In un recente articolo su “Formiche” a firma di Berardo Viola e Fernando Pineda, ci sarebbe, secondo gli autori, una precisa strategia della Cgil tesa a ritardare la firma del contratto nazionale dei metalmeccanici in chiave anti Renzi.
Personalmente non lo credo realistico. La distanza tra la firma o meno del contratto dei metalmeccanici e il contesto politico nazionale è comunque tale da rendere inutile una mossa in questa direzione.
Il contratto dei metalmeccanici, pur importante nel sistema delle relazioni industriali del nostro Paese, non è più in grado, da diversi rinnovi, di determinare, da solo, il cambio di una stagione politica.Né di arrestarne l’evoluzione.
Landini può tranquillamente mangiare i tortellini se vince il “NO” ma non potrà né avrà alcuna convenienza ad ascriversene il merito.
Soprattutto per le conseguenze politiche ed economiche che il Paese, e quindi anche i lavoratori metalmeccanici, si troveranno a subire nel biennio successivo.
A mio parere la CGIL a livello confederale ha convenienza a concludere rapidamente con le organizzazioni datoriali. Che piaccia o meno il sindacato di Susanna Camusso sta guidando la trattativa con tutte le controparti in campo e con tutta l’intenzione di non subirne l’esito.
D’altra parte, nella stessa trattativa sulle pensioni avrebbe potuto manifestare ben altre reazioni ai giudizi di CISL e UIL viste le dichiarazioni di evidente insoddisfazione sul risultato.
Invece la CGIL non ne ha approfittato, come avrebbe potuto, in vista del referendum proprio perché, pur schierata per il “NO” non è su quello che sta giocando la vera partita.
Chiudere i contratti e sottoscrivere gli accordi con Confindustria, Confcommercio e le organizzazioni minori consentirebbe alla CGIL di serrare i ranghi, rilanciare sui contenuti e ricomporre un disegno unitario di lungo periodo con un profilo diverso dal passato nel quale cercare di rappresentarne l’asse portante.
L’impasse nel contratto dei metalmeccanici è dato più da una volontà egemonica della FIOM, mai sopita e di nervosismo evidente per l’attivismo della FIM CISL e del suo segretario generale. Tutti i contendenti sanno benissimo che il contratto si deve chiudere e che non c’è spazio per firme separate come nei rinnovi precedenti.
Non lo vuole Confindustria, non lo vuole Federmeccanica e, altrettanto importante, non lo vogliono né la FIM né la UILM. Ovviamente non lo vuole anche la FIOM.
La calendarizzazione di incontri negoziali e tecnici preannunciati, al di là dei tatticismi prelude ad una conclusione imminente pur nel rispetto delle liturgie.
C’è poi la tradizionale ritrosia presente in tutte le categorie della CGIL a mettere la firma sotto qualsiasi accordo. Mi ricordo che, Pierre Carniti, parlando negli anni ottanta del contratto dei metalmeccanici del ’66, di cui era uno dei leader indiscussi, disse che se fosse stato per Trentin, allora segretario generale della FIOM, la firma, dopo tutti quegli anni, sarebbe stata ancora in forse.
Però, al di là delle battute non credo che nessuno abbia interesse a correre il rischio di non chiudere.
Troppi contratti nazionali sono al palo e rischiano ben altre conclusioni. E non sono più tempi, questi, di strategie suicide di generalizzazione del disagio sociale con l’obiettivo di ottenere risultati sul piano organizzativo.
Il rischio di lavorare per il re di Prussia è molto più alto.