Di questi tempi si discute spesso dell’irrilevanza più che della presenza delle organizzazioni sindacali nella vita sociale e nelle imprese. Per alcuni questo è un segno dei tempi. Altri invocano a gran voce l’importazione dalla Germania del modello di sindacato partecipativo. Discussioni destinate a produrre ben poco. Il nostro Paese ha una tradizione sindacale di tipo conflittuale-antagonista. Un situazione come quella che ha coinvolto la Volkswagen non avrebbe mai prodotto da noi la maglietta:”Ein team, Eine familie” (una squadra, una famiglia) tipo quella indossata dai ventimila iscritti alla IGmetall, il sindacato metalmeccanico tedesco dell’auto poche settimane fa mentre ascoltavano, in silenzio, il nuovo CEO della Volkswagen promettere un piano lacrime e sangue. La FIOM o i Cobas avrebbero sparato ad “alzo zero” contro l’azienda, alcune trasmissioni televisive e alcuni giornali avrebbero fatto il resto con l’unico scopo di distruggere chi, fino ad un attimo prima, avevano subìto, temuto e rispettato. La nostra tradizione pesa. Per molti è difficile uscire da questo schema. Chi lo fa rischia. A volte non solo politicamente. Uscire da questa “gabbia” è la premessa indispensabile per costruire nuove regole del gioco nelle relazioni sindacali utili alle imprese e ai lavoratori. Ci stanno provando alcune federazioni della CISL e, nella conferenza organizzativa della CGIL, ci sono stati certamente spunti interessanti di riflessione. Fuori dal sindacato confederale l’esperienza di Manageritalia mi sembra l’unica degna di nota. Potrebbe sembrare evidente per un sindacato di dirigenti essere propositivi senza, per questo, essere subalterni ma questo non spiega a sufficienza un lavoro importante e continuo fatto dai suoi principali esponenti, nel tempo, per introdurre una cultura di solidarietà nella categoria. Una categoria, ben tutelata, dove però la stragrande maggioranza è ben lontana da condizioni spesso strumentalizzate sui media. Come spiegare altrimenti l’assistenza sanitaria a disposizione dell’intero nucleo familiare indipendentemente dalla numerosità dello stesso, il progetto Managerattivo a supporto dei dirigenti che hanno perso il lavoro e un sistema di welfare complessivo che tutela anche i pensionati. Ma anche la formazione e significative iniziative di coinvolgimento e di convivialità. Certo hanno potuto anche contare, nel tempo, su una controparte più sensibile di altre. Ma non è questo il punto. Potevano, negli anni, percorrere una strada simile a quella compiuta in altri settori in un contesto dove l’individualismo è ancora molto forte ma dove, al contrario, sono riusciti a radicare negli associati la convinzione che compito delle organizzazioni sindacali è quello stare sempre un passo avanti ai propri associati sia nel proporre miglioramenti sia nel gestire modifiche dello status modellando le norme sulle esigenze proposte anche dalle imprese. Un modello contrattuale che ha senso perché risponde all’esigenza di entrambe le parti. Quindi anche dell’impresa. Il sindacato, in generale, potrà porsi obiettivi di partecipazione se affronta innanzitutto, sul piano culturale, la necessità di cambiare. Prima di tutto se stesso. L’alternativa è la progressiva emarginazione o peggio, l’irrilevanza. Nel pubblico impiego, ad esempio, le proposte di rinnovo dei contratti del Governo sono state immediatamente respinte. 300 milioni (da cui togliere la parte relativa alle forze dell’ordine) sono pochi, d’accordo. Sono 6 anni che i contratti sono fermi e ci sono problemi di mobilità territoriale, esuberi, carenze e aspettative. Ma non ci sono grandi margini di manovra. Sono state proclamate le agitazioni di rito e l’intera vicenda si sta incanalando verso una liturgia classica in una fase economica completamente diversa dal passato. Un sindacato “tedesco” avrebbe accettato la sfida. Avrebbe proposto un negoziato differenziando priorità di intervento, settori da accontentare magari rinunciando al rinnovo in altri. Si sarebbe fatto carico delle difficoltà senza farsi scavalcare da nessuno. Avrebbe rilanciato con proposte sull’occupazione e sul merito coinvolgendo i propri associati sul futuro del lavoro pubblico. Cose che, purtroppo, non si faranno. Occorre scegliere; o un passo avanti, con tutti i rischi di rapporto con i lavoratori e di scavalcamento di altri sindacati come alla Fiat e altrove ma con una strategia chiara, oppure irrilevanti tutti insieme. Occorre scegliere, appunto.