Le forze sociali preferiscono marciare divise. Strategia o destino?

Dario di Vico si è posto alcuni giorni fa una domanda, a mio parere centrale ma che rischia di restare, purtroppo, senza risposta. “Il piano vaccini con molte incognite, una crisi di governo strisciante, un Recovery Plan poco incisivo. Cosa aspettano le forze sociali (tutte assieme) a far sentire la loro voce (in chiave “construens”)?

Da lettore attento cerco di capire.

Cosa impedisce alle forze sociali di trovare un punto di incontro che le rilancerebbe sia sul piano dell’immagine, oggi appannata, che su quello della centralità nel contribuire alla costruzione di un futuro possibile per il Paese?

Una facile scorciatoia sta nel concludere che ci  siano problemi di qualità dei gruppi dirigenti. Gli osservatori, spesso i più anziani, sono portati a pensare che il paragone con il passato sia impietoso nei confronti dei contemporanei. Personalmente non credo sia questo il punto. Se potessimo ingaggiare i migliori del passato li consegneremmo ad una pessima figura nel presente. Ogni stagione ha i suoi frutti. E le rispettive classi dirigenti sono frutti di stagioni precise. E poi del passato si tende a ricordare solo ciò che fa più comodo. Quindi occorre cercare altre motivazioni. Ma qual’ è lo stato dell’arte?

È fuori dubbio che l’elezione di Carlo Bonomi alla presidenza di Confindustria ha segnato una importante discontinuità per l’associazione. Nasce dal basso, interpreta un desiderio di protagonismo e di cambiamento diverso dal passato. Bonomi credo abbia capito che l’autorevolezza e la capacità di fare lobby nel nuovo secolo non si eredita né viene concessa per grazia ricevuta. Si conquista ogni giorno se si ha qualcosa da dire e da dare e si conferma  se incide sulla realtà producendo sintesi tra gli interessi di categoria e quelli del Paese. Leggi tutto “Le forze sociali preferiscono marciare divise. Strategia o destino?”

Grande distribuzione. Il 2021 tra certezze, visioni e profezie….

Chiudo il 2020 con un punto interrogativo che credo si pongano molti. Scomparirà finalmente il Covid nel 2021? E quanto questa situazione  inciderà modificando definitivamente  le nostre abitudini? Nessuno può ancora dirlo. E le strategie delle imprese della GDO, decise ben  prima  e in un contesto completamente diverso, hanno ancora senso o devono essere ricalibrate in tutto o in parte?

Per quelle più grandi o sensibili al contesto socioeconomico il lockdown ha, a mio parere,  insegnato molto. Ha indicato alcune nuove traiettorie possibili in un comparto che è cresciuto continuando sostanzialmente a copiare sé stesso dentro o fuori i confini nazionali da quel lontano 1957 quando Esselunga aprì i battenti in via Regina Giovanna a Milano.

La GDO oggi  è a un bivio. Condivido Brittain Ladd che l’ha paragonata alle grandi sale cinematografiche americane. La prima, negli USA, ha aperto il 19 giugno 1905 a Pittsburgh e, per oltre 100 anni, quel settore ha  fatto molto poco per cambiare l’esperienza del cliente. Audio e immagini sono sicuramente migliorate, le poltrone sono diventate più comode, i locali più accoglienti e sofisticati.  Invece di sviluppare un modello, ad esempio, per la consegna di film ai clienti, le catene più importanti hanno solo cercato di migliorare ciò che sapevano già fare.

Non hanno pensato utile collaborare con i movie studios per trasferire i consumatori dalle sale cinematografiche allo streaming diretto dei film o elaborare modelli alternativi perché mantenere lo status quo era più facile.  Leggi tutto “Grande distribuzione. Il 2021 tra certezze, visioni e profezie….”

Grande Distribuzione 2020: una classifica davvero speciale…..

Per molti è un 2020 da dimenticare. Non credo quindi che ne avremo nostalgia. Lascio però i bilanci di fine anno agli esperti. Ci penseranno i media nazionali a ripercorrere questo anno orribile ciascuno dal proprio punto di vista. Non tutti i settori economici hanno però vissuto le stesse problematiche e non tutto è stato negativo.

Nella Grande Distribuzione è proseguito il percorso di rafforzamento dei Discount, l’on line è cresciuto più del previsto e le diverse insegne hanno reagito bene. Ho deciso di proporre, per chi mi segue, una personalissima classifica del 2020 di dieci piccoli e grandi avvenimenti di peso e qualità assolutamente diversi tra di loro che, a mio parere, hanno provocato interesse particolare. Ovviamente ho scelto fatti  che  mi hanno colpito, rilanciato o trattato nei miei interventi sul blog durante il 2020. Non necessariamente ciò che è stato più importante in assoluto. 

10 posto –  Amazon. Il convitato di pietra della GDO. Un premio speciale alla country manager per essersi intrattenuta cordialmente per un paio d’ore con Matteo Salvini, il politico meno disponibile nei loro confronti e per tenere sulla corda gli operatori della GDO spingendoli continuamente a mettersi in discussione. La segnalo inoltre per la scelta della pubblicità con al centro i suoi lavoratori. Alla faccia delle teorie dei  selezionatori classici che scartano sempre quelli che a prima vista appaiono come  i più problematici: i più anziani, i diversi, le donne che vogliono rientrare al lavoro. Caratteristica privilegiata  una sola: aver voglia di lavorare. Semplice ed efficace.

9 posto – Eurospin per l’anguria “regalata” a ferragosto a pari merito con Iper la grande I per il panettone Melegatti a 0,99 di novembre  e  l’ananas a un centesimo della antivigilia Natale. Anche qui senza conseguenze particolari come dichiarato dalla Del Monte. Probabilmente ne aveva comprato troppi in Sudamerica visti i tempi. Non sono un commerciale quindi non mi appassiona il dibattito puntuto degli esperti. Mi limito a non accodarmi alle critiche strumentali. Mi appassionano però  i duelli tra colleghi commerciali che fortunatamente durano più o meno il tempo delle promozioni proposte. Registro che nel comparto si confrontano da anni più scuole sulle promozioni e che le strategie per chiudere l’anno con numeri accettabili divergono da azienda ad azienda. La GDO però resta l’unico settore produttivo in Italia dove c’è chi fa company reputation attaccando le scelte dei concorrenti anziché differenziarsi limitandosi a parlare delle proprie. Non lo trovo particolarmente corretto. Soprattutto quando  politiche commerciali, promozioni e sottocosti, politiche del personale, scelte organizzative (se attuati nel rispetto della legge e dei contratti)  sono aspetti fondamentali  della libertà di un’impresa difficili da omologare o standardizzare.   Leggi tutto “Grande Distribuzione 2020: una classifica davvero speciale…..”

Conad/Auchan finalmente ai titoli di coda.

I risultati parlano da soli. Conad nella sua conferenza stampa di fine anno si conferma la prima della classe. Ottimismo verso il futuro, determinazione del suo gruppo dirigente e dati oggettivi che dimostrano i buoni risultati raggiunti. Ottima la sintesi di Francesco Pugliese: “Siamo soddisfatti dei nostri risultati, ma non felici. Non si può star bene come individui in un contesto che non sta bene.”

Leggeremo nei prossimi giorni approfondimenti più autorevoli del mio sulla qualità del business Conad, gli investimenti sui diversi canali e formati distributivi. Dal mio punto di vista  mi hanno solleticato quattro questioni messe sul tavolo affatto secondarie.

L’accordo con Deliveroo e lo sviluppo di una piattaforma che va ben oltre la consegna a domicilio, l’ipotesi che Todis salga verso la linea gotica o ancora più su per competere interpretando un modello di discount diverso dagli altri, la solidarietà, praticata e non decantata, nei territori dove il Covid ha colpito duro e, ultimo ma non ultimo, l’affermazione che le concentrazioni necessarie per competere nella GDO saranno ancora protagoniste del futuro. E da quello che mi è parso di intuire, Conad giocherà le sue carte per continuare a crescere forte anche  dell’esperienza accumulata nell’operazione Auchan. Leggi tutto “Conad/Auchan finalmente ai titoli di coda.”

CCNL metalmeccanici. Un passo indietro per farne due in avanti…

Trentaquattro pagine sono la corposa risposta di Federmeccanica (https://bit.ly/36bQX8D). alla piattaforma contrattuale  dei metalmeccanici presentata undici mesi fa da FIM Cisl, FIOM Cgil, e UILM Uil (https://bit.ly/37bdmSQ) .  “Una buona base di discussione” come l’ha definita Roberto Benaglia segretario generale della FIM CISL. Leggendola mi sono fatto l’idea che per apprezzarne lo sforzo e i contenuti occorra fare un passo indietro e ripartire dalle condizioni di cambiamento  che aveva innescato il rinnovo precedente.

Non partirei quindi dalla piattaforma presentata dai sindacati. La parola chiave, allora era “rinnovamento” del contratto al posto del più tradizionale  “rinnovo” del contratto.  Non era un semplice  slogan. Le parole sono importanti se e quando indicano una strada da percorrere.

Anche oggi  il rinnovo si gioca, sempre nelle intenzioni dell’associazione datoriale, su di un passaggio chiave.  Da rinnovo del contratto “di” lavoro a rinnovo di contratto  “per” il lavoro. E anche questa volta non è la stessa cosa.  Innanzitutto c’è la volontà di investire sullo strumento. Quindi di sottolinearne il potenziale rinnovandone lo scopo. “Per” il lavoro significa progettare, si spera insieme, uno strumento nuovo nel quale trovi spazio la qualità del lavoro e il suo riconoscimento anche sul piano individuale a partire da una proposta di alto profilo sull’inquadramento (che prevede  una  valorizzazione della professionalità e delle competenze e supera il concetto di mansione che ha retto per oltre 40 anni), la produttività e la sua distribuzione, la tutela del reddito e il welfare contrattuale. E quel “per” innesca inoltre seppur in  differita nei tempi,  anche la contrattazione aziendale.

Qualcosa non ha funzionato nella fase della gestione e i tempi di implementazione della parte più qualitativa del vecchio contratto hanno subìto un evidente rallentamento. Un “rinnovamento” che ha faticato quindi ad affermarsi sia nelle imprese che nel sindacato. La ragione è che quella firma, per certi versi storica,  anticipava e non seguiva il contesto. Intuiva che occorresse predisporre la strumentazione. Leggi tutto “CCNL metalmeccanici. Un passo indietro per farne due in avanti…”

Amazon ha voglia di fresco….

Se sarà confermata credo sia una notizia positiva e importante. Amazon starebbe per lanciare Amazon Fresh in Italia (https://bit.ly/2UPSz1c). Negli USA le strade preferite dalla multinazionale di Jeff Bezos hanno comportato sia acquisizioni di aziende già strutturate (vedi Whole Foods) sia acquisizioni di ex centri commerciali dismessi vicino alle città da trasformare in centri logistici estremamente performanti.

Prima del 2017 la maggior parte degli analisti di vendita al dettaglio USA sosteneva che Amazon non sarebbe mai stato un attore importante nel fresco e nelle vendite al dettaglio. Oggi è leader nel settore alimentare per tecnologia e innovazione. Ovviamente non in quota di mercato. Amazon ha però aumentato la sua quota e continuerà a farlo attraverso la sua strategia on line e acquisendo società del comparto da affiancare a Amazon Fresh.

Fino ad oggi i due accordi sottoscritti con aziende della GDO italiana non hanno portato a nulla di stravolgente e condivido che questo possa essere uno dei motivi di riflessione sul “che fare?” del gigante di Seattle nel nostro Paese. L’altro credo sia l’accelerazione di un processo già in corso che il coronavirus ha solo moltiplicato ovunque. Leggi tutto “Amazon ha voglia di fresco….”

La comunicazione aziendale può mettere al centro il lavoro?

Forse il primo è stato Giovanni Rana. Ma i collaboratori messi in campo nei suoi spot parlavano della bontà del prodotto. Solo sullo sfondo si poteva percepire una cultura del lavoro priva di contrapposizioni ben illustrata dalla recente intervista di Dario Di Vico sul Corriere Economia al figlio Gianluca, oggi al timone dell’azienda. Altre aziende, nel tempo, hanno scelto come testimonial uno o più  dipendenti in alternativa a personaggi inventati o famosi che si fanno garanti del prodotto e quindi anche del brand.

Se lo spot del  “Mulino  Bianco” puntava sulla casa e quindi su un modello di famiglia con Giovanni Rana la famiglia, intesa in senso più allargato, si è trasferita  dentro i cancelli dell’impresa riuscendo a trasmettere il clima positivo, la genuinità e la semplicità di un prodotto “made in Italy”.

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Grande distribuzione tra panettoni, angurie e scarpe…

Ebbene sì. Questa mattina, nonostante il lockdown e in piena zona rossa, sono uscito di casa prestissimo. Obiettivo: raggiungere la LIDL di Corbetta prima dell’apertura. Mi aveva stuzzicato un tweet di Michele Arnese, direttore di Start Magazine provocato dall’entusiasmo del titolista di un articolo del giovane giornalista Alessandro Vinci sul  Corriere (https://bit.ly/3pFkFL1). “Tra poche ore le ambitissime sneaker della catena LIDL saranno finalmente acquistabili anche in Italia a 12,99 euro. Spazio anche a ciabatte, calzini e t-shirt: tutto in edizione limitata”.

Quel “finalmente” messo lì come se fossimo alla fine di un incubo. Un avverbio che, di questi tempi, si usa con cautela e circospezione.  Per l’annuncio del vaccino contro il coronavirus o alla percezione di un’inversione del malefico RT o, infine, all’arrivo degli agognati ristori.

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Grande distribuzione. Innovazione e cambiamento passano anche dall’Europa

Cosa pensano della Grande Distribuzione in buona parte delle istituzioni politiche europee e nazionali risente di due pregiudizi  radicati. Innanzitutto, anche grazie all’azione delle lobby contrarie, la GDO è ritenuta l’attore “cattivo” dell’intera filiera agroalimentare che strozza l’agricoltura anche attraverso pratiche sleali. In secondo luogo perché viene spesso associata al cosiddetto  “lavoro povero” (poco qualificato, precario, con contratti di lavoro atipici e una forte incidenza di part-time involontario, molto spesso femminile). E questo non vale solo per il nostro Paese.

Di questi tempi, poi, sono tutti convinti che la GDO stia facendo un sacco di soldi. Difficile spiegare che non è vero. Né provare a far riflettere, ad esempio nel nostro Paese,  sull’evoluzione dei formati, le riorganizzazioni e le concentrazioni   necessarie, le conseguenze sui modelli di consumo sulla quantità e qualità dell’occupazione che queste comportano.

L’insistenza sulle  chiusure festive, l’isolamento dei reparti no food, le limitazioni al movimento tra comuni e regioni sono solo la punta dell’iceberg di una pregiudizio che ha radici più profonde in una parte del mondo politico tradizionale e di parte dei  media nei confronti dei luoghi di consumo. L’idea stessa di spostare dal lavoro ai consumi il peso fiscale (il cosiddetto tax shift) fa parte di questo filone culturale. Come quello di pretendere di decidere a monte e in sede politica, ciò che è indispensabile, utile e necessario da ciò che non lo è nell’esercizio di una attività economica e, addirittura, di  come dovrebbe essere organizzata.

E poi le web companies. Croce e delizia di un cambiamento epocale in corso che però operano con regole e regimi molto meno stringenti e diversi del resto del commercio tradizionale o moderno che sia. Infine il mondo delle botteghe più o meno cresciute che sembravano resistenti ad ogni avversità ma contemporaneamente  fragili e facili da mettere in un angolo quando la situazione lo richiede. Come dimostra  l’attuale situazione. Leggi tutto “Grande distribuzione. Innovazione e cambiamento passano anche dall’Europa”

Grande Distribuzione. Il clima aziendale va in classifica…

Mi sono immaginato l’espressione di sorpresa di molti formatori, consulenti e sindacalisti del commercio nel vedere la classifica pubblicata dal Corriere Economia sulle insegne della GDO in classifica tra le aziende top in cui lavorare. Così come quella dei CEO che si sono trovati chiamati in  causa improvvisamente senza, probabilmente, neanche sapere di aver partecipato ad una gara. Due domande semplici: dai un voto alla tua azienda da 1 a 10 e la consiglieresti a un tuo familiare? Nulla di particolarmente sofisticato ma 12.000 lavoratori coinvolti  da Statista che ha costruito la graduatoria con  i giudizi espressi e pesati che hanno superato i 650.000 e hanno messo in gioco 400 aziende.

Il clima aziendale, checché se ne pensi,  è uno dei principali fattori di successo di un’impresa che sa dove andare. È complementare alle strategie e alle politiche commerciali. È quell’elemento che fa superare le difficoltà, i piccoli e grandi problemi che ti porti sul posto di lavoro ma anche quelli che incontri mentre sei nel PDV. È costituito da quello scambio continuo tra il dare e l’avere (non solo economico) che si gioca sul piano organizzativo, psicologico e personale. È quello che, se stai sopra, di convince che puoi provare a chiedere qualcosa di più in certi momenti.  

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