L’entrata di Renzo Rosso in Cortilia attraverso la Red Circle Investiments è una notizia importante. È un segnale di discontinuità. La food-tech company fondata nel 2012 da Marco Porcaro potrà continuare la sua crescita anche grazie ai 34 milioni di investimento decisi dai soci preesistenti (oltre al fondatore, i fondi Indaco Ventures, il fondo Five Seasons Ventures, il fondo Primomiglio e P101 SGR) insieme alla new entry.
Cortilia è presente in Lombardia, Piemonte e Emilia Romagna e ha però un grande potenziale di crescita. Per ora ancora sulla carta. Nel 2020 ha avuto, grazie anche al lockdown, un balzo importante del proprio fatturato da dodici a trentaquattro milioni di euro.
Marco Porcaro, il suo CEO, ha dichiarato al Sole 24 ore «Nelle prime settimane dell’emergenza sanitaria ci siamo trovati a gestire un picco di domanda cinque volte superiore alla nostra capacità logistica». Ha inoltre spiegato che la loro crescita è legata non solo al particolare contesto ma anche ad un’offerta particolare attenta alla qualità, all’artigianalità, alla filiera corta e alla sostenibilità dei prodotti proposti per la quale una fascia di consumatori è certamente disposta a spendere di più pur di avere una spesa di qualità.
Questa operazione però mi suggerisce alcune riflessioni.
L’ingresso nel CDA del, fondatore del marchio Diesel e presidente del gruppo di moda OTB, è un’entrata che fa rumore. Renzo Rosso ha dichiarato: “L’anno appena passato ha ricordato l’importanza della salute e del benessere, e come la tecnologia possa cambiare la nostra vita, nel caso di Cortilia, ad esempio, connettendo la filiera contadino-consumatore in maniera digitale. Questa partecipazione è la naturale evoluzione del nostro interesse e impegno in questo settore: Cortilia sposa il concetto di cibo di qualità sostenibile con l’innovazione digitale, due pilastri della mia visione del futuro…. In Cortilia conto di portare il mio know-how in diversi settori e attività, e una visione sempre nuova e inaspettata di vedere le cose”. Una visione del futuro certamente chiara.
Personalmente mi aspettavo un interesse maggiore verso questa realtà da parte di qualche importante azienda della grande distribuzione o di qualche web company. Anche tra le più importanti. Tra qualche anno questa azienda, a mio modesto parere, costerà molto di più. Lo stesso Mario Gasbarrino quando nel 2019 è entrato nel CDA di Cortilia aveva affermato, non a caso: “Sto mettendo un piede nel retail di domani, ovvero nel futuro”.
Blockbuster nel settembre del 2000 non ha acquisito Netflix per 50 milioni di dollari. Abbiamo visto cosa è successo dopo. Certo Cortilia copre un mercato particolare di fascia alta e limitato territorialmente ma ha senso che ciascuno tenti di reinventare la ruota in un mercato che richiede comunque grandi investimenti ?
È vero che l’innovazione per parte della nostra generazione cresciuta con le radici nei modelli GDO del novecento è semplicemente fare ciò che si è sempre fatto in modo nuovo attraverso la tecnologia o migliorando il servizio e non certo fare in modo nuovo cose nuove. Probabilmente sì dovrà aspettare chi verrà dopo di noi.
E quindi, oggi, la frontiera resta il click and collect, il sito, la consegna a domicilio e tutto quanto abbiamo sentito nei convegni negli ultimi tre anni. Cose importanti, certo, ma non è così che si possono fronteggiare i giganti del web. Credo molti sottovalutino che l’on line e la logistica dedicata sono un mestiere diverso che non si può creare semplicemente prevedendolo dentro i propri confini organizzativi con le tradizionali regole del gioco. Una sorta di appendice del business tradizionale.
La stessa Amazon comincia ad avere dubbi sul modello classico di Whole Foods. Eppure l’ha acquistata da poco. Ma è pur sempre lontana dalla sua cultura. E il coronavirus sta accelerando diversi scenari e provocando ripensamenti anche per chi è un passo avanti agli altri.
È vero che la quota di mercato dell’online collegato alla consegna a domicilio, pur in crescita, resta poca cosa se messa in relazione con il mercato totale. E poi in una situazione che prima o poi tenderà a stabilizzarsi può addirittura rischiare di cannibalizzare i propri clienti più che portarne di nuovi e che il costo, oggi, non giustificherebbe l’investimento. È però altrettanto vero che cibo di qualità e innovazione tecnologica rappresentano un sfida importante per l’intera filiera di domani.
Certo Cortilia costa tanto. Forse troppo per quello che oggi può offrire. Ma resta un passo avanti a tutti. E chi lo ha capito e ci investe risorse importanti, come purtroppo succede spesso, viene da un altro settore. Che sia Amazon con Amazon fresh o altri imprenditori visionari, la GDO italiana sembra non crederci fino in fondo alla necessità di cambiare, o cosa più probabile, accarezza idee di cambiamento ma non dispone delle risorse sufficienti per scavalcare i tre ostacoli che ha di fronte per continuare a sentirsi “Grande”.
L’internazionalizzazione, la concentrazione e l’innovazione tecnologica e di servizio. Per questo rischia di restare semplicemente confinata nel suo perimetro tradizionale. A parte i leader che hanno iniziato almeno uno di questi inevitabili processi di crescita o le multinazionali per i mezzi di cui dispongono.
Sul primo e sul terzo ostacolo il recovery fund potrebbe essere un passaggio utile e forse fondamentale per le imprese italiane se si creasse una visione comune di filiera. Sul secondo manca, credo, la volontà necessaria.
Troppi gelosie di insegna e risultati più che soddisfacenti nel proprio perimetro per provare a crescere concentrandosi sul serio. E così il cavaliere bianco oggi non è sceso in campo per Cortilia. La prossima volta, se mai dovesse decidere di farlo, il valore che si troverà da valutare sarà però ben diverso.