In Lombardia la Fisascat CISL non aderisce allo sciopero e alla manifestazione del 5 dicembre in piazza Duomo indetto da Filcams CGIL e UILTuCS UIL e ne prende le distanze. A Legnano a pochi chilometri dal capoluogo lombardo lo sciopero viene indetto dalla Fisascat CISL di Milano e dalla Filcams CGIL per il 7 dicembre. Difficile comprenderne le motivazioni.
Fino a poco tempo fa ci avevano pensato i consulenti e gli avvocati BDC a tenere unito e compatto il sindacato di categoria nella vicenda Conad/Auchan. La loro rigidità al tavolo negoziale aveva contribuito, per una buona parte, alla costruzione di un muro di incomunicabilità che di fatto ha impedito al negoziato di fare passi in avanti. Atteggiamento ricambiato con analoga rigidità dall’altra parte. Uno stallo garantito.
Per dirla con uno slogan, tra i sindacalisti c’è chi era (e forse lo è ancora) convinto che fosse possibile auchanizzare la trattativa e quindi Conad puntando a farle ingoiare un boccone indigesto e chi, molto più prosaicamente cercava (e credo forse continui a cercare) di privilegiare le soluzioni occupazionali possibili con l’obiettivo di ridurre al massimo gli impatti dell’operazione.
Prima o poi l’equivoco sarebbe dovuto comunque emergere. Il modello imprenditoriale di Conad è da sempre inaccettabile per una parte del sindacato. Auchan per certi versi ne rappresentava l’antitesi.
Nell’ex multinazionale francese è continuata a sopravvivere quel residuo di cultura sindacale d’antan che ha il suo punto più avanzato nel mondo Coop e in qualche altra realtà della GDO del nord. Nella cooperazione, quella cultura, è, di fatto, uno dei limiti oggettivi che ne impediscono o rallentano i progetti di rilancio e la conseguente riorganizzazione.
È una cultura che si nutre di passato, di modelli organizzativi superati, di veti sindacali che mettono piombo alle ali ad un mondo che ha competitor aggressivi, condito da un benaltrismo di maniera. Coop fatica a cambiare proprio perché si deve portare sulle spalle l’intero caravanserraglio politico e sindacale del novecento. Questa cultura, in una Auchan ormai in fase di rottamazione, ha trovato terreno fertile.
La controparte franco italiana succedutisi nelle DHR aziendali che l’aveva ridotta ai minimi termini nel corso degli anni è improvvisamente evaporata lasciando sul campo buone ragioni frustrate, legittime preoccupazioni delle persone, pur di recente quanto superficiale sindacalizzazione, a cui nessuno ha dato né risposte né tanto meno attenzioni.
Un mix fatto di voglia di soluzioni immediate che non ci possono essere, paura di un futuro che appare purtroppo già scritto, soffiate di dirigenti, errori di gestione da parte di BDC e dei suoi consulenti che hanno fatto il resto portando la situazione su un binario morto dove nessuno si fida più di nessuno.
Con l’intero negoziato che rischia di avvitarsi definitivamente su sé stesso la protesta tradizionale e a “spezzatino”, pur comprensibile, a mio parere è, in questo momento, inutile. Così leggo le diverse dichiarazioni locali di sciopero, unitari o meno.
Sotto c’è l’illusione di chi crede che una maggiore visibilità sui media garantirebbe un risultato migliore. È comprensibile ma non è così. L’operazione è saldamente in mano a Conad e a BDC. Anzi. Più una parte del sindacato insiste su questa strada più fornirà alibi a chi vuole staccare la spina anzitempo. Con tutto quello che questo potrebbe comportare.
Può piacere o meno ai duri e puri ma l’esito finale può essere garantito solo da due elementi. Innanzitutto la volontà di chi ha acquisito la rete Auchan di gestirne le conseguenze occupazionali fino in fondo. E su questo l’iniziativa sindacale è determinante.
Quindi passaggi delle filiali in Conad e a terzi, il piano industriale e i ricollocamenti interni e esterni, sedi comprese, facendo accordi anche con le istituzioni locali sul placement. In secondo luogo la determinazione di tenere il punto sui 3105 che non hanno, ad oggi, alcuna soluzione. Se uno dei due elementi dovesse venire meno le conseguenze sarebbero certamente peggiori.
Perdere tempo non giova a nessuno. Così come sperare che altri fattori, esterni al negoziato, possano influenzare l’esito di una vicenda che si è chiusa sul piano formale con il closing di maggio. Difficile comprendere cosa spinge una parte del sindacato a rilanciare in continuazione drammatizzando i numeri totali per costringere l’azienda a doversi difendersi sul piano dell’immagine. Tempo perso. La dimensione dell’operazione e la posta in gioco sono troppo importanti per i soci di BDC.
E su questo punto Conad ha già vinto perché, piaccia o meno è considerata da tutti, osservatori e istituzioni, parte della soluzione, non del problema! Ed è proprio sul piano delle soluzioni concrete che, al contrario, andrebbe sfidata. Ma questo presuppone la volontà di accettare il terreno di gioco proposto dall’azienda.
All’esterno, sui media, regna il disinteresse o la confusione. Nella migliore delle ipotesi, l’attesa di una soluzione auspicata con i minori danni sociali possibili. Pochi propongono informazioni corrette e verificate. Nei più attenti del settore domina la preoccupazione. In altri solo superficialità.
Ci sono osservatori interessati che probabilmente hanno vecchie ruggini con l’AD di Conad, modeste invidie di settore, concorrenti che soffiano sul fuoco, giornalisti che riciclano notizie pescate qua e là. Io stesso vengo citato spesso a sproposito dopo letture superficiali dei miei post sul blog. Scrivono tali sciocchezze che non vale nemmeno la pena smentire.
Fortunatamente non tutti i soggetti in campo sembrano rassegnati all’immobilismo e quindi alla inevitabile sconfitta.
Non c’è però molto tempo da perdere.
c’è ancora chi crede nei sindacati?
c’è ancora chi scende in piazza?
c’è ancora chi crede nello stato?
c’è ancora che dice non è colpa mia?
c’è ancora chi dice come si poteva salvare Auchan?
per quanto difficile possa sembrare ora dobbiamo andare avanti,
il destino di molti di noi è già scritto e prima ce ne rendiamo conto e prima possiamo cercare di rimetterci in carreggiata.
oggi posso dire che tutto quello che Auchan Italia ci ha dato è molto, sia da un punto di vista formativo che economico e non mi sento di dare colpe a Conad per le scelte imprenditoriali che sta portando avanti.
posso solo consigliare ai referenti Conad meno arroganza e più rispetto per chi sta perdendo il posto di lavoro e non per proprie responsabilità.
ora dobbiamo fare tesoro del nostro excursus lavorativo e dei nostri skill ed aggredire il mercato che ci circonda, essere consci che ci sono molte altre possibilità.
dobbiamo riuscire a vedere questo momento come una vera opportunità, andare a bussare alle porte delle aziende, vedere la possibilità di un attività in proprio, vedere altro….
ricordatevi che nessuno verrà a bussare alla vostra porta !
Forza non facciamoci schiacciare.