«E non aspettavamo una vittoria, non ci poteva essere la minima speranza di vittoria. Ma ognuno voleva avere il diritto di dire ai propri figli: Io ho fatto tutto quello che ho potuto”» V. Bukovskij
Nelle aziende parlano soprattutto i risultati economici. In politica i risultati elettorali. I manager aziendali e i gruppi dirigenti dei partiti cambiano e si rinnovano così. A decidere sono i consigli di amministrazione e gli elettori. Nelle due esperienze “miste” di partito azienda, Forza Italia e, di fatto i 5S, se consideriamo come tale anche la Casaleggio Associati, i risultati elettorali non sono sufficienti. Serve anche un feeling speciale con il capo azienda.
Di questo mondo ormai conosciamo quasi ogni aspetto. Chi decide, da dove arrivano le risorse economiche, i meccanismi di potere e le dinamiche collegate alla, supposta o reale, democrazia interna.
Le primarie, pur non essendo strutturate e condivise da tutti i partiti, hanno rappresentato un ulteriore passo in avanti nella selezione stessa dei gruppi dirigenti di vertice. Ci sono, ovviamente, altre cose che non funzionano ma, il momento elettorale, premia o punisce, e quindi produce conseguenze sugli stessi gruppi dirigenti.
Nelle organizzazioni di rappresentanza non è così. Non c’è nessun legame tra risultati e leadership. Queste ultime, in alcuni casi, si susseguono a scadenze date, in altri perpetuano sé stesse ad libitum. In alcuni di questi casi si burocratizzano al punto da non essere più né contendibili né scalabili. Si trasformano quindi in una sorta di emirati ereditabili esclusivamente per affinità personali grazie alla fedeltà al leader in carica, alle sue convinzioni e ai suoi ritmi. Non certo ponendosi l’obiettivo di immaginare il futuro. Né provando ad essere centri di elaborazione di idee e proposte da mettere a disposizione del Paese. Leggi tutto “Le organizzazioni di rappresentanza sono contendibili?”