I congressi restano un momento importante nella vita di una organizzazione sindacale. Certo, come per i cortei o i comizi rientrano anche in una liturgia tradizionale. Però riescono a far comprendere se dietro le parole, gli slogan, l’atteggiamento a volte esageratamente predicatorio nei confronti di tutti gli altri stakeholder c’è sostanza o meno. Se vivono concretamente la realtà o la interpretano in chiave di autoconservazione.
La CISL, tra l’altro, non sta attraversando affatto un momento facile. Schiacciata dalla CGIL, da un lato, ormai forte di una strategia chiara seppure di difficile attuazione e con una segretaria generale Annamaria Furlan che ha l’ingrato compito di completare i processi in corso di sburocratizzazione e di trasparenza e di riorientarne l’azione politica e sociale complessiva riaprendo un dibattito interno che si era spento anche per volontà esplicita dei suoi predecessori.
Su questo ci sono indubbi segnali incoraggianti di cambiamento. Lo si è ascoltato in alcuni congressi di categoria ma anche in alcuni congressi territoriali. Nella sua relazione introduttiva la Segretaria Generale, su alcune questioni di strategia non si è tirata indietro.
Due elementi importanti per il futuro delle relazioni sindacali. Innanzitutto il tema della partecipazione. Chiedere, come ha fatto, un intervento legislativo di sostegno alla materia è un fatto nuovo e importante.
Certo, la strada maestra è quella del confronto tra le parti, ma è indubbio che occorra accelerare su questo percorso se si pensa ad un futuro con un sindacato protagonista dello sviluppo delle imprese, del lavoro e del Paese.
La “corresponsabilità”, il “Patto di fabbrica”, l’idea stessa di collaborazione perderebbero significato se non in un quadro di forte condivisione dei rischi e delle opportunità che questo cambio di paradigma, anche culturale, impone.
Un altro passaggio importante è quello relativo alla tutela del lavoro in sé. Non più legato al vecchio concetto di posto di lavoro. È una affermazione che cambia un tradizionale punto di osservazione sindacale.
Se le tutele si spostano dal luogo di lavoro alla persona occorre ragionare di politiche attive, di formazione, di welfare in modo nuovo. In questo senso la tipologia del rapporto, le vecchie tutele sia legislative che contrattuali perdono gran parte del loro significato.
E non è secondaria la differenza di linguaggio rispetto alla CGIL. Furlan parla di modernizzazione delle tutele del lavoro e non di trasferimento dei diritti dal luogo di lavoro al lavoratore come sostiene Susanna Camusso dimostrando, anche qui, una divaricazione di pensiero che non andrebbe lasciata cadere.
Vedremo in questa assise confederale fino a che punto potrà spingersi il Segretario Generale, quali leve avrà a disposizione per dare seguito alle decisioni, peraltro già assunte, sugli accorpamenti e sulla trasparenza e soprattutto con quali proposte si appresterà ad affrontare la difficile vertenza contrattuale del pubblico impiego dove la CISL dovrà dimostrare, più di altri, un rinnovata capacità di individuare obiettivi credibili, mediazioni ragionevoli e su questi coinvolgere i lavoratori del settore al servizio dei cittadini.
In questa opera di riorientamento e di innovazione organizzativa non sarà certamente sola. Potrà contare su quello che hanno prodotto tutti i congressi dalle aziende più piccole fino alle più importanti categorie. Ed è questo processo democratico che coinvolge decine di migliaia di persone in carne ed ossa che rende importante e unica la natura e l’esperienza sindacale italiana. Luciano Lama diceva: “I sindacati sono come i castori: li guardi e ti sembra che non stiano facendo niente. E, poi ti accorgi che hanno tirato su una diga”.
Ecco quello che sinceramente ci dobbiamo aspettare da un congresso sindacale è un dibattito franco, aperto e costruttivo. Importante non solo per le persone che rappresentano ogni giorno ma anche per lo stesso sistema delle relazioni sindacali e per il futuro del nostro Paese.