Contratto metalmeccanici. Un perimetro da ridefinire… insieme

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Non so se oggi qualcuno tra i dirigenti sindacali dei metalmeccanici sta riflettendo sulle richieste economiche contenute nella loro piattaforma e se si sarebbe in cuor suo aspettato una risposta diversa da parte di Federmeccanica.

Nel chimico che hanno un’idea robusta e concreta del sistema di relazioni industriali si sono fermati a meno della metà. Nell’alimentare si rischia una pericolosa sfarinatura del CCNL per meno di 20 euro lorde. Nel Governo ci sono idee contrastanti sulla disponibilità ad introdurre sgravi fiscali sugli aumenti contrattuali. E, ultimo ma non ultimo, Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, è stato chiarissimo sulla necessità di riportare il confronto all’interno dei paletti del patto di fabbrica concordato con le segreterie confederali. 

La piattaforma a suo tempo presentata, pur unitaria, risente di due elementi oggettivi e convergenti. La freddezza applicativa con cui le imprese del comparto hanno accolto le intuizioni innovative presenti nel testo finale del contratto scaduto e la convinzione di una parte del sindacato che occorresse ritornare sulla strada maestra delle richieste salariali. Come la piattaforma precedente era permeata della cultura innovativa e sfidante dei metalmeccanici della FIM CISL quest’ultima ha risentito maggiormente della cultura della FIOM CGIL.

Che non sarebbe stata comunque una passeggiata l’avevo già scritto ben prima della esplosione della pandemia (https://bit.ly/2I7aXj6).  Il lockdown, per quanto possa richiamare alla necessità di una visione unitaria delle scelte e degli strumenti necessari per affrontare una sfida epocale rischia al contrario di rendere evidente e quindi di accelerare la crisi dell’intero sistema delle relazioni industriali del nostro Paese che è profonda e viene da lontano.

I contratti nazionali per milioni di lavoratori sono al palo perché così come sono stati costruiti non soddisfano più nessuno ma la volontà di mettervi mano con convinzione è ancora esclusiva materia da convegni. Soprattutto non è condivisa. La stessa richiesta al Governo di possibili sgravi sugli aumenti ne consentirebbe solo un prolungamento dell’agonia.

Da qui il rischio che proprio i metalmeccanici (imprese e lavoratori) vengano chiamati a celebrarne il tramonto, al di là della possibilità di individuare mediazioni tampone all’ultimo momento,  è molto alto. Il suo declino è iniziato da tempo. 

L’ultimo rinnovo ha provato a nascondere la crisi cercando di imprimere una traiettoria nuova sia per volontà del sindacato che della stessa Federmeccanica ma i testi concordati non hanno trovato grande ascolto tra le imprese del settore e poco entusiasmo anche tra i lavoratori. E forse non c’è stata neanche una spinta particolarmente forte, a livello aziendale, del sindacato di categoria. I temi fondamentali non sono stati né metabolizzati né recepiti fino in fondo nonostante l’impegno e la visione di chi si trovava al tavolo nazionale.

Personalmente credo che chi oggi invita a fare un respiro profondo e, in forza della realtà, trovare un compromesso e guardare avanti, rischia di sbagliare obiettivo. I contratti devono essere ripensati. Altrimenti muoiono di morte naturale. E per ripensarli occorrono idee nuove.

La scelta di lasciare il tavolo e provare a mettere in campo una mobilitazione della categoria per far “cambiare atteggiamento” alla controparte assegna ancora una volta ai rapporti di forza la soluzione della contesa. Non al merito né ai contenuti. È una scelta saggia?

I toni recenti di Carlo Bonomi motivati da ciò che aspetta il comparto da lui rappresentato e il Paese nel periodo che copre la vigenza dei nuovi CCNL non lasciano spazio a reazioni pavloviane da parte del sindacato. Lo stesso vale pensando ai rapporti di forza nelle imprese.

I prossimi rinnovi contrattuali o si innestano nelle possibili soluzioni condivise e ricercate nell’interesse delle parti stipulanti ma anche del Paese o si trasformano in zavorra e quindi in parte del problema. E questo rischierebbe di contribuire ad alimentare contrapposizioni sociali sempre difficili da ricomporre.

A mio modesto parere il  tavolo andrebbe ricomposto rapidamente e presidiato. Certo non saranno i 40 euro a ricomporlo. Serve una visione complessiva e condivisa. E questo è il compito degli sherpa di entrambe le parti. Su ciò che è materia nazionale e su ciò che deve essere materia aziendale.

Carlo Bonomi ha giustamente sottolineato che il salario minimo deve restare materia delle parti sociali, così come quello dei contratti che devono essere siglati da soggetti rappresentativi. Da lì credo bisognerebbe partire.

Il contratto dei metalmeccanici è un banco di prova importante anche per Confindustria. C’è una pagina nuova da scrivere. In lontananza si sente il tradizionale sferragliare dei carri che fanno pensare a vecchie battaglie di cui non si sente la nostalgia. Accuse e contro accuse animeranno le reciproche tifoserie mentre il contesto politico e sociale assume tinte fosche. Di fronte un foglio bianco. Vedremo presto come andrà a finire. 

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