Le grandi fusioni preoccupano ovunque Governi e politica. Kamala Harris la candidata democratica alle prossime elezioni di novembre negli USA non solo ha incolpato gli imprenditori e i retailer di ricercare profitti anche a costo dei portafogli dei consumatori e del reddito degli agricoltori ma nel suo programma vuole che la Federal Trade Commission combatta le mega-fusioni e acquisizioni che, a suo dire, limitano la concorrenza. A febbraio 2024, la FTC si è formalmente opposta alla mega-fusione di due delle più grandi catene di supermercati del paese, Kroger e Albertson’s, tra gli applausi della National Consumers League e della United Food and Commercial Workers, che annovera tra i suoi membri lavoratori del settore alimentare, addetti alla lavorazione della carne e lavoratori degli allevamenti intensivi di pollame.
Nel frattempo le operazioni vanno avanti. Mars ha dato il via all’acquisizione Kellanova (https://bit.ly/3WL3vwz) e in questi giorni i canadesi di Alimentation Couche Tard tramite Circle K si sono fatti avanti per conquistare la catena concorrente Seven Eleven, nata in America ma, dal 1999, controllata da una holding giapponese, con un’offerta “riservata, non vincolante e preliminare” di 31 miliardi di dollari. Seven Eleven gestisce oltre 85.000 negozi in tutto il mondo. Alimentation Couche-Tard oltre 16.700 in 31 paesi. I dettagli della proposta non sono stati divulgati.
In risposta, Seven & I ha dichiarato che il suo consiglio di amministrazione ha formato un comitato speciale per condurre una “revisione rapida, attenta e completa” della proposta. “Né il consiglio di amministrazione né il comitato speciale hanno preso alcuna decisione in questo momento per accettare o respingere la proposta di ACT, per avviare discussioni con ACT o per perseguire qualsiasi transazione alternativa”, ha scritto la società in una dichiarazione pubblicata online. L’azienda ha affermato di essere concentrata sul raggiungimento di una transazione “reciprocamente accettabile” che andrebbe a vantaggio dei clienti, dei dipendenti, dei franchisee e degli azionisti di entrambe le aziende. “Non vi è alcuna certezza in questa fase che si raggiungerà un accordo o una transazione”, ha scritto la società, aggiungendo che per ora non saranno rilasciate ulteriori dichiarazioni sulle discussioni in corso. ACT ha già tentato di acquistare Seven & i Holdings in passato: il quotidiano giapponese The Nikkei ha riferito che la società canadese aveva contattato l’operatore giapponese 7-Eleven per un’acquisizione già nel 2020.
Da noi Couche Tard è un nome che dice poco o nulla. Predilige, di fatto, un formato di prossimità, mini market con un numero di prodotti limitato. Aperti fino a tardi e, in genere, parte delle stazioni di servizio (una specie di Autogrill sui generis). Basti ricordare che oltre il 70% delle loro vendite in Quebèc è rappresentato dal carburante, motivo quest’ultimo, per comprendere la ragione di questi tentativi di diversificazione del business. Il petrolio rappresenta circa il 70% del fatturato e il 40% dei margini della realtà canadese che quindi sa bene che, il suo, è un business che rischia di trasformarsi in un futuro non troppo lontano in un handicap, anche per l’avanzare dell’elettrico. Per questo cerca di anticipare i cambiamenti necessari e far evolvere il proprio modello di business.
Tra pandemia e guerra ai confini dell’Europa sembra passato un secolo dal gennaio del 2021 quando Couche Tard, la multinazionale canadese di mini market collegati ai distributori di carburante, aveva messo sul tavolo 16 miliardi di euro per acquisire l’intera Carrefour. Più o meno la stessa cifra che Amazon aveva sborsato poco tempo prima per Whole Foods. L’operazione fu poi stoppata dal Governo francese. In Francia il famoso antico proverbio che in Italia suona “Moglie e buoi dei paesi tuoi” si declina in: “Prend ta femme dans ton village et les boeufs dans le voisinage” quindi, sulla carta, poco spazio agli intrusi o agli spasimanti anche se provenienti dai territori francofoni del Quebèc. Nonostante l’accordo commerciale di libero scambio tra l’Unione Europea e il Canada firmato nel 2016 quando si tratta di comprare aziende in Francia mogli e buoi (e proprietà delle imprese) devono essere in casa. Avere la stessa lingua non è una caratteristica sufficiente per i francesi.
Fallita l’operazione poco tempo dopo Couche Tard ha acquisito 2.193 stazioni di servizio TotalEnergies in Europa per l’equivalente di circa 3,1 miliardi di euro. Quell’accordo ha consentito a Couche Tard di entrare in nuove realtà in Germania, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo. 1.195 sedi in Germania, 566 in Belgio, 387 nei Paesi Bassi e 45 in Lussemburgo. Aggiungendo le 2193 sedi, la sua impronta europea (https://bit.ly/40uLLW1) aumenta dell’81%. Attualmente ha 2.703 sedi in otto paesi: Norvegia, Svezia, Danimarca, Lituania, Estonia, Lettonia, Irlanda e Polonia. L’obiettivo era chiaro. Puntare ad un convenience store diverso dove ristorazione, prodotti alimentari limitati e convenenti e no food possano trovare nuove sintesi. Magari attraverso una dimensione tecnologica più accentuata, un servizio più accogliente e una logistica diversa.
Contemporaneamente dall’altra parte del mondo è più o meno nello stesso periodo ha iniziato a convergere verso il vecchio continente pure il gruppo giapponese Seven & i Holdings l’altro grande operatore di minimarket, convenience store o Konbini giapponesi comunque li si voglia definire.
7-Eleven è forse la più grande, diffusa e nota catena internazionale di minimarket e convenience store, fondata nel 1927 in Texas, dove tutt’ora ha sede principale. In Asia, ed in particolare in Giappone dove oggi hanno una diffusione persino maggiore dei normali supermercati, i negozi 7-Eleven sono conosciuti con il nome di Konbini, aperti 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Si tratta di un business particolarmente apprezzato da turisti, studenti e lavoratori.
7-Eleven punta su negozi di prossimità ed offre una vastissima gamma di prodotti e servizi, a prezzi estremamente concorrenziali ed accessibili, che può variare in base alle normative locali: alimentari di vario genere, prodotti di prima necessità, prodotti per l’igiene, cosmetica, elettronica e telefonia, pagamenti, ritiro di denaro e ricariche, gadget e giocattoli, abbigliamento, prodotti di caffetteria, fast food e pasticceria, birre ed alcolici, e molto altro. Particolarmente vincente è la possibilità che offrono i 7-Eleven di scaldare e consumare sul posto pasti rapidi acquistati proprio nel minimarket. 7-Eleven è oggi presente a livello internazionale in 18 Paesi, con una concentrazione maggiore in Giappone, Thailandia e Stati Uniti. Seppure alcuni convenience store 7-Eleven siano già presenti anche in Europa.
7-Eleven utilizza con successo la formula franchising per l’espansione del proprio network. Non c’è però solo convenienza. C’è un ambiente e una cultura particolare. Aggiungo che la presenza di una immigrazione orientale e anche nordafricana ha fatto anche nascere attività e negozi che riempiono, profumano e colorano anche le nostre città per ora rivolte più alle rispettive comunità ma i negozi di ortofrutta nordafricani e i minimarket di altri Paesi che si stanno diffondendo anche da noi e ci insegnano che non è detto che sarà sempre e solo così. Siamo in una fase di grandi cambiamenti. Grandi giocatori sembrano credere ad un mondo dei consumi e della ristorazione che va disegnando nuovi scenari e sempre più decidono di scendere in campo. Vedremo con quali prospettive.