Per capire l’importanza del “patto anti inflazione” bisogna partire dal contesto politico, economico e sociale nel quale sta prendendo forma. Abbiamo un’inflazione che incide pesantemente i redditi più bassi (le famiglie di pensionati e delle fasce più povere, tra il 2018 e il 2022, hanno perso il 10,6% del reddito reale: oltre 10 volte di più rispetto ai lavoratori attivi), i salari fermi, milioni di lavoratori con i CCNL da rinnovare, un rischio di impennate dei costi dell’energia, se l’inverno non dovesse essere clemente e, ultimo ma non di minore importanza, la durata e gli effetti conseguenti al conflitto in corso ai confini dell’Europa che consigliano cautela nelle previsioni.
È altrettanto ovvio che questo percorso, come in Francia, sarebbe dovuto partire prima ma una delle inevitabili caratteristiche di ogni intesa che vede protagonisti, politica e parti sociali, è che si fa quando matura la consapevolezza nei contraenti. Non quando sarebbe veramente necessaria al Paese. E uno dei contraenti (parte dell’industria alimentare) ha resistito a lungo sia quando era la Grande Distribuzione a chiedere un intervento comune, sia nella prima fase delle pressanti richieste del Governo. Sopratutto per gli impatti sui singoli sottosettori.
La seconda critica “anti patto” è la mancata convocazione di tutti gli attori che a monte e a valle con le loro decisioni incidono sul prezzo finale. Chi sostiene questa tesi non ha la più pallida idea delle dinamiche associative e negoziali di questo Paese ai tavoli governativi. Confindustria, Confcommercio, Coldiretti, Conftrasporto, Federalberghi hanno rapporti continui e privilegiati con questo Governo. Le loro istanze sono costantemente sul tavolo di tutti i ministeri, per certi versi ne costituiscono il vero riferimento economico e sociale. Potrei aggiungere che ne rappresentano una buona fetta della base politica ed elettorale che sostiene questa maggioranza ma non mi interessa allargare il discorso sul piano politico.
C’è un Governo che chiama i due attori principali in commedia (chi emette lo scontrino al consumatore e chi fissa i listini) e chiede loro un chiaro segnale di disponibilità all’interno di un percorso negoziale nel quale, industria alimentare e distribuzione, potranno indicare tutti gli elementi aggiuntivi in grado di rendere quel patto potabile ai consumatori e in grado di provare ad invertire la rotta sui consumi. Il patto anti inflazione come altre occasioni di incontro tra parti sociali e politica non è mai una “passerella” inutile né scansabile con una semplice alzata di spalle come alcuni hanno sostenuto. Leggi tutto “Grande distribuzione e industria alimentare. Perché il “patto anti inflazione” con il Governo si deve fare..”