dall’Università di Bentley, due terzi degli americani ritengono che le aziende non si stiano impegnando a ridurre il divario di ricchezza tra gli amministratori delegati e i dipendenti.  Gli stipendi esorbitanti dei CEO hanno contribuito ad aumentare la disuguaglianza negli ultimi decenni, poiché hanno probabilmente aumentato lo stipendio di altri grandi percettori di reddito, concentrando i guadagni al vertice e lasciando meno guadagni per i lavoratori comuni. “Le retribuzioni dei Ceo sono scandalose. E minano enormemente la fiducia nelle nostre istituzioni”, ha dichiarato Nell Minow, vicepresidente di ValueEdge Advisors, alla CNN, che ha riportato per prima i risultati del sondaggio. L’articolo completo è disponibile su Fortune.com.

Aggiungo che l’inflazione oltre ad essere una tassa iniqua e particolare che colpisce inversamente il reddito negli USA ha lasciato un segno pesante ed è diventata un elemento centrale addirittura della campagna elettorale. Molte imprese, inutile negarlo, hanno rimesso a posto i loro conti nel 2023 dopo qualche anno di magra. E i top manager che avevano parte della loro retribuzione legata ai risultati di business e all’andamento azionario ci hanno guadagnato. E il 2023, sotto questo punto di vista è stato per loro molto positivo. E se il fenomeno inflativo in parte è rientrato, le code sul reddito delle persone continuano a  produrre effetti diseguali.

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Gli italiani vogliono salvare il pianeta…. senza rinunciare al buon cibo.

Uno studio del 2023 condotto da Profundo (una piattaforma di ricerca basata sull’IA) per  Madre Brava ha evidenziato  che se in Europa  Ahold Delhaize, Carrefour, Lidl e Tesco sostituissero metà delle loro vendite di carne con proteine vegetali entro il 2030, risparmierebbero  emissioni equivalenti a quelle che si otterrebbero togliendo 22 milioni di auto dalle strade, la metà delle auto circolanti nel nostro Paese. Che si tratti di un’iperbole per impressionare gli interlocutori o segnali  un dato realistico  con cui è necessario confrontarsi stiamo comunque parlando del futuro del pianeta.

Nella Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento europeo,  si è iniziato  lavorare alla Strategia europea sulle proteine già nella legislazione appena conclusa. C’è quindi un ampio consenso in Europa sulla necessità di promuovere le colture proteiche. Nella nuova Politica Agricola Comune, infatti, è previsto l’aumento pari al 25% degli aiuti economici previsti nel 2022 per permettere agli agricoltori e alle aziende di ridurre la dipendenza dalle importazioni e coltivare in autonomia più proteine vegetali e più leguminose. Questa Strategia europea è fondamentale per accelerare la transizione ecologica e lo sviluppo sostenibile ma di tutte le proteine vegetali e animali. Le prime, a mio parere, non dovrebbero escludere totalmente le seconde.

Paesi Bassi e Germania puntano decisamente verso un’offerta di prodotti a base vegetale. “Alcuni retailer europei hanno dalla loro ambizione e dimensioni sul mercato e quindi vogliono posizionarsi come leader, non come follower. Questi due Paesi hanno costantemente mostrato alti livelli di consapevolezza ambientale tra il pubblico, insieme a un solido lavoro da parte della società civile per esporre gli impatti dell’agricoltura animale sull’ambiente, sulla salute e sul benessere degli animali”. Aggiunge Nico Muzi Managing Director a Madre Brava: “Dopo anni di campagne di sensibilizzazione dei consumatori sui benefici per la salute, l’ambiente e il benessere degli animali derivanti dal passaggio a diete ricche di vegetali, i consumatori olandesi e tedeschi, in particolare le generazioni più giovani come la Gen Z, hanno capito che fa bene alla loro salute e a quella del pianeta mangiare più vegetali e meno carne e latticini.

In Italia è diverso. Cultura, tradizioni locali, reddito  e abitudini alimentari plasmano i modelli di consumo. Lo sottolinea la fotografia che emerge da una ricerca realizzata da SWG per Carrefour Italia su un campione rappresentativo di italiani, per comprendere come si orientano i comportamenti di consumo in ambito food rispetto al binomio gusto e sostenibilità. “Gusto ma non a tutti i costi. Gli italiani mettono il buon cibo al centro della loro dieta, e chiedono prodotti attenti all’ambiente, freschi e di provenienza locale ma a un giusto prezzo. La transizione alimentare secondo gli italiani passa più dalla lotta agli sprechi alimentari e da una maggiore consapevolezza nei consumi, che dall’aumento della produzione o da politiche centrate sul prezzo più basso possibile dei prodotti alimentari. A questo riguardo è centrale il ruolo della GDO e la sua capacità di proporre soluzioni per ridurre sprechi e imballaggi, ma anche di valorizzare i prodotti freschi locali e di stagione. Leggi tutto “Gli italiani vogliono salvare il pianeta…. senza rinunciare al buon cibo.”

E Walmart non sta certo a guardare…

Walmart Inc. non sta a guardare Amazon e anch’essa si propone sempre di più come  un retailer omnicanale. L’obiettivo dell’azienda è di mantenere la sua leadership consentendo alle persone di risparmiare denaro e vivere meglio, sempre e ovunque, nei negozi fisici, online e attraverso i loro dispositivi mobili. Ogni settimana, circa 255 milioni di clienti e membri visitano più di 10.500 negozi e numerosi siti web di e-commerce in 19 paesi. Con un fatturato dell’anno fiscale 2024 di 648 miliardi di dollari, Walmart impiega circa 2,1 milioni di collaboratori in tutto il mondo. Anche Walmart punta a rivoluzionare l’esperienza di acquisto attraverso tecnologie all’avanguardia. Sta accelerando la sua strategia Adaptive Retail, con l’obiettivo di combinare l’intelligenza artificiale generativa, la realtà aumentata e la personalizzazione per creare esperienze immersive nei negozi, nelle app e nei siti web di Walmart e Sam’s Club.

Il retailer ha sviluppato una serie di grandi modelli linguistici (LLM) chiamati Wallaby e prevede di utilizzare la tecnologia per supportare assistenti ed esperienze rivolte ai clienti. Un modello linguistico di grandi dimensioni (Large Language Model, detto LLM) è un modello di intelligenza artificiale che utilizza tecniche di machine learning per comprendere e generare linguaggio umano. Gli LLM sono strumenti di grande utilità per le aziende e le organizzazioni che puntano ad automatizzare e migliorare la comunicazione e l’elaborazione dei dati. Walmart ha formato Wallaby avendo la disponibilità  di dati interni accumulati nei decenni, che gli consentono di lavorare con altri LLM per creare risposte altamente personalizzate per l’ambiente di riferimento.

Walmart ha anche creato una piattaforma decisionale dei contenuti basata sull’intelligenza artificiale che cerca di prevedere ciò che i clienti vogliono trovare sul suo sito web per creare homepage uniche per ogni cliente in base ai suoi interessi. Il sito web aggiornato dovrebbe essere lanciato negli Stati Uniti entro la fine del 2025. Walmart punta anche in questo campo a distinguersi dalla concorrenza. L’azienda di Bentonville ha inoltre utilizzato una combinazione di piattaforme di intelligenza artificiale generativa per sviluppare una versione più personalizzata del suo chatbot AI Customer Support Assistant. L’assistente all’assistenza clienti è in grado di riconoscere il cliente, comprenderne le intenzioni e intraprendere azioni, come trovare gli ordini e gestire i resi. Walmart ha affermato che sta sviluppando decine di altri strumenti GenAI per clienti, membri, associati e partner che utilizzano le sue piattaforme GenAI.

“Una barra di ricerca standard non è più il percorso più rapido per l’acquisto”, ha affermato Suresh Kumar, Global Chief Technology Officer e Chief Development Officer di Walmart Inc. “Piuttosto, dobbiamo usare la tecnologia per adattarci alle preferenze e alle esigenze individuali dei clienti. Al centro della nostra strategia di piattaforma c’è lo sviluppo di capacità globali comuni che vengono costruite una volta e distribuite in Walmart US, Sam’s Club e Walmart International. Come azienda globale con più segmenti di business, questo ci consente di muoverci rapidamente mentre offriamo esperienze coerenti a tutti i nostri clienti e membri”. “Il cliente medio trascorre sei ore a cercare e navigare online ogni settimana” ha dichiarato Anshu Bhardwaj, SVP e COO di Walmart Global Technology e Walmart Commerce Technologies, a CX Dive alla conferenza della National Retail Federation. Gli aggiornamenti generativi dell’IA mirano a ridurre questo tempo consentendo ai clienti di utilizzare le query in linguaggio naturale e ricevere in cambio risposte più accurate. Gli investimenti tecnologici di Walmart mirano anche a migliorare le esperienze in negozio. L’azienda ha utilizzato l’intelligenza artificiale generativa per creare o migliorare la qualità di oltre 850 milioni di dati in tutto il suo catalogo di prodotti. Leggi tutto “E Walmart non sta certo a guardare…”

Selex. Sessant’anni e non li dimostra..

Al di là della querelle su chi ha guadagnato la testa  nella gara di quest’anno per il primo posto in GDO, e di cosa concorrerà a determinare il primato, Selex resta un punto di riferimento importante per chi vuole osservare l’andamento del settore dato che circa 10 milioni di italiani scelgono ogni giorno i prodotti Selex (circa 7.700 i prodotti di qualità distribuiti nei tanti punti vendita delle  Imprese Socie). È una rete di punti vendita multicanale caratterizzata da format distributivi diversi. Dal supermercato di prossimità all’ipermercato, dal superstore al discount e al cash & carry. Diciotto imprese, oltre tremiladuecento punti vendita e quarantaduemila addetti la collocano comunque ai vertici del comparto.  Pur nel pieno dell’eurforia della celebrazione del 60° anniversario Maniele Tasca ha resistito ad intestarsi il primo posto in anticipo. La platea, no. Alle sollecitazioni  di Andrea Cabrini, Direttore di CNBC è partito il grande applauso liberatorio. Io attenderei il VAR, come nel calcio, per proclamare un sicuro  vincitore. Comunque, il 2024 si chiuderà con un bel testa a testa.

Tre cose mi hanno colpito della kermesse. Innanzitutto il tributo a Riccardo Francioni. Direttore Generale di Selex per tre decenni, figura chiave nella nascita e nello sviluppo di Selex e artefice della creazione della Centrale ESD. Un grande gruppo può guardare al futuro solo se le sue radici sono ben piantate nel passato. La carrellata sui suoi fondatori e sull’origine di ciascuna insegna ha poi tributato il giusto merito a ciascuna delle diciotto realtà sottolineando l’importanza del collettivo. Uno su tutti, Giancarlo Paola di Unicomm, ha ben sintetizzato il pensiero comune con uno slogan, credo suggerito tanti anni fa dal padre,  lo spirito che anima e che distingue questa realtà: “l’interesse di Selex coincide con l’interesse dell’azienda”. La capacità di leggere e interpretare il territorio, di scambiare competenze e di  condividere regole e scelte comuni fanno di Selex qualcosa di più di una semplice centrale. Fondamentale è il clima nel CDA formato da Alessandro Revello (Dimar) alla Presidenza del Gruppo per il prossimo triennio, nominando il nuovo consiglio di amministrazione che sarà composto dai due Vice Presidenti Cav. Marcello Cestaro (Gruppo Unicomm) e Marco Odolini (Italbrix) e dai sei consiglieri di amministrazione Dario Brendolan (MaxiDì), William Camilletti (L’Abbondanza), Laura Gabrielli (Magazzini Gabrielli), Francesco Murgia (Superemme), Giancarlo Panizza (Rialto) e Francesco Pomarico (Megamark). Ma soprattutto tra il Presidente Revello e Maniele Tasca il General Manager di Selex che guida il Gruppo dal 2009.

La chiave del successo di Selex credo sia da ricercare nella capacità di collaborazione, nella valorizzazione delle differenze e delle caratteristiche di ciascuno ma, soprattutto, nel saper sviluppare le sinergie necessarie in ambito commerciale, marketing e le attività sui prodotti MDD ben  sintetizzati nello slogan “insieme per fare meglio” che descrive  la volontà dell’intera compagine. Nel 2024 Famila l’insegna più rappresentativa ha beneficiato di un importante  piano di investimenti del valore di 120 milioni di euro per le 15 aperture in programma e per 27 ristrutturazioni dei suoi punti vendita. Nel corso degli anni Famila ha raggiunto una quota di mercato pari al 3,5% nel canale I+S diventando la sesta insegna a livello nazionale. Selex opera sull’intero territorio attraverso diverse insegne.  Famila per supermercati, superstore e miniiper, A&O per supermercati di prossimità e C+C per cash&carry. I Pet Shop Animali che Passione  e le realtà locali o multiregionali. Nel canale e-commerce, Selex è attiva con CosìComodo, la piattaforma di spesa online a cui, attualmente, aderiscono 10 insegne del Gruppo e che offre diversi servizi, come click & collect, drive e home delivery.

Nel 2024 il gruppo nel suo insieme ha realizzato 65 nuove aperture (354 negli ultimi 5 anni) e 67 sono previste per il 2025. La quota di mercato 2024 è del 15,4%. In ESD insieme agli altri tre soci (Acqua e Sapone, Agorà e Aspiag) arriva al 23,4%. Questi per Selex sono stati anni di crescita. Il traguardo dei sessant’anni viene tagliato in discreta scioltezza anche perché, come ha sostenuto in una recente intervista   Massimo Baggi, direttore marketing di Selex, «Abbiamo messo in campo diverse iniziative: dalla leva promozionale alla garanzia di qualità e sostenibilità dei nostri prodotti a marchio, fino ad adottare e promuovere una visione del supermercato come luogo in cui il consumatore può vivere un’esperienza divertente e trovare risposta anche al crescente bisogno di consumare un pasto fuori casa, dove possibile aprendo bistrot e punti ristoro. Ora stiamo anche investendo – ha concluso Baggi – nella formazione del personale in store, perché i nostri addetti diventino anche loro una leva di comunicazione». Scelta fondamentale. Sul servizio e sulla soddisfazione del “cliente interno” si gioca una parte della credibilità e dell’attrattività delle insegne. Vedremo nei fatti come si concretizzerà questa importante affermazione.

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Amazon USA. L’ecosistema fa un altro passo in avanti.

Amazon sta testando l’affiancamento di mini magazzini automatizzati ai supermercati Whole Foods. Credo siano almeno quattro anni che l’azienda di Seattle si stia misurando con un problema nato subito dopo l’acquisizione nel 2017. Il nuovo formato di negozio consentirà ai clienti di acquistare prodotti online (amazon.com) e da Amazon Fresh mentre fanno la spesa a Whole Foods, consentendo loro di ritirare il tutto alla cassa. L’obiettivo è di “impedire” che, i suoi clienti, completino la spesa altrove. Circa il 70% dei clienti di Whole Foods lascia il negozio per finire di fare la spesa presso un altro rivenditore, principalmente Walmart. Whole Foods non vende prodotti con ingredienti non naturali. Ciò significa che i CPG (beni di consumo confezionati) come Coca-Cola, Ariel, Nescafé, Sprite e Schweppes, per fare alcuni esempi noti, non possono essere acquistati da Whole Foods. Questo costringe i clienti a lasciare i negozi per acquistare altrove i loro prodotti CPG preferiti.

Per questo motivo  l’azienda sta costruendo un micro centro di evasione ordini collegato a una sede di Whole Foods nel sobborgo di Filadelfia di Plymouth Meeting, in Pennsylvania (https://lnkd.in/gZ49JYCe). Una volta che la struttura sarà operativa entro il prossimo anno, gli acquirenti potranno ordinare tutto ciò che  Amazon nei suoi siti può fornire ritirandoli in negozio al momento del check-out. Facile comprendere il potenziale (non solo per Amazon) di questa opzione finora preclusa. L’omnichannel presenta così,  un’altra delle traiettorie possibili.  L’apertura di  Micro-fulfillment center a fianco  di Whole Foods è una mossa brillante in quanto reinventa il profilo una importante realtà  di alimenti naturali e di prodotti biologici senza interrompere l’aspetto dei negozi la loro cultura, e l’immagine che i loro clienti pretendono unica.

Il Micro-fulfillment center è un mini hub logistico in grado di avvicinare il prodotto al cliente. L’obiettivo è ridurre la distanza con i clienti, aumentare la velocità di consegna e comprimere i costi logistici.  Quindi, come funzionerà  in pratica? I clienti avranno tre opzioni per acquistare senza problemi: ordinare online per una consegna rapida a domicilio, ordinare online per un ritiro facile e veloce o acquistare di persona in negozio. Se il cliente è in negozio e sta facendo acquisti a Whole Foods Market, può contemporaneamente  anche ordinare facilmente prodotti non presenti sugli scaffali  direttamente dall’app Amazon sul telefono. Questi articoli aggiuntivi saranno preparati nel retro della magazzino  mentre il cliente finisce di fare acquisti e saranno pronti al momento del check-out, il tutto entro pochi minuti dall’ordine. Con questo modello di spesa, i clienti hanno accesso a più prodotti che desiderano acquistare  senza dover visitare più negozi. Questo servizio sarà pronto per i clienti presso la nostra sede di Plymouth Meeting l’anno prossimo. Giustamente Amazon sostiene che, in questo modo “Stiamo rendendo più facile fare la spesa, oggi e in futuro”.

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Todis taglia il traguardo dei 25 anni all’insegna dell’innovazione e della sostenibilità

Il suo nome originario, nel 1999 era Topdì poi trasformato in Todis e non come qualcuno insinua bonariamente dovuto all’abbreviazione di Toppetti Discount (l’AD di Pac 2000A). L’ibrido che ne è nato è una via di mezzo, a mio parere riuscita, tra un supermercato e un discount. La differenza sul campo  la fanno i singoli imprenditori e un management giovane e inclusivo che li supporta. Todis ha chiuso il 2023 con un fatturato di 1,167 mdi con una crescita del 16% e oltre 300 punti vendita nel centro-sud.

È un peccato che i bolognesi del Consorzio abbiano preferito non esserci. Si sono persi un grande spettacolo. Soprattutto una  dimostrazione  positiva di condivisione di quello che dopo 25 anni è ormai molto  più di un progetto. In tempi di grande affanno che mettono a dura prova lo stesso spirito imprenditoriale, non è poca cosa. Eppure nel rapporto imprenditoriale  tra il Consorzio nel suo insieme  e il “suo” discount qualcosa va sempre storto. Sarà il fato o la semplice sfiga ma cinque anni fa al traguardo dei vent’anni è toccato a Francesco Cicognola il direttore generale di PAC 2000A  bucare una gomma e arrivare tardi all’evento. Questa volta, per i 25 anni un incidente in autostrada ha rischiato di non far arrivare in orario i dirigenti della cooperativa che più di tutte le altre ha creduto nel progetto Todis. Hanno poi recuperato sia Danilo  Toppetti  AD di PAC2000A  che lo stesso Francesco Cicognola con un discorso non convenzionale di stima e fiducia in Todis e nel suo management.

Per Conad Adriatica c’era la squadra di testa capitanata da Antonio Di Ferdinando e Giovanni Mastrantoni neo eletto Presidente.  L’altra cooperativa che ha scommesso sul progetto Todis.  Il rapporto tra le due cooperative di Conad e Todis è buono. Certo sconta una competizione tra ciò che sulla carta dovrebbe essere  un semplice discount ma non lo è  e qualche punto vendita della cooperativa che fatica a reinventarsi di fronte ad un consumatore che cambia. Peccato però non sentire i suoi dirigenti  sul palco. La sala era stracolma. Centinaia di affiliati presenti.

Un’azienda non si misura solo dai numeri. Quello che conta veramente è il clima che vi si respira. Nei corridoi c’era un entusiasmo sincero. Queste iniziative coinvolgenti tendono poi ad esaltarlo. A far sentire le persone parte di un percorso comune. Un affiliato nei corridoi mi ha spiegato che anche lo stesso Luca Panzavolta  Amministratore Delegato di CIA-Conad che ha visitato i punti vendita di Roma  lo ha constatato. Il clima che si respira nei corridoi è probabilmente parte del “carburante” che ne alimenta il successo. Anche in un anno come questo dove volumi e margini faticano a confermarsi. E questo potrebbe far riemergere qualche mal di pancia. Un successo, seppure faticoso,  se è tale, non può essere fonte di imbarazzo. O lo si contesta o lo si condivide. Lascio stare le liturgie tipiche di questi incontri. Vedere però un palco dove, per esempio, le donne (affiliate) erano più numerose degli uomini già segnala un approccio diverso. Una inclusività spontanea non costruita fatta da  giovani imprenditrici partite da zero, o figlie di imprenditori, impegnate in azienda e disponibili a portare il loro contributo di determinazione, diversità  ed entusiasmo ai colleghi.

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Grande Distribuzione. Quando il furto (pur sempre reato) fa emergere un grave problema sociale

Ci hanno dovuto pensare i carabinieri. Purtroppo una vicenda triste ha rischiato di trasformarsi in un reato penale innescando una situazione il cui costo complessivo sarebbe stato decine di volte superiore al modesto danno provocato. “Dura lex sed lex” non credo sia un criterio applicabile in casi come questo. Capisco che la “pubblicità” negativa che può derivare dal rendere note queste realtà o, addirittura l’incentivo ad imitarle, richiede cautela nell’affrontare il tema. Le catene della Grande Distribuzione fanno già numerose iniziative con il Banco Alimentare, con associazioni caritatevoli locali anche con una gestione intelligente dello spreco e dei prodotti vicini alla scadenza. Purtroppo di questi tempi non basta.

Altrove, penso agli Stati Uniti ma anche ad alcune realtà europee l’epidemia di furti nei negozi, pur largamente tollerati, stanno diventando una piaga sociale. Il clima è pesante. Bande di giovani si danno appuntamento in rete e poi fanno irruzioni nei supermercati, drugstore e grandi magazzini. Tra il 12 luglio e il 20 settembre, una banda composta da 20 a 40 giovani ha colpito 14 negozi della catena 7-Eleven, fuggendo indisturbata. Le città più colpite, come San Francisco, hanno visto fallimenti e chiusure di negozi (anche franchising di aziende celebri come Whole Foods, Walgreens, Nordstrom, Target, Starbucks). Insomma un clima sociale teso che produce situazioni allarmanti. Da noi salvo le limitate irruzioni di bande ben localizzate non siamo arrivati ancora a quegli estremi. Restano i furti singoli. Rientrano in quota in quello che in gergo sono chiamate “differenze inventariali”. Una piaga che allarma i gestori dei punti vendita.

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Banco Fresco. Si ricomincia da capo…

Passaggio di consegne a Banco Fresco. Dopo un top manager italiano, Gianluca Monfrecola, tocca  ad un manager francese. E siamo, di fatto,  al quarto cambio al vertice. Arrivata nel 2017 dopo un primo test con i due punti vendita di Torino e Beinasco, già nel 2021 prevedeva 6 nuove aperture nello stesso anno, 10 nel 2022 e 20 nel 2023, puntando in tre anni a poco meno di 40 negozi. Non è andata così.

I grandi progetti di espansione sull’Italia sono da tempo fermi al palo. Purtroppo la lunga esperienza che ho fatto in Danone mi porta a sottolineare sommessamente  che quando un’azienda dipende dalla Francia per comprendere cosa può succedere in Italia o altrove bisogna partire da come si muovono oltralpe. È successo con  Auchan, ma vale anche per Stellantis o, in questo caso, per Banco Fresco. Sarebbe un errore fare il percorso inverso. Non serve osservare solo le performance nel Paese per trovare le ragioni di un ritiro dal mercato, di un ridimensionamento  di progetti o di un loro rilancio. 

Le aziende francesi all’estero quando avvengono cambi nell’Head Quarter o nei fondi che ne orientano l’attività, tendono inevitabilmente a reinventare la ruota. Spero non abbiano intenzione di lasciare il Paese. L’Italia credo sia passata in secondo piano per quanto riguarda lo sviluppo.  Tutto qua. Crescerà più lentamente baricentrandosi  nelle città? Lo vedremo presto.  Il progetto, in sé resta comunque interessante. Un category killer del fresco è un’ottima idea. Purtroppo prima la pandemia poi  l’inflazione e ciò che ha determinato nelle abitudini di consumo, hanno frenato i piani di espansione di molte  aziende che sembravano interessate al nostro mercato e raffreddato i fondi di investimento che ne muovevano le fila. 

I risultati di Grand Frais in Francia sono diminuiti di oltre il 35% nel 2022. Dopo la fallita vendita del marchio nel 2021. Il gruppo aveva allora attirato sei offerte da parte di fondi anglosassoni ed era stato valutato fino a 3,2 miliardi di euro. Questo tira e molla  ha poi portato alla messa in discussione di Philippe Poletti, presidente del consiglio di amministrazione di Ardian che, infatti ha lasciato il Gruppo a fine dicembre 2023.  Lo stesso Herve’ Vallat e’ stato sostituto a maggio 2024 con Mochet nuovo AD Prosol sas che controlla Grand Frais. Ardian è una delle società di private equity più importanti a livello globale, gestisce asset per un valore di 140 miliardi di dollari in Europa, Nord America e Asia, per conto di oltre 1.400 clienti in tutto il mondo. Leggi tutto “Banco Fresco. Si ricomincia da capo…”