Uno storico greco antico Diogene Laerzio ci ha lasciato una delle spiegazioni più interessanti del “paradosso del mentitore”. “Sul Nilo un coccodrillo afferra un bambino che gioca sulle rive; la madre del piccolo si dispera e implora il coccodrillo di restituirle il figlio. Il coccodrillo replica alla madre disperata: “Se indovini quello che farò, ti restituirò il bambino. Altrimenti lo mangerò”. La madre allora dice al coccodrillo: “Mangerai mio figlio”. Se la madre ha detto il vero, se ha cioè indovinato che il coccodrillo mangerà il bambino, allora in questo caso il coccodrillo dovrà restituire il bimbo. Ma se il coccodrillo restituisce il bimbo, significherebbe che non lo ha mangiato, e quindi la donna non avrebbe indovinato e non potrebbe riavere il figlio. Risultato: in tutti i casi, se la madre dice “tu lo mangerai”, non potrà mai riavere il piccolo se il coccodrillo mantiene la promessa. Né il coccodrillo può mangiarlo”.
L’Articolo 258 – condizioni di concorrenza appena firmato da Confcommercio e i sindacati di categoria fa parte di questo filone filosofico. “…Le parti condividono che gli aumenti contrattuali definiti dal CCNL Terziario, Distribuzione e servizi in quanto Contratto nazionale maggiormente applicato nell’intero settore terziario (secondo i dati dei codici contratto INPS e i dati delle iscrizioni ai fondi nazionali di assistenza sanitaria integrativa costituiti dalle parti) sottoscritto tra le parti stesse, debbano costituire una previsione non diversificabile in altri accordi collettivi di pari livello nazionale. La violazione della previsione di cui al capoverso precedente attraverso minori previsioni a valenza economica , contenuta in contratti nazionali di lavoro sottoscritti dalle parti firmatarie del suddetto contratto nazionale che insistano sulla sfera applicativa dello stesso verrà automaticamente recepita dal suddetto contratto nazionale. Tale recepimento comporta l’interruzione delle obbligazioni retributive rimanenti in caso di maturazione parziale delle stesse fino al riallineamento ai suddetti valori”.
Questa frase è stata “imposta” da Confcommercio per evitare che il sindacato decidesse di fare “sconti” a Federdistribuzione come in passato. Ovviamente non considera che la frase stessa, proprio per le dinamiche che innesca, possa di fatto rappresentare essa stessa uno sconto in bianco sulle tranche future in caso di prolungamento sine die degli altri tavoli. Un banale autogol formale che non ci si aspetterebbe da chi vanta la rappresentanza dell’intero terziario italiano. Mi spiego meglio.
Federdistribuzione ha deciso, dopo la rottura del tavolo da parte dei sindacati di categoria, di pagare comunque la prima tranche (delle 6 previste) nel prossimo mese di aprile (https://bit.ly/4az31yO) di ciò che prevede l’accordo firmato da Confcommercio. Lo scopo è evidente. “Convincere” i lavoratori delle insegne aderenti a Federdistribuzione della pretestuosità della proclamazione dello sciopero e che la rottura non è causata dalla rigidità delle insegne ma dai sindacati di categoria. Mossa sgradevole vista dai sindacati ma assolutamente legittima.
Quello che non hanno compreso né i sindacati né Confcommercio firmando il “comma 258”, è che la presenza del loro testo fresco di firma consente più mosse future a Federdistribuzione viste le date previste dalle sei tranche programmate fino al 2027. Compresa quella di attendere serenamente che il sindacato, comprendendo la trappola in cui si è infilato per seguire le velleità di Confcommercio, modifichi il suo atteggiamento accompagnando l’attesa dall’erogazione delle singole tranche decise altrove. Il rischio è che, viste le distanze presenti sul tavolo, il disaccordo tra le parti si protragga ulteriormente nel tempo.
La presenza di più contratti simili avrebbe suggerito un negoziato multiplo propedeutico ad una conclusione unitaria. Definire “principale” un CCNL che è contemporaneamente minoritario in un singolo comparto (quello della GDO) è stato un azzardo. Non è un caso che fino a poco tempo fa la parti in commedia fossero rovesciate. Confcommercio rilanciava sullo scambio con altri istituti e Federdistribuzione pareva propensa a chiudere con uno “sconto” sulla massa salariale. La firma di Confcommercio anziché favorire le altre conclusioni rischia, non solo di non garantire ma, addirittura, di rimettere in discussione le tranche più lontane della stessa Confcommercio che se altri non dovessero pagarle potrebbe spingere quest’ultima ad interromperne l’erogazione. Un pasticcio negoziale da recuperare. Come se ne esce?
Innanzitutto occorre abbassare i toni. Se nel sindacato qualcuno pensava che i CCNL ancora aperti si potessero risolvere ricorrendo ad una possibile “fotocopia” di quello principale, si dovrà ricredere. È ovvio che la distintività del perimetro richiesta da Federdistribuzione va ripensata. La stessa Federdistribuzione, però, non deve tirare troppo la corda. Occorre riportare il negoziato rapidamente ai suoi fondamentali riconoscendo il buon diritto alla reciproca rappresentanza ad entrambe le parti. Passare rapidamente dallo scambio di accuse alla comprensione delle reciproche ragioni. E soprattutto che entrambe le parti comprendano che la distintività deve esserci da entrambe le parti. Oltre a rivendicarla occorre concederla. Altrimenti si chiama in altro modo.
Questo perché non escludo che il “regalo” messo loro a disposizione da Confcommercio con il “comma 258” possa far irrigidire quella parte della delegazione GDO che punta al semplice sconto sul salario disinteressata al resto. Quello che temo che il sindacato continui a sottovalutare è la differenza tra i due tavoli. Il primo, quello di Confcommercio più “politico” e quindi più sensibile al contesto sociale ed economico con il quale interagisce mentre il secondo deve fare i conti con una sommatoria di CEO preoccupati certo anche loro per il contesto ma abituati ad osservare il proprio ombelico scambiandolo per il centro del mondo. Non proprio la stessa cosa.