Corpi intermedi. Dove è finita la Rappresentanza?

L’incombere delle elezioni europee e le liti giornaliere dei due partiti di Governo possono far ritenere una scelta consapevole l’esilio volontario che sembrano essersi imposti i corpi intermedi. Ma è proprio così?

Il sismografo sembrerebbe registrare in campo solo Confindustria che cerca di interpretare, pur in solitudine, il sentimento del cosiddetto Partito del PIL. Sul fronte sindacale, a parte i primi passi di Maurizio Landini, dopo l’exploit della recente manifestazione unitaria, solo Marco Bentivogli  segnala la necessità di una ripresa di protagonismo che sembra ormai relegato alle sempre più rare dichiarazioni alle agenzie e alla convegnistica tradizionale.

Paradigmatica la situazione di Confcommercio. Reduce da Cernobbio dove non è uscito nulla di significativo e  dove,  più che per la presenza di Salvini sul lago di Como,  ha fatto notizia  l’assenza dello stesso  a Roma dove a Villa Madama era in corso  la cerimonia per la firma del Memorandum d’Intesa tra Italia e Cina, alla presenza del presidente cinese Xi Jinping e del premier Giuseppe Conte insieme ai ministri Luigi Di Maio, Giovanni Tria e Enzo Moavero.

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Sindacati e Governo giallo verde. Prove di unità sindacale?

Per la mia generazione è stato comunque importante crederci. L’unità sindacale non è mai stata concretamente a portata di mano (andarci vicino, purtroppo, conta solo a bocce) ma ha comunque scaldato diversi cuori. Ripensare ad un sindacato unitario oggi in una situazione completamente diversa sembrerebbe decisamente una iperbole.

Cosa rendeva allora ipotizzabile quella prospettiva? Innanzitutto la richiesta proveniva dal basso soprattutto dalle grandi fabbriche del nord. In secondo luogo era la contrattazione aziendale a creare condizioni di convergenza. Infine, per un certo numero di anni (pochi), i sindacalisti di mestiere venivano plasmati e quindi prodotti da quell’esperienza. A dire il vero soprattutto nelle categorie industriali della CISL. In CGIL e in UIL erano, al contrario,  molto più cauti.

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Il bivio della rappresentanza…

La manovra a tenaglia in corso è evidente. Dopo il reddito di cittadinanza e quota 100 adesso tocca al salario minimo. E’ una scelta precisa soprattutto dei 5S di competere in prima persona sul terreno dei sindacati e più in generale della rappresentanza. 

Contemporaneamente Il vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio li ha convocati per un incontro mercoledì 13 marzo. Oggi Dario Di Vico sul Corriere (http://bit.ly/2F8Zqfn) accenna ad un cambio di passo dal basso degli imprenditori preoccupati della situazione e della mancanza di risposte credibili.

La rappresentanza è ad un bivio. Restare a guardare significherebbe condannare queste iniziative dal basso alla sconfitta. Con tutte le conseguenze del caso.

La parte più tradizionale e legata a modelli del 900 pensa che le dinamiche sociali e politiche pur terremotate da approcci spericolati tendono sempre a ritrovare, prima o poi, un loro equilibrio sul quale innescare il proprio approccio.

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Chiusure festive e domeniche. Adesso si muovono anche i piccoli…

Adesso si muovono anche i piccoli esercizi commerciali. Restano al palo i sindacati del settore e chi, nell’associazionismo datoriale, ha in testa il mondo della distribuzione e del commercio di qualche decennio fa.

I sindacati di categoria scontano la loro fragilità e la loro assenza nelle imprese. Anziché entrare nella vicenda del lavoro festivo partendo dai problemi reali dei lavoratori (rotazioni e compensi) confidano forse di rientrare in gioco a valle del decreto incuranti di essere catalogati come inutili o dannosi da chi rischia di subire in prima persona le conseguenze di queste decisioni.

E’ vero che, ad esempio,  delle circa cinquecentomila persone che, a vario titolo, lavorano nei centri commerciali i sindacati sono in  contatto grosso modo con quelli delle insegne più conosciute e, anche lì il loro rapporto è con i lavoratori a tempo indeterminato. Spesso sono solo i più anziani ad essere sindacalizzati.

Nel piccolo dettaglio, al contrario, sono quasi totalmente assenti. Nelle insegne più note della GDO, escluso il mondo COOP, la loro presenza è rilevabile come numero di iscritti ma  inesistente sul piano dell’iniziativa sindacale. Basterebbe leggere tra le righe  la vicenda legata al rinnovo del primo CCNL della GDO con Federdistribuzione. Leggi tutto “Chiusure festive e domeniche. Adesso si muovono anche i piccoli…”

Grande Distribuzione. Andare fino in fondo per non andare a fondo…

Se lasci in mano ad un bambino una pistola carica rischierà di farsi male ma rischierà anche chi gli sta intorno. È quello che sta succedendo in commissione attività produttive sulle domeniche e sulle festività.

Dopo 40 audizioni di rappresentanti più o meno autorevoli del commercio, del sindacato e dei consumatori dal cilindro è uscito un pasticcio incredibile che se messo in pratica metterebbe definitivamente in crisi un settore che ne ha già di suo.

Ma perché siamo arrivati a questo punto? La risposta è semplice. I 5s non sono alla ricerca di soluzioni utili al Paese o in grado di rimetterlo in moto. Chi lo pensa è completamente fuori strada.

Dalla TAV all’Eco tassa, dal decreto dignità al reddito di cittadinanza, dall’avversione alle grandi opere alle multinazionali fino  a quella nei confronti della Grande Distribuzione se ne può trarre una strategia molto chiara. Rispondere alle proprie costituency elettorali, trasformare ogni modesto risultato in atto simbolico/ideologico infischiandosene degli inevitabili effetti collaterali. Leggi tutto “Grande Distribuzione. Andare fino in fondo per non andare a fondo…”

Chiusure domenicali, aumento dell’IVA e rischi per le imprese e l’occupazione.

I soliti ben informati invitano al cautela. Ci sarebbero ancora spazi di miglioramento del decreto legge sulle aperture/chiusure domenicali. La tecnica utilizzata, però,  è sempre quella. Lanciare il sasso e nascondere la mano.

L’importante è che le rispettive costituency percepiscano il segnale,  lo sforzo fatto e i comportamenti dei diversi soggetti in campo. Il punto vero, però, non è la possibile mediazione finale. Qualunque sia il risultato. E’ la folle pretesa di mettere mano ad una situazione non calcolando le inevitabili conseguenze.

E’ stato così con l’eco tassa che sta rischiando di costringere FCA a modificare il suo piano industriale appena presentato ai sindacati, è così sull’IVA, è così sul Decreto Dignità e via discorrendo. Dario Di Vico sottolinea sul Corriere ( http://bit.ly/2RwdNx9 ) la pericolosa illusione sull’improbabile incremento dei consumi in chiave antirecessiva grazie al “reddito di cittadinanza” e a “quota 100”.

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Unità del sindacato tra buoni propositi e cruda realtà…

Carmelo Barbagallo, Maurizio Landini e Annamaria Furlan hanno rilanciato il tema. L’unità sindacale sembrerebbe ritornare di prepotenza nell’agenda del sindacalismo confederale. Per certi versi è una mossa utile.

Lega e 5s non sembrano intenzionate a lasciare spazi di iniziativa a nessun altro sui temi del lavoro e del reddito. Il 9 febbraio ci sarà una manifestazione nazionale unitaria ed è interesse di tutti, non solo del sindacato, che quella giornata, di protesta ma anche di proposta segni un punto di svolta almeno simile a quello che il “partito del PIL” ha saputo mettere in campo in tutto il nord produttivo. Sarà una sorta di indicatore dell’autorevolezza e della capacità di mobilitazione.

Chi, come il sottoscritto, auspica una maggiore unità anche tra le associazioni datoriali, proprio per la fine delle ragioni storiche che nel 900 ne hanno determinato i confini “politici” o di appartenenza per attività economica, non può che auspicare un analogo destino per il sindacalismo confederale. Le mie perplessità nascono dal fatto che tutto questo, però, dovrebbe far parte di un percorso coerente nel quale intenzioni, strategia e comportamenti procedono insieme e anticipano le dichiarazioni pubbliche. 

Maurizio Landini ha parlato di unità sindacale come orizzonte possibile ma i sostenitori di  Vincenzo Colla erano e sono coloro i quali praticano da sempre un tasso di unità di azione più alto con le rispettive categorie di CISL e UIL. Leggi tutto “Unità del sindacato tra buoni propositi e cruda realtà…”

Il sindacato tra Bari e Milano alla sfida del cambiamento

Forse è un caso o forse, no. Due importanti avvenimenti in campo sindacale si sovrappongono lanciando inevitabilmente segnali diversi tra di loro. Entrambi poco visibili e questa non è una buona cosa.

Da un lato il Congresso della CGIL a Bari dal titolo “Il Lavoro è’”, dall’altro l’iniziativa della FIM CISL, a Milano, dal titolo “SmartUnion4BetterFuture”. Si potrebbe tradurre, semplificando:”Il lavoro sarà”.

A Bari due culture sindacali profondamente radicate nella CGIL si confronteranno e, al di là del vincitore, portano allo scoperto ambiguità poco affrontate ma mai risolte nel più grande sindacato italiano.

Il documento e il percorso congressuale le hanno ben mascherate ma la preoccupazione che Maurizio Landini porti in CGIL la cultura politica e organizzativa della FIOM ha fatto emergere tutto il malcontento che il sindacato dei metalmeccanici ha saputo, nel tempo, attirare su di sé. Leggi tutto “Il sindacato tra Bari e Milano alla sfida del cambiamento”

“Fragile” come un sindacato?

Con il congresso della CGIL alle porte fa bene Dario Di Vico ad accendere i riflettori su ciò che gli osservatori più interessati forse sperano  che accada in alternativa alla personalizzazione dello scontro in atto.  (   http://bit.ly/2QTEA67 ).

La conclusione proposta da Di Vico è dura quanto, purtroppo, inevitabile:”È come se in questi lunghi anni della Grande Crisi prima e poi dell’affermarsi del populismo, la forza e l’intelligenza sindacale fossero rimaste congelate, come se la Cgil avesse scelto l’identità — per dirla con il politologo americano Mark Lilla — contrapponendola all’efficacia.”

Il sindacato, tutto il sindacato, da ben prima della grande crisi, si è incamminato, purtroppo,  su un deriva identitaria che ha fatto emergere i limiti di un gruppo dirigente complessivamente ripiegato su se stesso. Questo ha sacrificato per lungo tempo il confronto sul merito e la convergenza su possibili iniziative unitarie che avrebbero potuto avere la funzione di mantenere una forte visibilità che in qualche modo potesse arginare i meccanismi e i propositi di disintermediazione che si andavano via via  consolidando.

Da un lato la Politica che è inevitabilmente entrata in competizione diretta con i sindacati confederali sulla distribuzione del reddito e del lavoro a livello macro. Dall’altro le imprese dove il rapporto diretto con i lavoratori sulle modalità di assunzione, sui livelli salariali ma anche sulla crescita professionale ha messo in un angolo una vecchia cultura  rivendicativa che si è trovata completamente spiazzata dalla realtà. Leggi tutto ““Fragile” come un sindacato?”

A ciascuno il suo Rubicone…

Trovo molto interessante gli spunti contenuti nell’articolo di Venanzio Postiglione sulle attese (deluse) del nord sul Corriere di oggi. Un nord che intorno alle insegne del Partito del PIL cerca di segnalare un disagio profondo, palpabile e foriero di sviluppi oggi ancora imprevedibili.

E’ il contrario del popolo delle campagne della Brexit inglese o dei gilet gialli francesi. In Italia il disagio sta crescendo nei vagoni di testa più che da quelli in coda al treno. E questo le elezioni  politiche del marzo scorso non lo avevano segnalato con forza. Anzi.

Mentre il disagio sociale, le disuguaglianze, le promesse mancate assegnavano ai 5S la delega politica in antitesi a chi aveva governato fino ad allora,  solo una parte modesta dell’elettorato riconosceva alla Lega la rappresentanza di quella parte del Paese che non ha affatto voglia di decrescere. In pochi mesi, però, lo scenario politico e sociale è cambiato.

I 5S, sempre più paralizzati dalle loro nicchie ideologiche di riferimento, stanno faticando a competere con Salvini e questo li ha costretti a “territorializzare” con maggiore radicalità i loro princìpi. Il reddito di cittadinanza ne è un esempio evidente ma anche i tentativi della ministra per il Sud, Barbara Lezzi di recuperare ruolo ed immagine vagheggiando improbabili riequilibri di risorse a favore de mezzogiorno.

Salvini d’altra parte sembra voler confermare un disegno nazionale per la sua Lega. Sa che può farcela ma ha ancora bisogno di tempo. Le elezioni europee sono alle porte e solo lì il peso effettivo nella coalizione verrà certificato. Così come quello di chi è all’opposizione. Quello, credo, sia il vero Rubicone da attraversare per Salvini.

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