Conad/Auchan. Dal MISE un passo in avanti

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Non era difficile prevedere l’esito dell’incontro al MISE. Qui trovate l’ottimo resoconto con utili riflessioni di Emanuele Scarci (http://bit.ly/31NQrcv). Non c’è stata alcuna reticenza da parte di Conad. Qualsiasi richiesta di piano industriale tradizionale sarebbe stata inutile.

L’azienda italiana aveva già presentato i suoi risultati pochi giorni fa. Numeri che non lasciano spazio ad equivoci. Il suo modello imprenditoriale si è dimostrato il più adatto per il mercato italiano.  Conad ha chiuso il 2018 con un fatturato di 13,5 miliardi di euro, 500 milioni in più rispetto al 2017, un quota di mercato del 12,9% e 56.000 addetti, con un più 3.243 occupati. In 10 anni è cresciuta del 65%.

Sul segmento degli IPER si registra un aumento dello  0,3% sull’anno precedente mentre i 6 ipermercati del gruppo Finiper oggetto dell’operazione di affitto di ramo d’azienda a fine 2018 viaggiano ad un incoraggiante +15,0%. Dati che parlano da soli. Conad non poteva presentarsi meglio di così per sgombrare il campo da chi, con un po’ di puzza sotto il naso, giudicava la pagliuzza nell’occhio di Conad sottovalutando la trave in casa propria.

Conad continua la sua crescita da anni mentre i francesi (in questo caso entrambe le aziende) hanno continuato a sprofondare negli abissi. Così come chi parla di operazione esclusivamente finanziaria commette un errore. E’ una importante operazione economica da parte di un gruppo italiano che ha la sua forza proprio nel modello che ha, al centro, un imprenditore responsabile del proprio conto economico.

Adesso occorre attendere il via libera  dell’autorità garante della concorrenza. Se individuerà posizioni dominanti in alcune situazioni specifiche dovranno essere trovate soluzioni alternative. In altre parole altri soggetti interessati. L’operazione procederà secondo una precisa tabella di marcia.

Nell’incontro è emerso però un tema che avevo già sottolineato. Oggi il problema è Auchan. La crisi è profonda e il tempo di uscita non è una variabile da sottovalutare. Prima si aggrediscono i problemi, meglio sarebbe per tutti.  I tempi del passaggio rischiano, però, di essere troppo lunghi. 

L’interregno è sempre pericoloso. Una terra di nessuno che non migliora certo la situazione. In rete si leggono i commenti di alcuni colleghi del gruppo che sottolineano l’esistenza di problemi ..”sopra” i punti vendita…, oppure di disfunzioni sulle forniture o di copertura del turn over. Auchan ha già la testa altrove.

Lo dico per esperienza diretta. E’ stato così anche con l’abbandono di REWE. Quando una multinazionale lascia, di fatto smobilita. Anche se, a parole, afferma il contrario. L’azienda francese è comunque una portaerei. Non è un motoscafo che puoi manovrare con facilità. Ha bisogno di indicazioni che Conad, da fuori, fatica comunque ad inviare. 

Nel management come nelle persone, checché ne dicano, c’è preoccupazione  e il famoso elicottero sul tetto dell’ambasciata di Saigon tiene poche persone. Il grosso resta sul campo. E vorrebbe poter dimostrare le proprie competenze. Auchan ha delle responsabilità che non possono essere messe in capo a Conad.

Spero che il sindacato abbia valutato questi aspetti. L’interlocutore di un eventuale piano sociale non può essere solo l’azienda italiana. Conad ha dimostrato di potercela fare a raddrizzare i conti del gigante francese ma il percorso necessario della gestione delle conseguenze del risanamento necessita di risorse adeguate e di tempi lunghi.

Oggi, però, al MISE è stato fatto un passo in avanti. E di questo va dato atto a chi era seduto al tavolo da entrambe le parti.

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