Carrefour Italia. Declinare per crescere?

L’incontro con il CEO Italia Cristophe Rabatel non ha certamente tranquillizzato i sindacati di categoria. Per comprenderne le ragioni è però necessario fare un passo indietro e partire dalla presentazione dei risultati 2020 da parte del CEO del gruppo Alexandre Bompard.

37,9 miliardi di euro in Francia, in crescita del 3,6% al netto delle vendite di carburante. Gli ipermercati chiudono l’anno in positivo con 19,1 miliardi di euro. I supermercati realizzano un +9,8%. L’e-commerce alimentare è arrivato + 70% nel 2020 a 2,3 miliardi di euro a livello di gruppo confermando la scelta strategica. Il covid-19 ha ovviamente contribuito. Entro il 2022, il gruppo punta ancora a raggiungere 4,2 miliardi di euro di vendite nell’e-commerce alimentare e 4,8 miliardi di euro di vendite di prodotti biologici.

Al di fuori della Francia, il gruppo Carrefour sta migliorando quasi ovunque. In Europa (Francia esclusa) le vendite a perimetro costante sono cresciute del 3,5% (23,6 miliardi di euro). In Sud America, le vendite di Carrefour sono aumentate del 18,2% in Brasile (12,7 miliardi di euro) e del 49,3% in Argentina (2,7 miliardi di euro). Infine, l’attività a Taiwan è stata pari a 2,2 miliardi di euro ( +6,7% in totale).

Completato il piano per ottenere risparmi di 3 miliardi lanciato nel gennaio 2018 l’azienda prevede di ottenerne ulteriori  2,4 miliardi sui costi aggiuntivi su base annua entro il 2023. Nell’ultimo anno  il fatturato globale di Carrefour ha raggiunto i 78,61 miliardi di euro, in crescita del 7,8% a perimetro costante. Tutto questo ha fatto dire al CEO che nel 2020 il Gruppo ha realizzato la migliore performance di vendita degli ultimi  20 anni.(***) Leggi tutto “Carrefour Italia. Declinare per crescere?”

Amazon ovvero la solitudine dei numeri uno….

Il resoconto della giornata di sciopero era scontato. Da un alto i numeri sulle adesioni “certificati”  dal sindacato, dall’altro quelli aziendali. Ovviamente molto contrastanti. Così come l’enfasi mediatica data all’agitazione. Amazon è un’azienda che si presta alle strumentalizzazioni. Consumatori in crescita esponenziale da una parte quindi tensioni con la concorrenza tradizionale  e immagine negativa veicolata principalmente  da quella parte dei media e dell’opinione pubblica in generale che ha un pregiudizio negativo su questa come su altre multinazionali.

Innanzitutto i fatti. Amazon applica il CCNL del commercio, aderisce alla Confcommercio tramite l’associazione di categoria (Conftrasporto) ed è seguita sul piano sindacale  dalla associazione territoriale Confcommercio di Piacenza. Quindi sul piano formale non ha nulla fuori posto. Il sindacato dei trasporti chiede, altrettanto legittimamente, l’apertura di un negoziato aziendale sui carichi di lavoro, sull’organizzazione del lavoro e sul suo riconoscimento economico. L’azienda si è incontrata più volte con il sindacato esterno quindi ne ha riconosciuto il ruolo negoziale ma ritiene (ad oggi) che le richieste non siano accettabili.

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La Partecipazione dei lavoratori tra passato e futuro…

Ho avuto la fortuna di crescere professionalmente anche grazie al professor Guido Baglioni e ai suoi collaboratori e di lavorare con loro sia nella redazione della rivista “Impresa al plurale” che su alcuni progetti aziendali che ho seguito direttamente nella seconda metà degli anni 90. E quindi non nego che questo tema mi stimola particolarmente.

Se si vuole comprendere le traiettorie della “Partecipazione” nel nostro Paese è anche da lui e dal suo pensiero che occorre partire. Soprattutto perché, dopo l’intervento di Enrico Letta, neo segretario del PD, sembrerebbe che l’argomento possa assumere una nuova accelerazione. A supporto, due interessanti  interventi che hanno cercato di interrogarsi sull’attualità della proposta, sul suo possibile sviluppo e sulla sua importanza nella strategia del centro sinistra e degli stessi sindacati confederali. Dario Di Vico sul Corriere (https://bit.ly/3r00ZRg) e Francesco Riccardi su Avvenire (https://bit.ly/3rVYIbf).

È fuori dubbio che l’orizzonte di riferimento sull’argomento in quegli anni comprendeva formule e modalità oggi difficilmente riproponibili. Non è un caso che il tema della “Partecipazione” nel nostro Paese è stato poi circoscritto alle cosiddette “prime parti dei CCNL come terreno di confronto informativo tra sindacati e imprese.

L’evoluzione più interessante sono stati i Comitati Aziendali Europei. Organismi sovranazionali di consultazione limitata ai lavoratori di imprese multinazionali. Un’altra forma di “Partecipazione” si è sviluppata a livello aziendale soprattutto in alcune realtà legando parte del salario dei lavoratori ai risultati dell’impresa. Produttività, redditività, obiettivi economici ne hanno caratterizzato sostanzialmente il campo di azione. Leggi tutto “La Partecipazione dei lavoratori tra passato e futuro…”

Federdistribuzione. Si cambia?

A ciascuno il suo Mario Draghi. L’accelerazione imposta dal contesto prevedeva anche per la GDO che si riconosce in Federdistribuzione un cambio di passo. Il lavoro di ricerca dei cosiddetti saggi aveva escluso la presenza di candidature interne. Bruciata l’unica candidatura di peso che non era gradita al Food non restava che andare fuori affidandosi ad un HH.

L’idea di fondo assolutamente condivisibile era di superare la fase delle candidature interne deboli come da tradizione e individuare una figura che avesse un ottimo CV, che potesse mettere in campo una autorevolezza personale nella filiera e contemporaneamente rappresentasse un punto di riferimento in grado di costruire un possibile percorso unitario che consentisse a Federdistribuzione di porsi come elemento di coagulo della GDO che vede ad oggi  le due principali aziende del comparto accasate altrove, i discount principali per conto loro, un certo grado di ruggine tra FOOD e altri sottosettori e infine il grande rischio di non contare nulla nella fase della ripartenza e dell’utilizzo dei fondi del Nextgeu.

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Grande distribuzione. I discount, il cliente e il cabaret

Tanti consumatori travestiti da Albert Einstein trasformato per l’occasione in un’icona del risparmio o, come dice lo spot di Eurospin, della spesa “intelligente”.  Prezzi, promozioni azzeccate, ruvide  politiche di acquisto e di rigida gestione dei costi hanno consentito a questa realtà di balzare per gli utili al secondo posto, dopo Esselunga, tra il 2015 e il 2019 (indagine Mediobanca).

Nessuno tra  gli  “anziani” esperti del comparto avrebbe mai scommesso un euro nel 1993 sui quattro imprenditori che hanno pensato e saputo sviluppare negli anni successivi   oltre 1200 negozi con più di 15.000 collaboratori. E non certo solo con i sottocosto civetta di cui si parla spesso.

Insegna amata dai molti consumatori che la frequentano e odiata a monte della filiera e da alcuni concorrenti diretti  per la spregiudicatezza dei sottocosti estremi che, a detta dei critici, rischiano di banalizzare e svalutare il prodotto agricolo e il lavoro che vi sta dietro. Recentemente è toccato alle fragole 500 gr. vendute a poco più di un euro ma il top è stato raggiunto con l’anguria ferragostana ad un centesimo. Ogni volta scatta la polemica che generalmente finisce in nulla in attesa della puntata successiva. Il discounter italiano ritiene di essere nel giusto e quindi tira dritto. I consumatori che lo frequentano, applaudono felici.

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Grande Distribuzione. Quale futuro prossimo?

Se guardiamo ai prossimi due o tre anni il bicchiere mezzo pieno lo lascio volentieri ad altri. Per alcune insegne e per alcuni formati della GDO sarà certamente un periodo positivo. Non per tutti  però sarà un periodo facile. La crisi di alcune insegne, di singoli punti vendita e di alcuni  formati distributivi si accentuerà e porterà ad ulteriori quanto inevitabili chiusure. Basterebbe guardare il conto economico di molti ipermercati o punti vendita di alcuni sottosettori della GDO per comprendere quello che avverrà.

Christophe Rabatel CEO di Carrefour Italia ha serrato i ranghi della sua squadra di testa e si appresta a completare, accelerandolo, il processo di riorganizzazione che prevede, uno ad uno, l’abbandono degli iper nei quali il conto economico è ormai compromesso e senza possibilità di recupero. Mi stupiscono quelli che si sorprendono.

L’ipermercato di Camerano nelle Marche (https://bit.ly/30eYSOA) non sarà l’unico. Il lockdown non aiuta certo i piani di rilancio. Dalla Francia sollecitano risultati e la pazienza nel quartier generale non è infinita. L’operazione Couche Tard, pur stoppata per questioni elettorali, è lì a dimostrare che la realtà non può essere messa sotto il tappeto. Occorrono risultati e subito.

Lo stesso problema lo avrà Conad in alcune realtà nonostante la volontà di puntare tutto sul progetto “Spazio Conad” per rilanciare gli ex Iper Auchan. Contestare impegni presi in altre epoche geologiche rischia di lasciare il tempo che trova. Gallerie, grandi superfici e location “sperdute” rischiano di mettere piombo alle ali anche ai più ottimisti. Il 2021 evidenzierà una situazione di crisi generale di certi formati e di alcuni  sottosettori della GDO. Leggi tutto “Grande Distribuzione. Quale futuro prossimo?”

Grande Distribuzione. È ora di ridisegnare il futuro, il ruolo politico e la strategia del comparto

A parte il CEO di Conad Francesco Pugliese che ha cercato di inserire nel confronto  legato al NGEU anche un tassello importante del futuro della GDO italiana (https://bit.ly/37lZ2rw), il resto delle imprese del comparto e le rispettive associazioni sembrano poco interessate  ad entrare in partita. 

Il Governo Draghi ha un compito importante: disegnare e proporre un modello di futuro economico e sociale per il nostro Paese in un quadro europeo. Esserci o non esserci non è la stessa cosa. Nel comparto della grande distribuzione si è poco abituati a misurarsi ad armi pari con la Politica. A parte Coop e Conad che hanno una identità  riconosciuta, le multinazionali tendono a mantenere un profilo basso per evitare frizioni mentre le insegne minori si confrontano generalmente a livello locale e/o regionale con istituzioni e partiti. Più a loro agio   quando cercavano di crescere e dovevano superare difficoltà e vincoli locali a colpi di assunzioni e oneri di urbanizzazione meno da quando ridimensionamenti e chiusure impattano sui singoli territori.

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Carrefour/Couche-Tard. Perché il negoziato si è arenato. E perché deve riaprirsi

L’acquisizione di Carrefour da parte di Couche-Tard per il momento è congelata. Non certo chiusa. Le due società hanno rilasciato una dichiarazione congiunta dove non si dichiara, come era prevedibile, la conclusione dei colloqui ma si annunciano una serie di partnership operative. Un modo come un altro per guadagnare tempo.

Una cosa è chiara. Tutti sapevano benissimo, fin da subito, che acquisire il più importante datore di lavoro di Francia che presidia il 20% del mercato della distribuzione alimentare e ad un anno dalle elezioni presidenziali non sarebbe stata una passeggiata. Un’operazione facile da strumentalizzare che sarebbe stata vissuta negativamente dai francesi nonostante la congruità dell’offerta canadese.

Ma cosa è successo in realtà?

Scorrendo le notizie sui media francesi e confrontandole con quello che propongono i blogger con i quali ci scambiamo  spesso informazioni  sul comparto, tutto sembra essere iniziato prima dello scorso novembre.  Il gruppo del Quebèc dopo aver spedito emissari in visita nei PDV su tutto il territorio francese ha individuato una presenza eccessiva di grandi insegne  nella GDO. A parte Leclerc, Intermarché e Système U che hanno risultati soddisfacenti  l’attenzione si è concentrata sulle tre insegne in maggiori difficoltà: Carrefour, Auchan, Casino. I primi due alle prese con importanti piani di ristrutturazione, la terza per i suoi debiti. Carrefour è stata la scelta naturale anche perché i suoi due principali azionisti è da tempo che vorrebbero cedere le loro quote.

Un contatto verso fine anno con il CEO Alexandre Bompard e una lettera formale di interesse hanno dato il via all’operazione. Pochi giorni dopo  Alain Bouchard, Presidente e AD di Couche-Tard ha incontrato il management di Carrefour.

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Carrefour/Couche-Tard. La strategia di un’impresa tra sfide globali e interessi locali

Poco dopo l’annuncio dell’offerta di acquisto per Carrefour da parte del gruppo canadese Couche-Tard per un valore stimato in 16 miliardi di euro il ministro dell’economia francese ha sentenziato”Non sono favorevole a questa operazione” provocando un pesante scivolone in borsa che ha danneggiato l’azienda.

In Francia il famoso antico proverbio che in Italia suona “Moglie e buoi dei paesi tuoi” si declina in: “Prend ta femme dans ton village et les boeufs dans le voisinage” quindi, sulla carta,  poco spazio agli intrusi o agli spasimanti anche se provenienti dai territori francofoni del Quebèc. Questi ultimi lo avranno certamente messo in conto. Da loro, lo stesso proverbio è leggermente diverso nella forma. Non nel significato: “Marie-toi devant ta porte avec quelqu’un de ta sorte” (sposati davanti alla tua porta con qualcuno della tua specie).

Nonostante l’accordo commerciale di libero scambio tra l’Unione Europea e il Canada firmato nel 2016 la partita sembra veramente complessa. Quando si tratta di comprare aziende in Francia mogli e buoi (e proprietà delle imprese) devono essere in  casa. Avere la stessa lingua non è una caratteristica sufficiente per i francesi.

Non credo che i principali azionisti di Carrefour siano dello stesso parere pur non sottovalutando che stiamo parlando del maggiore datore di lavoro del Paese e dei complessi interessi dell’intera filiera agroalimentare nazionale.

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Cortilia la food-tech company italiana si tinge di Rosso…

L’entrata di Renzo Rosso in Cortilia attraverso la Red Circle Investiments è una notizia importante. È un segnale di discontinuità. La food-tech company fondata nel 2012 da Marco Porcaro potrà continuare la sua crescita anche grazie ai 34 milioni di investimento decisi dai soci preesistenti (oltre al fondatore, i fondi Indaco Ventures, il fondo Five Seasons Ventures, il fondo Primomiglio e P101 SGR) insieme alla new entry.

Cortilia è presente in Lombardia, Piemonte e Emilia Romagna e ha però un grande potenziale di crescita. Per ora ancora sulla carta. Nel 2020 ha avuto, grazie anche al lockdown, un balzo importante del proprio fatturato da dodici a trentaquattro milioni di euro. 

Marco Porcaro, il suo CEO, ha dichiarato al Sole 24 ore «Nelle prime settimane dell’emergenza sanitaria ci siamo trovati a gestire un picco di domanda cinque volte superiore alla nostra capacità logistica». Ha inoltre spiegato che la loro crescita è legata non solo al particolare contesto ma anche ad un’offerta particolare attenta alla qualità, all’artigianalità, alla filiera corta e alla sostenibilità dei prodotti proposti per la quale una fascia di consumatori è certamente disposta a spendere di più pur di avere una spesa di qualità.

Questa operazione però mi suggerisce alcune riflessioni.

L’ingresso nel CDA del, fondatore del marchio Diesel e presidente del gruppo di moda OTB, è un’entrata che fa rumore. Renzo Rosso ha dichiarato: “L’anno appena passato ha ricordato l’importanza della salute e del benessere, e come la tecnologia possa cambiare la nostra vita, nel caso di Cortilia, ad esempio, connettendo la filiera contadino-consumatore in maniera digitale. Questa partecipazione è la naturale evoluzione del nostro interesse e impegno in questo settore: Cortilia sposa il concetto di cibo di qualità sostenibile con l’innovazione digitale, due pilastri della mia visione del futuro…. In Cortilia conto di portare il mio know-how in diversi settori e attività, e una visione sempre nuova e inaspettata di vedere le cose”. Una visione del futuro certamente chiara. Leggi tutto “Cortilia la food-tech company italiana si tinge di Rosso…”