Il giorno dell’inaugurazione del Fondaco dei Tedeschi, nel 2016 a Venezia, c’ero. Il palazzo il cui nome deriva dal rapporto che le popolazioni di lingua tedesca avevano con Venezia è affacciato sul Canal Grande vicinissimo al Ponte di Rialto visibile dalla spettacolare terrazza. Mi aveva invitato Roberto Meneghesso un ex collega e amico dei tempi di Rewe Italia AD di DFS Italia che lo aveva costruito pezzo per pezzo, scegliendo persona per persona, partendo da un progetto sulla carta. Ci aveva messo l’anima. Il 29 settembre non stava più nella pelle quando annunciava con le chiavi in mano: “È un privilegio e una grande responsabilità essere qui” con al suo fianco l’architetto Alberto Torsello e l’ingegnere Federico Zaggia. Roberto è sempre stato così. Dove è stato ha sempre trasmesso entusiasmo e determinazione a tutte le squadre che gli sono state affidate. Stanchissimo per le problematiche incontrate nel totale rispetto dei luoghi che hanno preso il sopravvento sulla parte commerciale. Felice per averle superate. Certo di poter rappresentare un volano per l’economia cittadina. Era la persona giusta al posto giusto.
C’ero anche il giorno che ha lasciato. Fosse dipeso da lui non l’avrebbe mai fatto. I progetti del Gruppo prevedevano accelerazioni impossibili in quel contesto. Lì ho capito subito che il management del Gruppo francese Louis Vuitton Moët Hennessy (LVMH) del miliardario Bernard Arnault e di DFS la loro società di gestione non avevano compreso la complessità della sfida che loro stessi avevano lanciato, i tempi necessari per il successo dell’iniziativa per dove era collocata, gli uomini necessari per realizzarli. E questo al di là delle vicissitudini di contesto che l’hanno accompagnato in tutti questi anni.
Sono passati diversi anni da quel giorno e oggi leggo che il Fondaco dei Tedeschi, in gestione ad un gruppo francese con sede a Hong Kong, chiude. “Dopo un’attenta valutazione, il Gruppo Dfs ha deciso di chiudere le attività commerciali presso il Fondaco dei Tedeschi a Venezia e di non rinnovare il contratto di locazione, che scadrà a settembre 2025”, queste le parole del Gruppo Dfs nella nota emanata alla stampa che giustifica la difficile decisione imputando la colpa “alla situazione e alle prospettive economiche molto critiche che Dfs e il settore del travel retail stanno affrontando a livello globale e, in particolare, dai risultati negativi del negozio di Venezia”.
Il Comune ha comunicato “di non aver ricevuto alcun tipo di preavviso, altrimenti come amministrazione comunale ci saremmo adoperati per individuare, insieme a tutti i soggetti coinvolti, possibili percorsi alternativi e diversi da una così drastica soluzione. Stiamo parlando di lavoratori, di famiglie e non di numeri”. L’assessore regionale al lavoro, Valeria Mantovan, ha confermato: “Abbiamo ricevuto la comunicazione di apertura di una procedura di licenziamento collettivo”.
Altro segnale della totale mancanza di sensibilità nei confronti della città e dei suoi amministratori che tanto si erano impegnati nella fase di realizzazione e di trasformazione di uno dei palazzi più prestigiosi di Venezia che, prima di essere acquistato dai Benetton, ospitava le poste. Settemila metri quadrati, oltre 60 boutique disposti su quattro piani. L’assessore, d’intesa con il sindaco Luigi Brugnaro, ha convocato «urgentemente» le organizzazioni sindacali per fare il punto della situazione e verificare le prossime iniziative, «mettendo al centro la salvaguardia del percorso professionale dei dipendenti in questo momento difficile. Ci confronteremo immediatamente con la Regione Veneto – spiega – e con le altre istituzioni interessate dalla vertenza».
Adesso quella storia, iniziata otto anni fa, si chiude trascinando dietro di sé tutte le code polemiche e giudiziarie inevitabili in questi casi. Personalmente resto convinto che per i brand del lusso essere sulla 5th Avenue a New York, in via dei Condotti a Roma, in Galleria Vittorio Emanuele II o in via Monte Napoleone a Milano, fa la differenza. Non so quanto siano remunerativi i luoghi per chi fa la scelta di esserci. Così come essere a Venezia per la propria immagine nel mondo. La differenza, con questa città più complicata di altre, è che bisogna crederci e saperci restare. Cosa che fin da poco dopo il suo lancio si era capito che non sarebbe stato così..