Ortomercato. Un cambiamento inevitabile

Dopo averci ragionato e scritto (https://bit.ly/3xzrzWH) ho avuto la possibilità di visitare l’ortomercato di Milano. Non ho risolto i miei dubbi sulla filiera nord africana e sugli intrecci dalla produzione al consumo sui quali ritengo occorra mantenere alta l’attenzione per i rischi che comporta ma ho potuto toccare con mano il passaggio epocale in corso. Ho fatto una visita interessante tra passato e futuro. Tra ciò che è ancora oggi la SOGEMI e ciò che diventerà tra pochi anni.

Il mio legame con il mondo dell’ortofrutta e del fresco in generale non nasce soltanto dalla mia provenienza dal mondo della Grande Distribuzione ma dal rapporto e dalla reciproca simpatia e stima  con un “maestro” come Dino Abbascià purtroppo scomparso nel 2015, presidente nazionale di Fida-Confcommercio (Federazione italiana del dettaglio alimentare) e presidente del sindacato milanese dettaglianti ortofrutticoli. È lui che mi ha introdotto in questo mondo raccontandomi la passione necessaria, la professionalità e la serietà che contraddistingue il profilo dei migliori operatori e i limiti e la spregiudicatezza di molti altri.

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Al Ministero del Lavoro arriva un “tecnico”…

Per i  28.000 consulenti del lavoro la nomina di Marina Calderone a Ministro del lavoro rappresenta certamente un grande risultato. Con lei viene riconosciuta  non solo la “competenza tecnica” di un’intera categoria. Assume un protagonismo pubblico (e politico) una libera professione che si è guadagnata il riconoscimento sul campo.  Spesso sottovalutata dai protagonisti tradizionali del mondo del lavoro, gelosi interpreti di liturgie consolidate di un perimetro che, partendo dall’amministrazione  del personale  si è arricchito nel tempo di attività con al centro la selezione, la gestione e lo sviluppo delle risorse umane.

La sua nomina non poteva non sollevare interrogativi e riflessioni ben sintetizzate dall’amico prof. Michele Tiraboschi (https://bit.ly/3VSUMqV) che condivido.

Va detto in premessa che il ministero del lavoro ha perso buona parte della sua centralità conquistata nel secolo scorso assorbita in parte dal MISE e, in parte a causa di  un declino che parte da lontano a cui hanno certamente contribuito  i diversi tentativi di disintermediazione.   D’altra parte il ruolo e l’azione del ministero del lavoro vivono la stessa crisi  del sistema delle relazioni industriali nel Paese e della sua traduzione organizzativa nelle imprese dove  ha, via via, perso di interesse e di peso specifico da molti anni soprattutto in alcune categorie. Si è consolidato e prospera in diverse realtà, soprattutto medio grandi, dove entrambe le parti scommettono sulla sua importanza ma il declino del modello, costruito sostanzialmente nella seconda metà del secolo scorso, è altrettanto evidente.

La stessa affermazione della professione dei consulenti del lavoro ne è una conferma indiretta. La figura aziendale del responsabile delle relazioni industriali ha perso peso un po’ ovunque. Ridimensionato nell’inquadramento professionale, nella retribuzione e nel numero degli addetti dedicati, spesso ceduti a terzi. In diversi settori, i ritardi ormai strutturali che accompagnano le scadenze contrattuali, il coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori solo in  ciò che la legge prevede, il fastidio dei top manager quando si vedono “costretti” a incontrare i sindacalisti interni o esterni, al di là della forma, conferma che l’intero sistema stenta a individuare  una prospettiva. Leggi tutto “Al Ministero del Lavoro arriva un “tecnico”…”

Leadership nella GDO tra imprenditori visionari, associazioni fragili e manager di successo

Nel rileggere un vecchio manuale il cui titolo non rende  a sufficienza il valore e i messaggi che contiene (Philippe Petit – Trattato  di funambolismo, 1985) ho ritrovato le ragioni profonde che raccontano più di qualsiasi testo specifico la natura dell’imprenditore o del top manager di successo. “Bisogna battersi contro gli elementi per apprendere che tenersi su un filo è poca cosa, ma restare dritti e ostinati nella nostra follia di vincere i segreti d’una linea è per noi funamboli la forza più preziosa”.

Per queste ragioni  non mi arrendo quando sento parlare di ineluttabilità delle divisioni e della realtà della GDO che ne impedirebbero un concreto passo in avanti unitario.

Nella grande distribuzione italiana leadership imprenditoriale e insegna sono un binomio inscindibile. La fortuna della stragrande maggioranza delle imprese sia locali che pluriregionali nasce proprio intorno alla visione, alla determinazione e alle caratteristiche degli imprenditori che le hanno costruite. Dinastie di piccoli e medi tosti come i  Podini, gli Arena, i Ratti, i Panizza, i Bastianello solo per citarne alcuni, ne sono un esempio.

Quando Bernardo Caprotti ha inaugurato nel 1957 l’Esselunga di viale regina Giovanna a Milano ero lì, piccolo e in fila con mia madre trascinato dalla sua curiosità per un commercio che, con quella assoluta  novità,  stava cambiando volto. Così come ho avuto il privilegio di  partecipare, cinquant’anni dopo  nel  2007, alla  acquisizione di quel punto vendita da parte del gruppo Rewe nel quale lavoravo come DHR. Un’emozione e un po’ la sensazione che stavamo portandoci a casa un pezzo di quella storia, una specie di “Numero Uno” la prima moneta guadagnata da zio Paperone. Un punto vendita portafortuna. Una condivisione indiretta di un percorso iniziato molto tempo prima.

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La Grande Distribuzione deve uscire dalla morsa dei costi e dell’inflazione

La pandemia e la crisi economica nella quale siamo ormai entrati hanno aperto nuovi scenari sugli atteggiamenti dei consumatori rispetto al luogo e alle modalità di acquisto. Ma anche nuove sfide per le imprese. Nel primo caso si è scoperto che un’ottima location poteva essere anche il divano di casa. Non era più indispensabile fare la coda alle casse. Né trovarsi in mezzo a rischi di contagio. Con tutte le opportunità del caso. Dalla consegna rapida a domicilio a quella più lenta determinata da una spesa più complessa o dal click and collect con prezzi online allineati al canale fisico, il ritiro gratuito  e con tempistiche rapide di evasione dell’ordine. La GDO, pur nell’emergenza è riuscita a reggere bene il colpo.

Un mix di possibilità, per ora integrative del business tradizionale, che segnalano nuove traiettorie per il futuro pur lasciando sullo sfondo i progetti di espansione dei giganti della rete. Nella crisi, con la fiammata inflazionistica che ne è derivata, si è cominciato a capire che più del formato del contenitore e della sua collocazione sul territorio era il contenuto, la sua qualità, la logistica collegata ad essere decisivi e a determinare  la convenienza intesa in senso lato che spingono  il consumatore  verso una determinata insegna.

L’affanno imbarazzato  di alcune insegne  di fronte all’impennata dell’inflazione è comprensibile. Qualche errore di comunicazione e qualche nervosismo eccessivo in una fase nuova sono  comprensibili. Il rassicurante scudo anti inflazione sul… pesto ligure di un noto gruppo commerciale  nazionale ne è una dimostrazione evidente. I consumatori sono frastornati e le insegne sono tra l’incudine e il martello. La durata e la natura del fenomeno a cui non siamo preparati e le contromisure messe il campo dalle insegne oltre agli interventi della politica saranno però decisivi.

Se, come sperano molti, l’inflazione verrà messa sotto controllo in prossimità del 2024 Il mercato non farà selezione. Se non sarà così, la profondità della crisi lascerà al palo i più deboli. Fidelizzare i propri clienti in situazione di alta inflazione è  ancora più difficile. Si parla spesso di crisi di alcuni formati tradizionali e di avanzata del discount o dei punti vendita di prossimità.  La location in sé sta perdendo inevitabilmente la sua centralità. Ed entrano in crisi abitudini e fedeltà del consumatore. Leggi tutto “La Grande Distribuzione deve uscire dalla morsa dei costi e dell’inflazione”

Grande distribuzione e consumi. Milano rischia di anticipare ciò che aspetta il Paese

Milano non è per tutti. Resta una città complessa che attrae e, contemporaneamente, respinge. È una città cara per viverci. Acquistare una casa resta un miraggio per molti. Soprattutto per i più giovani.  Non ha la dimensione di Roma ma ha periferie “difficili” quanto e più della capitale. Pur diversa da tutte le altre spesso ne anticipa tendenze e contraddizioni.

È una città che, tra l’altro  sta invecchiando. Una famiglia su due è composta da single e un residente su quattro è anziano. I nuclei familiari superano le 700mila unità. Quasi la metà (il 47,3%) è composto da una persona. E tra questi il 39,3% (131mila nuclei, in crescita negli ultimi 10 anni) si tratta di anziani soli. I minori costituiscono il 15% della popolazione cittadina. I dati, molto interessanti, emergono dall’analisi del nuovo piano welfare del Comune.

Gli over 65 sono 312 mila, una quota di popolazione aumentata del 6,5 per cento negli ultimi 20 anni. Gli over 80 sono 115.500, addirittura il 64,9 per cento in più rispetto a inizio secolo e rappresentano ora l’8,4 per cento della popolazione totale. Molto significativo anche il dato delle famiglie monoparentali (in cui c’è un genitore con almeno un figlio) che raggiunge le 32 mila unità (+7,6% negli ultimi 10 anni). Oggi rappresentano il 15 per cento della popolazione cittadina, mentre nel 2000 l’incidenza rispetto al totale della popolazione era del 12,6.

Ma la tendenza che in questi anni è stata mantenuta in crescita soprattutto grazie ai figli degli stranieri (19 mila nel 2000 e 53 mila nel 2020) non prevede un nuovo rialzo nei prossimi anni. La previsione futura è infatti di un calo di quasi 20 mila unità: si passerà dai 209.243 del 2020 ai 189.802 stimati nel 2030. Secondo l’Istat, il reddito medio in Italia è pari a 21.570 euro all’anno e la città di Milano ha un reddito medio pro capite di quasi 34mila euro all’anno. Ma questa rischia di essere la media del pollo. Leggi tutto “Grande distribuzione e consumi. Milano rischia di anticipare ciò che aspetta il Paese”

Astensionismo politico e crisi dei corpi intermedi: due facce della stessa medaglia

Le ragioni che spingono al non voto milioni di persone sono tante. Alcune le trovo fisiologiche, altre scontate. C’è però una lettura interessante proposta da Walter Veltroni sul Corriere (https://bit.ly/3Ch7OH6) su cui mi pare necessario aggiungere una ulteriore riflessione. Dice Veltroni:  “L’astensionismo racconta della grande solitudine dei cittadini, della loro distanza da una politica algida e furbacchiona, dalle manovre di palazzo elevate a finissima strategia. Racconta dei frutti avvelenati del processo di disintermediazione che ha rimosso tutti i soggetti, sindacali e associativi, che vivevano dentro il disagio sociale e lo organizzavano”.

Questo, a mio parere, non è un passaggio banale. Se in Italia non abbiamo avuto (per ora) né i forconi né i gilet gialli, se ogni autunno non si scalda come vorrebbero coloro che vivono di ricordi (o di incubi), se la protesta è stata sostituita dalla proposta, dal  negoziato e dalla mediazione  lo si deve anche al lavoro quotidiano, e non sempre percepito nel suo valore,  dei corpi intermedi.

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Confcommercio. Ci mancava solo l’occhio del Grande Fratello

In Sardegna, all’iniziativa che riunisce, tutti gli anni, il corpaccione della Confcommercio non ci sarà certo una sollevazione contro il Presidente Carlo Sangalli. Villasimius rappresenta  il segnale della ripartenza autunnale della confederazione. Centinaia di persone si ritrovano in Sardegna, giocano a burraco, a calcio o a tennis, fanno il bagno e poi ascoltano invitati spesso interessanti che discutono di politica. Un’ottima iniziativa che quest’anno cade con un momento particolare tra post pandemia, inflazione e guerra.  Appartiene alla liturgia Confcommercio. Tra le altre cose misura il clima interno.

Dai segnali che arrivano la platea composta dai rappresentanti locali dei commercianti e dai dirigenti confederali sembra sempre più rassegnata a tenersi il Presidente così com’è. Petrolini diceva  «Lo vedi, il popolo quando s’abitua a dire che sei bravo … pure che non fai niente sei sempre bravo!». Ancora una volta la fedeltà pretesa verso il leader supera la doverosa lealtà verso la Confcommercio e i suoi associati. Sangalli ormai  è, purtroppo, solo un  personaggio ingombrante. 

La recente sentenza del tribunale di Roma offre diversi fotogrammi del  comportamento dell’uomo e dei suoi sodali impegnati a nascondere la verità degli accadimenti di cui si sono resi protagonisti. Oggi non parliamo di molestie. Lo abbiamo già fatto. Inutile ritornarci per ora.

Oggi parliamo di gestione della privacy nella Confederazione.

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Esselunga in testa con il fiatone….

Difficile leggere tra le righe di un’azienda che pur ancora irraggiungibile sul piano commerciale  in diverse realtà comincia a temere il fiato sul collo di qualche inseguitore oltre al peggioramento del contesto economico e sociale del Paese. Sulla situazione  pesano la profondità della crisi e le risposte ancora da mettere in campo. Su possibili  nuovi competitor credo che sia semmai l’arrivo di un player come la tedesca  Aldi  a far suonare diversi  campanelli di allarme per i mezzi di cui dispone, per la sua filosofia e per la sua volontà di insidiarsi nel nostro Paese soprattutto i realtà dove, quella che è ancora considerata la prima della classe, realizza le sue performance migliori.

Esselunga sta giocando a tutto campo per coprire le esigenze dei suoi clienti e chiudere possibili falle che insidiano il suo predominio (https://bit.ly/3qRPKMY). Due elementi però segnalano bene il possibile affanno: i conti e le risorse umane. I primi sono dati da un insieme di elementi.

La crisi dei superstore che lambisce anche le insegne più performanti (nel caso di Esselunga pari ad un -0,2% dopo un +6,7% del 2021), lo scarso contributo dei punti vendita di vicinato e la volontà di governare  gli inevitabili aumenti dei prezzi riducendo i margini hanno inevitabilmente interferito con i piani di gestione del debito contratto per rientrare in possesso dell’intero perimetro aziendale.

Sei mesi difficili quelli che abbiamo alle spalle, cercando di evitare o di contenere gli aggiornamenti dei listini per mantenere i quasi 6 milioni di clienti. Nell’articolo/intervista al Corriere (https://bit.ly/3SJ9aQp) i numeri sono spiegati molto bene. “I prezzi allo scaffale hanno registrato un incremento medio dell’1,7% contro un’inflazione media del 7,4% ricevuta dai fornitori, — con alcune aziende che in un anno hanno fatto passare cinque aumenti dei listini — assorbita per il 5,7% dal gruppo”. L’elemento di riflessione, non solo per Esselunga è che i consumatori stanno modificando le abitudini di spesa. E questo aumenta il livello di rischio e di  frizione con i discount. Leggi tutto “Esselunga in testa con il fiatone….”

Il gambero “rotto” di Oscar Farinetti

Bernardo Caprotti, a suo tempo, era stato lapidario su Oscar Farinetti: “E certo, lui è l’uomo che sa tutto, viene qui a Milano e ci insegna cos’è il food. Sa tutto di food. Vendeva frigoriferi e televisori, ma ora è un grande esperto, è l’oracolo. È un chiacchierone formidabile”. I due non potevano certo prendersi.

L’obiettivo del piemontese non credo sia mai stato rendere profittevoli né Eataly né Fico. Era di provare a trasformare  un sogno in un progetto imprenditoriale e poi  arrivare esattamente dove è arrivato, cessione compresa. La pandemia ha solo accelerato la decisione. L’intuizione era  corretta ma bastava fare un giro a Roma o a Milano, osservare l’utilizzo degli spazi e i prezzi praticati e poi andare alla Esselunga, al Viaggiator Goloso o alla stessa Coop per capire che il destino di Eataly era già scritto.

Farinetti è stato bravo a creare un catalizzatore di una cultura alimentare fuori dalla portata imprenditoriale dei personaggi storici che l’avevano concepita e che l’hanno inventata e difesa per anni e di far convergere intorno al suo progetto tutte le energie e le risorse necessarie. Godendo poi di una sua personale credibilità mediatica e di una rete di relazioni importante in molti  territori e con una parte del mondo politico locale  ha avuto, una volta messa a terra l’intuizione, una strada tutto sommato spianata propedeutica all’impresa.

L’ingaggio di Andrea Guerra ex Luxottica nel 2015 avrebbe dovuto garantire gli investitori e chiarire definitivamente la sostenibilità del business messa in discussione già allora. L’uscita del manager nel 2020 ha segnalato in modo evidente che, salvo gli USA, il resto del business non reggeva. Alberto Forchielli  è stato uno dei primi a sparare ad alzo zero già nel 2018 su FICO l’altra intuizione di Farinetti (che avrebbe dovuto amplificare e sostenere Eataly) definita “la vetrina della stupidità e del giullarismo nazionale”. Leggi tutto “Il gambero “rotto” di Oscar Farinetti”

La Camera di Commercio di Milano “rioccupata” da Carlo Sangalli

A 85 anni si è fatto riconfermare, pur con qualche fatica,  nell’altra carica più importante che detiene. A Carlo Sangalli pareva brutto lasciare la Camera di Commercio di Milano proprio in questo momento. D’altra parte questa è, se non sbaglio,  la quinta o la sesta rielezione. Dal sito la cronologia sembra essere provvidenzialmente scomparsa. Per lui, è sempre bene  sottolinearlo, non è mai il momento di lasciare.

Ha quindi individuato un escamotage per convincere gli interlocutori  più malfidenti sulle sue reali intenzioni: una staffetta a metà mandato. Proporsi fino al 2027, a novant’anni, è forse parso un tantino esagerato anche per lui. Le altre associazioni hanno subìto la sua ambizione perché controbilanciata dalla disponibilità di Carlo Sangalli  a farsi da parte un po’ più in là. Industriali e artigiani hanno dovuto fare buon viso a cattivo gioco. Forse hanno chiesto addirittura qualche garanzia scritta visti i precedenti. il Consiglio della Camera di commercio  si compone di 25 consiglieri: 7 sono i rappresentanti dei servizi alle imprese, 4 del commercio, 4 dell’industria, 2 dell’artigianato, 1 del credito e assicurazioni, 1 dei trasporti e spedizioni, 1 dell’agricoltura, 1 del turismo, 1 della cooperazione. Fanno inoltre parte del Consiglio camerale, 3 componenti in rappresentanza delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, delle associazioni dei consumatori e dei liberi professionisti.

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