FNAC Darty punta a Unieuro. Nasce la risposta europea ad Amazon (e non solo)

Questa operazione è una  forte  risposta tutta  europea all’espansione delle vendite on line e alla forza di penetrazione di realtà planetarie come Amazon nella vendita dell’elettronica di consumo. Singolare è la coincidenza con l’Amazon Prime Day 2024. Dimostra che la partita tra il gigante di Seattle e  i diversi settori con cui si misura quotidianamente è ancora aperta e si gioca sulla dimensione societaria e sulla costruzione della qualità del rapporto e del servizio con il cliente. Per questo la fusione tra Fnac Darty e Unieuro è un’operazione importante dopo l’acquisizione, l’ottobre scorso, di Mediamarkt Portugal.  Nasce quindi un leader europeo nella vendita di prodotti elettronici, elettrodomestici, prodotti e servizi editoriali nell’Europa occidentale e meridionale con oltre 10 miliardi di euro di fatturato, 30.000 dipendenti e più di 1.500 negozi.

Enrique Martinez, Amministratore Delegato di Fnac Darty, ha dichiarato: “Questo progetto rappresenta un’opportunità unica per il Gruppo Fnac Darty di perseguire la sua ambizione a lungo termine consolidando i propri mercati e rafforzando il proprio modello economico su scala europea. La nostra presenza geografica verrebbe notevolmente ampliata e potremo supportare Unieuro nella sua continua processo di digitalizzazione e trasformazione verso una maggiore attenzione ai  servizi, in linea con il nostro piano strategico Everyday”.

Everyday,  lanciato da FNAC Darty nel 2021 prevedeva tre obiettivi da realizzare entro il 2025. Innanzitutto oltre il 50% degli investimenti avrebbero dovuto essere dedicati al supporto della crescita digitale, in particolare alla modernizzazione e meccanizzazione della piattaforma logistica. E così sta avvenendo.  La consulenza e la digitalizzazione sono state potenziate a tutti i livelli: il Gruppo francese ha così investito nella formazione dei propri dipendenti su competenze, presenza sui social e risposte su misura per ogni cliente in negozio (ritiro dell’ordine, servizio post-vendita, esigenze di riparazione, ricerca specifica, ecc.). L’obiettivo del piano  era che almeno il 30% dei ricavi del Gruppo avrebbe dovuto essere  generato online entro il 2025, di cui la metà omnicanale grazie al comprovato successo di Click & Collect, che riflette la natura complementare di offline e online. Il secondo asse del piano prevedeva, in prospettiva,  l’offerta di prodotti sempre più sostenibili e con l’espansione del servizio di “seconda vita” dei prodotti e dell’opzione di restituzione di quelli  usati come parte di una strategia di economia circolare. Infine l’ambizione di Fnac Darty di diventare il fornitore leader di servizi di assistenza a domicilio, sotto forma di un servizio di riparazione in abbonamento, senza limiti né impegno, che prolunghi la durata di vita dei prodotti. Elementi indispensabili per tenere testa ad Amazon e non solo. Con il suo approccio innovativo al servizio e alla sostenibilità, il piano Everyday puntava e punta a rivoluzionare il mondo del commercio al dettaglio a vantaggio dei consumatori (e del pianeta), accelerando al contempo l’implementazione del modello omnicanale.

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Amazon per la sostenibilità. Il rapporto 2023

Global Optimism ha co-fondato The Climate Pledge con Amazon nel 2019. Oggi è composto da oltre 450 aziende che stanno lavorando insieme per produrre soluzioni pratiche per il clima. Le aziende Climate Pledge sono importanti marchi provenienti da quasi tutti i settori. L’ambizione è quella di raggiungere, insieme, zero emissioni di carbonio entro il 2040. Il Climate Pledge Fund, investirà in aziende che creano prodotti, servizi e tecnologie per proteggere il pianeta.

Lanciato in Europa nel 2020, il programma Climate Pledge Friendly punta ad aiutare i clienti a scoprire e acquistare prodotti più sostenibili. La Commissione Europea (CE) ha riconosciuto il programma Climate Pledge Friendly di Amazon come uno strumento per aumentare la visibilità di prodotti più sostenibili tra i milioni disponibili online. Attraverso le sue proposte “Empowering Consumers for the Green Transition” e le ultime proposte di “Green Claims”, l’UE sta cercando di combattere il greenwashing inasprendo le norme sulle indicazioni verdi e sui marchi di qualità ecologica.

La pubblicazione del rapporto sulla sostenibilità 2023 di Amazon è un  avvenimento importante perché conferma questa direzione di marcia. Alla sua uscita Tony Hoggett SVP worldwide grocery store Amazon ha scritto su LinkedIn: “Sappiamo che i progressi appariranno diversi ogni anno in questo viaggio verso la sostenibilità ambientale e, man mano che l’attività di Amazon si evolve e cresce, sappiamo anche che i nostri sforzi produrranno risultati diversi. Tuttavia, rimaniamo convinti che mentre inventiamo e progrediamo, faremo la nostra strada per soddisfare il nostro impegno per il clima”.

Dalla lettura del rapporto si evidenziano alcuni punti interessanti. Innanzitutto l’obiettivo di arrivare al 100% da energia rinnovabile nel 2030 nelle operazioni globali, compresi i data center, edifici aziendali, negozi di alimentari e centri di distribuzione è stato raggiunto con sette anni di anticipo, grazie a più di 500 progetti solari ed eolici a livello globale. Inoltre, Amazon dichiara di essere  stato il più grande acquirente aziendale di energia rinnovabile per quattro anni consecutivi, secondo Bloomberg NEF (società di ricerca che fornisce dati analisi e approfondimenti indipendenti). Nel 2023, Amazon ha ridotto l’impronta di carbonio del 3%. In poche parole il calo dell’intensità di carbonio (-13%) indica che crescita del business e delle emissioni non procedono più in parallelo come in passato. Leggi tutto “Amazon per la sostenibilità. Il rapporto 2023”

La sfida della sostenibilità è un obiettivo di filiera. Il caso Ahold Delhaize USA

Comunicare iniziative, pomposamente definite   di  “sostenibilità” e impegnarsi a promuoverle e realizzarle a 360° nel tempo sono cose diverse. Soprattutto dove  la GDO ha spesso solo un ruolo di semplice “sollecitatore di sostenibilità” tra le filiere a monte e il consumatore finale. A volte, però,  sceglie di essere  protagonista e di fare la propria parte.  Il caso che condivido oggi è interessante e coinvolge il retailer Ahold Delhaize USA con i suoi marchi locali (Food Lion, Giant Food, The Giant Co., Hannaford e Stop & Shop). Il progetto nasce da una collaborazione con la società di snack Kellanova e Bartlett, uno dei principali esportatori statunitensi di grano e produttore di un’ampia gamma di farine.

L’accordo mira alla conservazione e al miglioramento del suolo, creando un approccio specifico per le colture, il clima e il terreno. Un progetto pilota “dal campo allo scaffale” per ridurre le emissioni lungo la catena del valore.  L’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra (GHG) dalla coltivazione/produzione  del grano lungo la filiera previsto  dal cosiddetto “scope 3” (le emissioni di gas a effetto serra che derivano dalle attività della catena del valore di un’azienda che non vengono svolte direttamente attraverso le sue operazioni. Suddivise in 15 categorie comprendono, ad esempio, le emissioni provenienti dai fornitori dell’azienda o quelle rilasciate attraverso l’uso dei suoi prodotti). 

Questo è il primo programma nel suo genere sia per Ahold Delhaize USA che per Kellanova. Il progetto si concentrerà sugli agricoltori che hanno già implementato pratiche agricole rigenerative. Il grano raccolto e macinato da queste fattorie verrà utilizzato insieme al grano coltivato in modo convenzionale per produrre gli iconici cracker Cheez-It® e Club® di Kellanova. Questi prodotti saranno venduti nei 2000 negozi del marchio locale di Ahold Delhaize USA dal 2025. Il programma unico – il primo del suo genere per Ahold Delhaize USA e Kellanova – prevede la collaborazione di parti interessate di tutta la catena di approvvigionamento – dal campo al mulino, dall’impianto di produzione allo scaffale – per sostenere economicamente gli agricoltori statunitensi riducendo al contempo le emissioni di gas serra.

“Il 95% delle emissioni di Ahold Delhaize USA risiedono nello Scope 3, il che rende questo programma  importante”, ha affermato Marc Stolzman, Chief Sustainability Officer di Ahold Delhaize USA. “Non solo ci aiuterà nella nostra corsa verso Net Zero, ma i dati ci aiuteranno a tracciare il nostro percorso futuro per le collaborazioni Scope 3” con tutti i nostri fornitori. “Le realtà di Ahold Delhaize USA si impegnano così a offrire prodotti alimentari più sostenibili e contemporaneamente  a creare un pianeta più sano”, ha affermato JJ Fleeman, CEO di Ahold Delhaize USA. Leggi tutto “La sfida della sostenibilità è un obiettivo di filiera. Il caso Ahold Delhaize USA”

Top women crescono. Manager al femminile nel Retail USA.

Per interesse, cultura e passione mi piace seguire le carriere dei manager. I risultati raggiunti, le battute di arresto, le ripartenze. Se chi li sostituisce li supera o è addirittura più scarso. Alcuni li ho visti crescere, altri mi incuriosiscono per le sfide che hanno accettato o nei loro diversi passaggi di carriera. Settimana scorsa ho pubblicato una chiacchierata con Daniele Cazzani. Visto l’importante riscontro sul blog ne seguiranno altre nelle quali coinvolgerò manager che stimo e che mi fa piacere condividere con la rete.  Portarli sotto i riflettori. Spesso si tratta di risorse nascoste ai più. Giusto farle notare sottolineandone le performance, le aspettative e le idee. A me, più delle aziende, le migliori si assomigliano un po’ tutte,   piacciono le persone. Sempre diverse una dall’altra. L’impegno e la determinazione che mettono nel lavoro. La loro capacità di coinvolgere i collaboratori. Cosa lasciano dietro di sé. E, in caso di battute di arresto  cosa possono dare, con un rinnovato entusiasmo, altrove.

Oggi affronto un’iniziativa  del mercato USA. Un po’ per condividerlo con il gruppo  “donne del Retail”(www.donnedelretail.it) che in questi giorni festeggia il suo primo anniversario, un po’ per scoprire nuovi talenti. Parliamo di manager al femminile. Il riconoscimento di Progressive Grocer (Top Women 2024) mi consente di rilanciare alcune riflessioni che condivido sul tema, indicando sia manager USA che seguo da tempo che qualche new entry. L’editoriale di PG insiste sulla necessità che le manager che si fanno notare per le loro capacità facciano da apripista nelle loro organizzazioni e stabiliscano nuovi standard d’accesso per chi viene dopo.

L’analisi è purtroppo ancora amara “le donne continuano a perdere terreno quando si tratta di avanzamento di carriera nel mondo retail. Lì, come in altri Paesi,  più di due terzi della forza lavoro nel settore è composta da donne ma sempre indietro quando si tratta di ruoli apicali. Negli USA, secondo un’analisi di Korn Ferry pubblicata su Forbes, dei 47 amministratori delegati retail appena nominati l’anno scorso, solo cinque erano donne e 12 donne amministratori delegati in uscita sono state sostituite da uomini. Nel complesso, circa il 90% dei nuovi amministratori delegati del retail sono uomini e solo il 10% donne. Nell’ultimo decennio, molti retailer USA si sono impegnati per colmare il divario di promozione (e retribuzione) di genere, ma i risultati non sono sufficienti. Il rapporto “Women @Work” di Deloitte, pubblicato ad aprile, esamina alcuni dei fattori critici sul posto di lavoro e nella società che stanno influenzando profondamente le possibilità di avanzamento delle donne nella loro carriera.

La domanda da farsi resta la solita. Non serve domandarsi cosa le donne hanno in più rispetto ai candidati uomini per orientarsi alla scelta. Semmai la domanda da porsi è se hanno qualcosa di meno per occupare una determinata posizione. Perché ad una donna manager è sempre richiesto di dimostrare qualcosa di più rispetto a  candidati uomini? La conclusione è amara. Anche se alla base della piramide, nei negozi,  ci sono “tonnellate” di Top Women di talento, non abbastanza stanno arrivando in cima alle loro organizzazioni. Le aziende che vogliono passare dagli impegni all’azione per far progredire le donne sul posto di lavoro dovrebbero concentrarsi sulla formazione, sulla programmazione di una maggiore flessibilità sul lavoro e sulla creazione di una cultura aziendale inclusiva in cui l’equilibrio tra lavoro e vita privata sia apprezzato e rispettato e in cui le donne si sentano supportate nella loro progressione di carriera. Leggi tutto “Top women crescono. Manager al femminile nel Retail USA.”

Amazon e Unes in autunno si lasceranno. Una fase si chiude. Se ne aprirà un’altra per entrambe?

Le strade di Amazon Fresh e di Unes si separeranno dal 30 settembre 2024. Amazon nel food continua con PAM Panorama. Mariangela Marseglia Country  manager italia e Spagna nell’intervista al Corriere ha delineato cos’è oggi  Amazon nel nostro Paese. «In dieci anni abbiamo investito quasi 17 miliardi, abbiamo 18 mila dipendenti e oggi contiamo una sessantina di sedi nel Paese, con 37 siti logistici e due nuovi in arrivo, a Jesi (Marche) e Alessandria, dove creeremo rispettivamente nei primi tre anni, fino a mille e fino a 400 nuovi posti di lavoro. Ma continueremo a investire anche sul cloud e questo, come il progetto Made in Italy, avrà ricadute positive sul sistema Paese nel suo insieme».

Sulle  vendite estere delle aziende italiane «l’obiettivo è 4 miliardi di export sulla piattaforma Amazon entro il 2025, oggi siamo a 3 miliardi. L’obiettivo è aiutare le aziende a esportare, specie le Pmi che strutturalmente hanno più difficoltà a muoversi all’estero da sole». Oggi la vetrina Made in Italy è disponibile nei negozi online di Amazon in ben undici Paesi del mondo, Francia, Spagna, Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Giappone, Emirati Arabi Uniti, Svezia, Polonia e Paesi Bassi, per un totale di oltre due milioni di prodotti, di cui 1,2 nel solo negozio Amazon.it, frutto del lavoro di eccellenza di oltre 5.500 aziende italiane.

L’accordo con UNES è durato ben otto anni. Adesso si gira pagina. Amazon Fresh ha aperto i battenti per la prima volta a Milano nel 2015, poi a Roma e Torino. Poi sono seguiti gli accordi. Inizialmente con UNES e Natura Sì poi con PAM Panorama. Dal 9 aprile 2024 Amazon Fresh ha accelerato la sua strategia mettendo a disposizione un servizio di consegna della spesa in giornata a tutti i clienti, compresi quelli non iscritti ad Amazon Prime, residenti a Milano, Roma, Torino e Bologna. Secondo Camille Bur, responsabile di Amazon Fresh per Germania, Italia e Spagna, l’azienda è costantemente alla ricerca di soluzioni per semplificare e migliorare l’esperienza di acquisto dei propri clienti. “Tutti i clienti Amazon di quelle città possono effettuare la spesa online e riceverla comodamente a casa,” ha dichiarato Bur.

Il funzionamento del servizio è semplice: i clienti delle città indicate, residenti in aree coperte dalla consegna, possono ordinare la loro spesa su Amazon Fresh e/o Pam Panorama, scegliendo tra migliaia di prodotti in diverse categorie, come carne, frutta e verdura, latticini, articoli per la cura della casa e della persona. Le consegne avverranno in finestre di due ore, mentre i clienti Prime potranno beneficiare di finestre di un’ora nelle aree coperte dal servizio. “L’obiettivo è anche quello di cercare di valorizzare i diversi territori in cui siamo presenti con prodotti specifici – spiega Manuela Chiara Rosso, responsabile di Amazon Fresh in Italia – quindi abbiamo attivato collaborazioni con fornitori locali: a Bologna per esempio con Forno Brisa, a Roma, Milano e Torino con le rispettive Centrali del Latte. Non solo, cerchiamo sempre di allargare l’offerta in relazione alle richieste dei clienti del territorio, così nel capoluogo emiliano quando siamo arrivati abbiamo subito cercato di potenziare la pasta fresca e i tortellini in particolare”.

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LIDL guarda al futuro e sceglie il WWF..

Se vogliamo dirla tutta una delle poche aziende italiane della GDO che ci ha sempre creduto è stata Coop italia. A memoria sono passati almeno quarant’anni dalle prime sensibilizzazioni sull’uso delle buste di plastica, i discorsi sul buco nell’ozono tra gli spot  “la Coop sei tu” e il “tenente Colombo”. Nessuna insegna allora aveva  capito per tempo le traiettorie necessarie sul clima, sui consumi consapevoli e sull’importanza delle  catene di fornitura per combattere il lavoro illegale come Coop. Le stesse multinazionali, comprese quelle oggi più attente, non dimostravano  quella sensibilità.

Tante cose sono cambiate da allora. Oggi il rischio, da noi,  è addirittura l’opposto. Predicare bene e razzolare male. C’è tanto green washing in GDO.  Anche perché il tema della  sostenibilità ambientale, di come sono fatti i punti vendita  e dell’alimentazione consapevole sono, per le insegne,  scoperte, tutto sommato  abbastanza recenti. Ovviamente tutti fanno qualcosa. C’è però chi di queste scelte ne fa una strategia di lungo termine perché ha compreso che la sensibilità è notevolmente cresciuta. In diverse realtà, soprattutto multinazionali, si è affermata  una cultura che ha portato alla costruzione di partnership importanti.

Ultima ma non di poco conto, quella tra Lidl, leader europeo della GDO, e il WWF, una delle più grandi organizzazioni indipendenti di tutela ambientale.  Durerà per i prossimi cinque anni e coinvolgerà 31 Paesi dove la multinazionale tedesca è presente. Lidl e WWF hanno già collaborato in alcuni Paesi negli ultimi anni, ad esempio in Svizzera e Austria. In Svizzera l’accordo risale al 2017. La partnership rappresenta un nuovo importante tassello dell’impegno che Lidl porta avanti da anni in ambito di sostenibilità, come parte della sua più ampia strategia internazionale di responsabilità sociale di impresa.

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Selex ha messo la freccia. Sorpasserà o no, Conad nel 2024?

Selex sul podio c’è già. Nel 2023 non ce l’ha fatta a superare Conad ma c’è andata vicino. Nel 2024 i “magheggi” contabili dovranno essere più sofisticati per mantenere o, al contrario, coprire le distanze.  Nata nel 1964 come Unione Volontaria A&O, Selex chiude il 2023  a 20,2 mdi. 18 imprese, 3.328 punti vendita, oltre 41 mila collaboratori. Nel 2024 punta a superare i 21 mdi.  Un anno dove vuole festeggiare i suoi 60 anni di storia puntando a scavalcare Conad.  La coincidenza sarebbe pari alla soddisfazione  dell’Inter che è riuscita a vincere il campionato  proprio nel derby contro il Milan. Anche se, visto le cifre in gioco,  si dovrebbe parlare più di co-leadership. Però  la competizione ci sta.

È uno stimolo alla crescita e un punto di riferimento  per chi segue le dinamiche del comparto. Soprattutto perché ad averla innescata è stata proprio Conad quando ha sbandierato in ogni dove  il suo sorpasso, nel 2020, su Coop. Mauro Lusetti, presidente Conad però  rilancia sul Corriere intervistato da Rita Querzé: «Al di là degli aspetti muscolari, dello 0,1 o 0,2 in più o in meno, Conad può dire di essere oggi leader incontrastato per due motivi. Prima di tutto perché noi raggiungiamo questo risultato con un’unica insegna che compare su tutti i punti vendita. Per di più un’insegna che, secondo una società di consulenza internazionale come Brand Finance, è all’ottavo posto nella classifica dei 100 marchi italiani con la maggiore forza. Unico distributore nella top ten. E poi perché i nostri punti vendita sono presenti in tutte le Regioni italiane».

Selex però tira dritto. È oggi,  uno dei gruppo più coesi della GDO anche grazie al profilo del suo Direttore Generale Maniele Tasca, “oggetto del desiderio” di altri gruppi della GDO. Presidente riconfermato per il prossimo triennio Alessandro Revello (Dimar). il nuovo consiglio di amministrazione che sarà composto dai due Vice Presidenti: Marcello Cestaro  (Gruppo Unicomm) e Marco Odolini (Italbrix). I sei consiglieri di amministrazione sono: Dario Brendolan (MaxiDì), William Camilletti (L’Abbondanza), Laura Gabrielli (Magazzini Gabrielli), Francesco Murgia (Superemme), Giancarlo Panizza (Rialto- il Gigante) e Francesco Pomarico (Megamark).

Il Gruppo Selex nel 2024 ha, tra le altre iniziative, previsto quattro grandi campagne di comunicazione, supportate da investimenti che da tre anni continuano costantemente a crescere (‘Spesa Difesa’, ‘We Are Famila’, la piattaforma di ecommerce di Selex, CosìComodo, e “Tutti in campo”. Sottolineo volentieri quest’ultima condotta in partnership con la Gazzetta dello Sport con testimonial Roberto Baggio.  Mira a raccogliere fondi per finanziare lo sport dilettantistico e lo scorso anno ha permesso di finanziare con 2,5 milioni di euro l’acquisto di attrezzature sportive. Nel corso del 2023, ottima la performance della Mdd Selex che, grazie alle sue 7.900 referenze, ha messo a segno un balzo del 19,8%. Significativo anche il ruolo del segmento cash&carry, che ha fatto registrare una crescita del 14,2%. In base alle previsioni, il 2024 dovrebbe chiudersi con una crescita del 4,5% a 21,1 miliardi di euro. Selex ha previsto un piano di investimenti da 540 milioni di euro, che porterà all’apertura di 65 nuovi negozi e alla ristrutturazione di 94 punti vendita esistenti. Leggi tutto “Selex ha messo la freccia. Sorpasserà o no, Conad nel 2024?”

VeGè vuole salire sul podio della GDO.

I rumors (prontamente smentiti dai protagonisti) annunciavano possibile maretta sullo sfondo dell’assemblea di bilancio del Gruppo VeGè. Da una parte la volontà di accelerare la crescita e l’entusiasmo  interpretati dal Presidente Giovanni Arena, dall’altra la ricerca di un maggiore equilibrio tra esigenze diverse interpretato dall’AD Giorgio Santambrogio. In mezzo i buoni risultati e (soprattutto) i “veneti” attratti contemporaneamente dall’ottimismo della volontà  rappresentato dal Presidente ma anche dal passo lungo e ben disteso dell’AD. Come sempre quando le previsioni del tempo annunciano prematuramente “allerta arancione” tutto tende a rientrare nella normalità. C’è un tempo per ogni cosa. E questo è il tempo nel quale le insegne che fanno capo a VeGè realizzano  ancora ottimi risultati. Altre sfide e ambizioni da soddisfare attendono entrambi i protagonisti in un futuro non lontano.

l’AD Giorgio Santambrogio è nel gruppo dal maggio del 2013 e quello del 2023 è il decimo bilancio consecutivo in crescita per Gruppo VéGé. 3.370 punti di vendita dislocati in modo capillare su tutto il territorio nazionale, il fatturato al consumo, che si attesta a quota 13,78 miliardi, pari al +9,4% su base annua; ciò avvalora le proiezioni per il 2024, con il recente ingresso di Apulia distribuzione ex franchisee Carrefour, che stimano una ulteriore progressione a 15,70 miliardi di € (+14%). Gruppo VéGé si conferma inoltre, sulla scorta delle rilevazioni GNLC-NielsenIQ, l’organizzazione della GDO italiana con il maggior tasso di crescita a livello nazionale nonostante che, alla fine del 2023, Gruppo VéGé e Carrefour Italia non avevano rinnovato l’accordo di collaborazione nell’ambito di Aicube 4.0 e si era conclusa la partnership anche con Metro. Nel 2024, Apulia Distribuzione (326 PDV, 2000 collaboratori, presenza in 4 regioni) è entrato a pieno titolo in Vegè è ha in corso  il rebranding dell’insegna  che si trasforma in “Rossotono”.

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La filiera agroalimentare nazionale. Cosa vale e chi sgomita per rappresentarla

Sinceramente non so se alla fine si imporrà Prandini o Barilla. Se Mediterranea la spunterà su Filiera Italia, se troveranno un percorso comune   e se la Grande Distribuzione continuerà a non schierarsi. Lo scontro che si è aperto, però, è al calor bianco. C’è in gioco la leadership dell’intera filiera alimentare nazionale e il rapporto con il Governo. L’industria alimentare di marca si sente assediata da tempo. Da una parte l’inflazione ha spinto i consumatori in parte verso  i discount e la marca del distributore, dall’altra Coldiretti con Filiera Italia punta alle singole imprese rinvigorita nel suo protagonismo dal rapporto privilegiato con il Governo.

L’intervista  di Paolo Barilla al Corriere serve proprio a provare a far uscire dall’angolo Unionfood. L’associazione mostra i muscoli mettendo in campo le sue  530 aziende. «I nostri associati sono grandi aziende centenarie che portano il nostro made in Italy nel mondo, imprese globali che operano in Italia e tante pmi familiari.» ha affermato Paolo Barilla, che oltre a essere vicepresidente, insieme al fratello Luca, del gruppo Barilla è presidente di Unionfood. E ha concluso; “L’attività dell’associazione, inoltre, riassume tutte le esigenze delle industrie associate, player con prospettive differenti, ma con una unica strada comune: la cultura del cibo e del modello italiano. Il 70% dei prodotti agricoli nazionali viene acquistato e trasformato da Unionfood”. In poche parole: “siamo noi i leader del Made in italy” nella filiera. 

L’elezione di  Emanuele Orsini in Confindustria  li rinfranca e chiude una fase iniziata con le incomprensioni del 2020  quando la confederazione di via dell’Astronomia guidata da Carlo Bonomi aveva tirato le orecchie proprio alle industrie alimentari aderenti a Unionfood allora guidata da Marco Lavazza, sulla loro disponibilità a chiudere il precedente rinnovo del CCNL in contrasto con il “patto di fabbrica”. Era  quindi inevitabile che aspettassero il momento più propizio per lasciare la panchina dove erano stati confinati e provare a farsi sentire, alzando la voce. Toccherà al Governo gestire la querelle. Il rapporto tra l’esecutivo e Coldiretti è solido ma il Governo non ha interesse ad aprire un nuovo fronte con Confindustria. Lo stesso Presidente, Orsini,  non può, però, tirare troppo la corda. Ha bisogno di ricostruire rapidamente un’interlocuzione con il Governo. Oggi nessuna confederazione (salvo proprio Coldiretti sulle sue materie) può dettare l’agenda al Governo. Quindi la sortita di Unionfood, con Confagricoltura al seguito in evidente contrapposizione a Coldiretti, in  questo contesto politico rischia di trasformarsi in un autogol. Per questo  sarebbe auspicabile ricomporla.

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La Grande Distribuzione vista attraverso il percorso professionale di un protagonista…

Daniele Cazzani è una persona che stimo e che ha un percorso manageriale molto interessante. Lo trovo in linea con le necessità di alcune realtà del comparto ma anche utile per giovani che, dopo gli studi, vogliono riflettere sulle loro traiettorie professionali. Ne  propongo il profilo prendendo spunto da una  chiacchierata con lui sul contesto che caratterizza la GDO, coinvolge i manager di oggi e consente di andare oltre alle indubbie capacità e competenze maturate. Elementi fondamentali, a certi livelli, ma non sufficienti se non corroborati da una visione del comparto e delle sue evoluzioni, dalla passione e dalla motivazione che devono contraddistinguere chi lo sceglie.

Bernardo Caprotti sollecitato a descrivere il comparto della GDO ebbe a sottolineare, con il realismo e la capacità di sintesi che lo contraddistinguevano: “diversamente da Armani e Luxottica che hanno «creato», noi (Esselunga) abbiamo soltanto cercato di dare un po’ di eleganza, di efficienza, di carattere ad un mestiere assai umile”.

Cazzani viene da venticinque anni di esperienza nel Retail. Passa dalla gestione di centri commerciali alla grande distribuzione, dalla ristorazione commerciale all’ottica. Realtà che hanno maturato in lui una convinzione altrettanto precisa: “se qualcosa non ha (reale) valore per i tuoi clienti allora non avrà (reale) valore per il tuo business”. Chiunque lavori a certi livelli nella GDO sa quanto è importante partire da qui. La Grande Distribuzione sta vivendo un momento cruciale della propria storia; un momento in cui la competizione è sempre più forte e, nella quale, i confini tra i formati, almeno dal punto di vista del cliente, vanno sfumandosi e l’e-grocery, per quanto ancora di nicchia, rischia di costituire una minaccia per il futuro (perlomeno per chi non se ne doterà).

Non si può non concordare con Cazzani quando osserva come  il comparto sia arrivato al limite del perfezionamento di un modello di business che ha radici lontane in un passato che non tornerà più; gli stili di consumo sono cambiati, la recente fiammata inflazionistica ha solo accelerato alcuni fenomeni e, la decrescita dei volumi, è un dato di fatto, così come la ricerca da parte del cliente di sempre maggiore specializzazione. Anche il focus sullo sviluppo delle mdd, se non inserito in una strategia più ampia, rischia di essere di corto respiro, risolvendo, forse nel breve, alcuni temi sulla marginalità ma non impattando sul turnover e profittabilità complessivi. Allo stesso modo il back to basic, partendo dalla riscoperta dei freschi, che tanti operatori hanno inserito nei propri piani strategici, va contestualizzato e valorizzato, per evitare il rischio di divenire l’ennesima promessa generica percepita come commodity dai clienti.

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