Grande Distribuzione e contenimento dei costi. Il caso PAM

Per la grande distribuzione non è tutto oro quello che luccica. Mentre è in corso l’integrazione degli ex punti vendita Auchan in Conad e Carrefour cerca, attraverso una difficile riorganizzazione, di riportare i conti in ordine, altre realtà nella loro quotidianità e lontano dalle logiche della comunicazione ufficiale provano a riallineare margini e fatturati anche attraverso un rigido controllo dei costi.

Purtroppo c’è chi pensa (e scrive) che tutto questo possa avvenire senza ripercussioni sulla qualità e quantità del lavoro impiegato o perlomeno senza che queste problematiche non emergano per quello che in realtà sono. Passi indietro, anche sul piano gestionale e nel rapporto con i propri collaboratori per poterne fare anche qualcuno in avanti.

Le reazioni sindacali sono comprensibili ma testimoniano una difficoltà di fondo. La grande distribuzione, a differenza di altri settori, conta su un’omogeneità che potrebbe essere sfruttata meglio in un contesto di nuove politiche attive. Grandi e piccole imprese nazionali e locali, formati differenti, esigenze formative simili potrebbero essere gestite creando strumenti di comparto a disposizione di tutti i territori e di tutte le imprese. E, soprattutto consentendo ai lavoratori una ricollocazione in tempi ragionevoli accompagnando e non subendo  la riorganizzazione in corso del settore.

Così non è e quindi ad ogni accenno di crisi o di ristrutturazione la reazione pavloviana porta a respingere formalmente i piani aziendali, ad attaccarsi all’interpretazione di leggi e contratti che hanno ragione di esistere in tempi di normalità e di costringere le persone coinvolte a cercare individualmente soluzioni che, se affrontate con lungimiranza, potrebbero costituire una vera innovazione sociale.

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Gorillas e altri unicorni alla conquista dello Spazio…

Il Gorilla, comunque lo si osservi, provoca sempre reazioni contrapposte. Valutarne le caratteristiche non è facile. Prima Georges Brassens e poi Fabrizio De André ci hanno cantato alcune presunte  qualità dell’animale: “…Con poco senso del pudore le comari di quel rione contemplavano l’animale non dico come, non dico dove.”.. C’è voluto però Vincenzo Venuto, biologo e divulgatore scientifico a rimetterci con i piedi per terra ricordandoci nel suo ultimo libro che:” il Gorilla ce l’ha piccolo” smontando così una fake che aveva resistito fino ad allora. Quindi realtà raccontate o bluff rendono sempre difficile dare giudizi avveduti e compiuti.

Il Gorilla di oggi, anzi il Gorillas di cui voglio parlare è leader del mercato europeo nella consegna istantanea. Ha appena raccolto quasi un miliardo di dollari e, questo nuovo finanziamento arriva sei mesi dopo un altro finanziamento di 290 milioni di dollari che Gorillas ha raccolto nel marzo 2021. Fondata nel 2020 gestisce oggi quasi 200 magazzini in 9 Paesi, consegnando oltre 4,5 milioni di ordini solo negli ultimi 6 mesi.

Mario Gasbarrino, grande esperto di retail,  non si è fatto certo sfuggire la notizia manifestando notevoli perplessità sull’interesse generato dai fondi di investimento. È così o è  l’essere troppo dentro  la dinamiche della GDO che portano a sottovalutare il fenomeno?

In effetti l’accelerazione di Gorillas nella sua crescita e nella credibilità generata sul mercato fa riflettere. Con questi finanziamenti l’azienda tedesca può rafforzare la sua presenza nei mercati presidiati, investendo in modo ancora più efficace in gestione, persone, tecnologia, marketing e infrastrutture finanziarie.

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Carrefour/Auchan. Tra desideri e dura realtà

Fossi un dipendente di Carrefour Italia o un sindacalista di settore almeno per oggi tirerei un leggero respiro di sollievo. Solo per oggi, naturalmente. Per il momento la soluzione peggiore  non è passata. Come ho già scritto (https://bit.ly/3uPxZiK) per capire cosa potrà succedere in Italia, occorre tenere sotto osservazione ciò che sta succedendo in Francia.

Dietro quel “trop compliqué” pronunciato da Alexandre Bompard  CEO di Carrefour dopo cinque lunghi mesi di negoziato riservato con i rappresentanti della famiglia Mulliez proprietaria di Auchan c’è la presa d’atto dell’enorme difficoltà e delle inevitabili conseguenze di operazioni di quelle dimensioni. Ma c’è anche l’esplicitazione di una strategia altrettanto chiara.

Auchan ha offerto a Carrefour 21,50 euro per azione (16,8 miliardi di euro), di cui il 70% in contanti e il 30% in azioni della società che si andrebbe a creare. E questo piace molto meno agli azionisti attuali…  L’associazione della  famiglia Mulliez fa trasparire una certa sorpresa per questa brusca interruzione.

Secondo notizie di agenzia sarebbe stato innanzitutto il principale azionista Carrefour, la famiglia Moulin-Houzé, ad opporsi all’intesa.  Comunque la si giri, l’intera Carrefour è sul mercato. Preferibilmente francese. E questo è un segnale che non va sottovalutato quando si parla di concentrazioni necessarie per affrontare il futuro della GDO.

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Carrefour. Come presidiare un mercato difficile come quello italiano…

Purtroppo c’è sempre il rischio di guardare il dito anziché la luna quando si parla di multinazionali o di grandi imprese. Soprattutto nella GDO dove le nuove sfide indotte dalla concorrenza planetaria dei giganti della rete e della logistica spingono sempre più alle concentrazioni necessarie per liberare risorse importanti per competere.

Sotto questo punto di vista ci sono diversi modi per giudicare un’insegna della GDO. Si può partire dal punto vendita, dai prodotti, dalle promozioni o dalla qualità del servizio. Le famose tre C (contenuto, convenienza, comunicazione). Dalla sua capacità di attrarre o di perdere clienti. Spesso i manager o gli osservatori di cultura commerciale si fermano lì.

La fase della crescita continua nei diversi territori ha prodotto una cultura sostanzialmente con queste caratteristiche unita dalla capacità  di mettere insieme una o più insegne in una centrale sfruttando la massa critica nei confronti dei fornitori. Nel contesto competitivo di oggi così ci si gioca qualche punto percentuale in più o in meno. Obiettivo di per sé interessante  per aziende che competono in un mercato locale. Importante ma non  sufficiente per chi ha un diverso scenario di riferimento.

Se guardiamo al futuro sarà sempre più  la capacità di crescere e di generare le risorse necessarie per competere la chiave del successo di un’impresa. Su Carrefour bisogna quindi alzare lo sguardo. Il problema vero sta in Francia, nel quartier generale,  il resto segue. In un mercato della grande distribuzione sempre più competitivo, dove in Francia Leclerc è leader, Alexandre Bompard, CEO di Carrefour, da poco riconfermato, ha una missione ben più sfidante  che riuscire a rimettere in linea i conti della multinazionale a livello globale. Leggi tutto “Carrefour. Come presidiare un mercato difficile come quello italiano…”

Confcommercio. La Grande Distribuzione torna al centro degli equilibri…


“Il pesce vede l’esca, mai l’amo.” 

Ho incontrato per la prima volta  Carlo Sangalli in una pizzeria di Roma. Insieme al suo assistente. Accompagnavo Francesco Rivolta. Era un mercoledì sera  e la discussione affrontò vari temi. Chiacchierare con Sangalli non è mai banale.  A causa del mio “interismo” ci mise un po’ a passare dagli insulti ironici da curva sud ai fatti del giorno.

Verso la fine della cena,  il Presidente posò il suo cellulare sul tavolo. Un vecchio modello tipo “startac” parecchio rovinato. Scherzando disse che quell’oggetto era la dimostrazione del fatto che lui ormai in Confcommercio non contava più nulla.

In quel periodo, si vociferava di un suo possibile passo di lato verso un ruolo da “Presidente onorario”. Il palazzo aveva così interpretato l’arrivo di Francesco Rivolta proveniente da un’azienda della Grande Distribuzione. Comparto da sempre indigesto in  Confcommercio. Convinti della sua “imminente” uscita, secondo il suo racconto,  i servizi generali della confederazione non gli avevano assegnato un nuovo modello di cellulare.

Trattava la sua (im)probabile e ciclica disponibilità a farsi da parte, sempre con una sottile ironia. Sapeva dove voleva andare a parare. Eravamo nel 2011. La sua uscita non era affatto prossima nonostante il delfino già in vasca e l’apparente sua volontà. Difficile possa esserlo  anche ora.

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Confcommercio. È il suo futuro da RI-COSTRUIRE…

Manca un giorno all’assemblea confederale e sinceramente mi domando dove è finita la Confcommercio. Già lo slogan scelto “Ri-costruiamo il futuro” fa pensare che di quello vero, quello che interessa il Paese,   se ne stanno occupando altri che lo stanno Co-struendo. Eppure fino  a qualche anno fa era un avvenimento importante che doveva rappresentare, tra le altre cose,  la diminuita distanza da Confindustria e dal suo ruolo predominante nella rappresentanza datoriale.

“Terziario si, ma secondi a nessuno” era il grido di battaglia  di un Presidente che sentiva e gestiva con sobrietà e orgoglio gli umori, le contraddizioni e le aspettative della sua base. L’assemblea nazionale era il luogo formale dove la presenza della tifoseria, la qualità del parterre e l’effetto mediatico ne amplificavano la statura del leader e la consapevolezza che il comparto economico rappresentato marcava confini sempre più vasti.

L’idea di comprendere nel proprio perimetro organizzativo e sotto la sigla “Confcommercio”  l’intero terziario di mercato, annetterlo in un contratto nazionale di natura confederale che superasse la logica delle singole categorie economiche mettendo a disposizione delle imprese uno strumento flessibile, meno costoso di altri e applicabile in modo lasco è stata la vera intuizione che ha assicurato prestigio, rappresentatività  e risorse altrimenti difficili da realizzare. Un vero e proprio “salario minimo” ante litteram.

A differenza di altre Confederazioni, poi,  il 76% delle entrate di Confcommercio è dato da contributi della bilateralità e dei fondi welfare, il 20% dalle associazioni territoriali, il 3% dalle associazioni nazionali di categoria (dati Confcommercio prog. rappr. 4.0). Quindi i numeri e le risorse portavano vento nelle vele di chi sapeva dove stava andando. Leggi tutto “Confcommercio. È il suo futuro da RI-COSTRUIRE…”

Confcommercio. Una storia sbagliata….

“…È una storia vestita di nero, una  storia da basso impero,                                              una storia mica male insabbiata. È una storia sbagliata”

È una strofa di una canzone molto bella  di Fabrizio De André: Una storia sbagliata pubblicata nel 1980. Commissionata al cantautore genovese dalla RAI come sigla al programma “Dietro il processo”. Riguardava ben altre storie. Ma, in fondo, riguarda tutte le brutte storie. E anche quella che attraversa la Confcommercio, purtroppo, resta una gran brutta storia.

C’è un Presidente che cerca di ritardare il più a lungo possibile la sua uscita di scena che nega di esserne il protagonista che ha portato all’emarginazione tre persone per bene già vicepresidenti confederali, la vita di una donna stravolta sia sul piano professionale che personale, un processo in corso contro l’ex direttore generale e la credibilità del vertice della più grande  confederazione del Paese in crisi in un contesto sociale ed economico particolarmente complesso per l’insieme dei comparti rappresentati da quella Confederazione.

Se non si parte da qui si fatica a comprendere, al di là delle difese d’ufficio del cerchio magico  e delle legittime opinioni,  il travaglio vero in corso in piazza Belli.

Il formale sostegno  interno al capo supremo sembrerebbe, almeno in apparenza, fuori discussione. Sostengono tutti (o quasi), per amore o per forza, l’anziano Presidente. Messi in un angolo i pochi oppositori interni che si erano assunti la responsabilità di prendere le distanze da ciò che ritenevano stesse emergendo e con diverse associazioni territoriali che necessitano di continui sostegni  economici dal centro, la situazione è, dal punto di vista organizzativo, sotto il controllo degli uomini del Presidente.

È significativo il fatto che non ci siano state prese di posizione ufficiali ai nuovi elementi  emersi nelle udienze in tribunale dopo  la testimonianza di Giuseppe Guzzetti ex Presidente di Fondazione Cariplo di cui il Presidente di Confcommercio era vicepresidente. Ne avevo scritto qualche giorno dopo l’udienza (https://bit.ly/3hTzkjz), ne ha scritto il giornalista Giuseppe Guastella sul Corriere (https://bit.ly/3ynfzG4).

Soprattutto si sono appalesate evidenti contraddizioni tra le “verità” raccontate negli organismi confederali (a detta di chi era presente) e quelle emerse dagli interrogatori  dello stesso Presidente di Confcommercio tanto da ricordarmi Bulgakov ne Il Maestro e Margherita: “Ma perché, vagabondo, turbavi la gente del mercato parlando di una verità di cui non hai idea?”. Leggi tutto “Confcommercio. Una storia sbagliata….”

GKN. Un caso isolato o un segnale di possibile crisi delle relazioni industriali?

Quasi tutte le operazioni collegate alle chiusure di attività o grandi ristrutturazioni/riorganizzazioni portano con sé rischi e conseguenze che spesso finiscono nelle aule dei tribunali. Rivendicazioni individuali, situazioni specifiche legate alla gestione della procedura, mancati ripescaggi ritenuti possibili. Di solito si concludono con singole reintegrazioni o indennizzi economici.

Rappresentano gli effetti collaterali di operazioni traumatiche come lo sono sempre  i licenziamenti collettivi. L’avvio della procedura prevista, i settantacinque giorni che normalmente la scandiscono, i tentativi di conciliazione, la solidarietà di politici e istituzioni locali, le tende e gli striscioni, l’intervento del MISE compongono un rito collettivo sempre uguale a sé stesso. Una liturgia cruda, dolorosa e sempre inaccettabile  per chi la subisce, indipendentemente dalla condizioni nelle quali versa l’azienda che la promuove, officiata dai sindacalisti coinvolti che devono gestire speranze e delusioni di piccole comunità di persone in carne e ossa fino alla chiusura del sito.

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Esselunga e il suo mito. Una competizione difficile.

Pur con i cambiamenti al vertice Esselunga, a Milano, resta sempre la migliore. Non serve essere particolarmente esperti per accorgersene. È la lepre che le altre insegne sono costrette ad inseguire. Personalmente sono convinto che Conad abbia fatto bene a non sottovalutare la piazza di Milano sfruttando le opportunità offerte dall’operazione Auchan. C’è tempo per capire e affrontare una piazza completamente diversa dalle altre.

Resta la prima inseguitrice, Carrefour per numero di PDV. Temo però che tra la scelta irreversibile fatta con il franchising, l’offerta, i prezzi, i concorrenti  e i discount che avanzano lo spazio, più che aprirsi, sembra restringersi. L’elemento che può contribuire a cambiare gli scenari futuri  è che, Esselunga, ha perso ormai da tempo il leader  che l’ha costruita  e più recentemente un top manager di notevole qualità che ha cercato di cambiarle pelle.

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Grande Distribuzione. Bernard Arnault lascia Carrefour.

Non ne poteva più di mantenere quel 5,7% di Carrefour.  Bernard Arnault ha chiuso, dopo  14 anni la sua avventura nella Grande Distribuzione. Ovviamente la sua uscita provocherà conseguenze importanti sia sul titolo (subito -4,74% alla Borsa di Parigi) che sulla catena stessa. Ma non solo.

Il nervosismo sull’investimento del proprietario di LVMH lo si era già capito con la nomina di Alexandre Bompard scelto indubbiamente per le sue qualità manageriali ma anche per condurre in porto proprio il suo addio. A gennaio la canadese Couche Tard aveva fatto un’offerta da quasi 20 miliardi di dollari rifiutata per l’intervento scomposto del Governo francese.

Lì si era capito che la scelta di lasciare di Arnault era definitiva. Incassato il no dalla politica, persa una grande occasione visto la compatibilità tra le due realtà e i progetti di espansione del gruppo canadese ad Alexandre Bompard non restava che continuare nella riorganizzazione del gruppo in attesa di decisioni dell’azionariato.

Il disimpegno era iniziato già nel settembre 2020 con la vendita di circa il 3,1% del capitale del distributore detenuto da Crédit Agricole CIB, a copertura delle operazioni in derivati concluse con una controllata del Groupe Arnault. La reazione politica negativa alla proposta di Couche Tard ha segnalato, però, il punto di non ritorno. Leggi tutto “Grande Distribuzione. Bernard Arnault lascia Carrefour.”