Quando posso cerco di proporre cosa c’è dietro le decisioni, i successi o gli insuccessi delle aziende. Ovviamente il mio opinabile punto di vista. A me piace parlare di persone. Colleghi, top manager nazionali e internazionali che propongono progetti, realizzano obiettivi e contribuiscono, con il loro lavoro, a determinare i risultati. E le difficoltà che incontrano. Quando Tony Hoggett ha lasciato Tesco e l’anno successivo, Rami Baitiéh, Carrefour France ho scommesso sul successo di entrambi. I risultati e i rispettivi curricula parlavano per loro. Il primo arrivava a capo dei negozi fisici di Amazon nel food con il compito di ridisegnarne ruolo e prospettive. Il secondo lasciava Carrefour per rilanciare Morrisons in grande affanno in Inghilterra. Tony Hoggett non ce l’ha fatta. Ha gettato la spugna dopo tre anni. Rami Baitiéh ha, per ora, vinto la sua sfida. Ma procediamo con ordine.
Hoggett era convinto che il problema dell’azienda di Seattle nel food fosse proprio crescere nei negozi fisici. Lo pensavano in molti. Compreso il sottoscritto. L’acquisizione di Whole Foods avvenuta nel 2017 era vista come il primo passo a cui ne sarebbero seguiti altri. Con la scelta di Hoggett Amazon sembrava segnalare la sua intenzione di voler competere con i più forti retailer sul loro terreno. Non solo sul fronte della tecnologia o dell’e-commerce. L’altra gamba sarebbe stata la “piccola” Amazon Fresh da rilanciare. Si discuterà a lungo su chi ha sbagliato. Se è stato Hoggett che ha creduto possibile “trascinare” il gigante di Seattle ad imboccare una strategia di espansione tradizionale nel retail fisico, visto il contesto competitivo, soprattutto negli USA o Amazon a rendersi conto che quella strategia, pur interessante, non fosse compatibile con la propria visione e natura.
Amazon, non è mai sembrata intenzionata ad impegnarsi in una gara complessa a colpi di acquisizioni per competere negli USA e non solo con Walmart, Aldi e compagnia, sul loro terreno. E temo che, pur dopo aver accarezzato l’idea e averlo ingaggiato, non ha mai creduto fino in fondo alla strategia propugnata da Hoggett. Nelle multinazionali succede. Resta l’obiettivo di voler di cambiare radicalmente il modo di fare la spesa. È il percorso che cambia. Amazon resta ancorata all’online e alla tecnologia con l’obiettivo di soddisfare il cliente. Difficile cambiare natura.
Per questo l’oggetto dello scontro non poteva essere che Whole Foods e la sua funzione complementare nell’eco sistema. Ancora oggi il 95% dei suoi clienti è costretto, se vuole acquistare prodotti CPG, ad andare altrove. Da qui, credo, la mediazione, nata poco prima dell’addio dell’ex Tesco, che probabilmente voleva quei prodotti sui lineari e una maggiore integrazione con Amazon Fresh e Jason Buechel che non li voleva. Per chi avesse dubbi basta andare sul sito di Whole Foods dove si legge: “orgogliosi di ciò che vendiamo e ancora di più di ciò che non vendiamo”. La mediazione tra le differenti visioni fu di portare i prodotti Whole Foods nei negozi Amazon Fresh (ma non il contrario), testare punti vendita più piccoli in alcune realtà e costruire un micro centro di evasione ordini collegato a una sede di Whole Foods nel sobborgo di Filadelfia di Plymouth Meeting, in Pennsylvania operativo a fine 2025 destinato ad aggiungere costi anziché razionalizzarli. Di fatto un test di grande interesse tecnologico e logistico in grado di esaltare le peculiarità dell’azienda di Seattle.
Amazon, pur scontando l’uscita pesante di Hoggett, ridefinirà le sue traiettorie. E, a mio parere, assisteremo presto ad una conferma che ribadirà il perimetro scelto da Seattle e che, Whole Foods a parte (fino a quando resterà compatibile nell’eco sistema), non prevede il presidio del retail in modo tradizionale. Semmai vedremo il moltiplicarsi di accordi con società terze nel mondo specializzate nella gestione di filiere corte che coprono autonomamente il processo dalla produzione alla consegna a domicilio. Messico, Germania, sono le prime aree individuate da Seattle. Personalmente credo stiano riflettendo anche sull’Italia.
Rami Baitiéh, da parte sua, è stato più fortunato. La filosofia che ha portato con sé oltre Manica è quella che gli ha consentito di arrivare ai vertici di Carrefour France: Sopra di lui, aveva Alexandre Bompard destinato a restare almeno fino alla scadenza, credo nel 2025. Baitiéh ha preferito quindi, salutare e andare a consolidare altrove il suo CV. Ha scelto Morrisons una realtà in grande affanno ben prima del suo arrivo ma con un buon potenziale di ripresa. Almeno sulla carta. Morrisons credo sia l’unico supermercato britannico ad avere i propri siti che producono carne, frutta e verdura, pesce, prodotti da forno e prodotti alimentari freschi, ed è unico nel preparare e produrre più della metà del cibo fresco venduto nei suoi negozi.
Rami Baitiéh, arriva a novembre 2023 con il ruolo di CEO subentrando a David Potts con l’obiettivo di risollevare la situazione. Nel 2022 Morrisons aveva tagliato più di 8.800 posti di lavoro, quasi l’8% della sua forza lavoro totale, registrando una perdita di oltre 1 miliardo di sterline. La catena era stata acquistata dall’investitore di private equity statunitense Clayton Dubilier & Rice (CD&R) nell’ottobre 2021. Il 2023 è stato il secondo anno consecutivo in cui Morrisons ha perso più di 1 miliardo di sterline, dopo aver registrato una perdita ante imposte di 1,5 miliardi di sterline nel 2022. La catena di supermercati ha lottato per competere con i discount in rapida espansione Aldi e Lidl e con i rinati Tesco e Sainsbury’s. Aldi ha superato Morrisons diventando il quarto supermercato più grande del Regno Unito nel 2022. Con l’aumento del debito dell’azienda, questa ha dovuto anche fare i conti con condizioni in rapido cambiamento. I tassi di interesse sono saliti alle stelle dopo l’acquisizione, mentre gli acquirenti sono stati più cauti nella spesa a causa dell’aumento del costo della vita.
A gennaio 2023 Morrisons ha venduto 337 piazzali di stazioni di servizio a Motor Fuel Group in un affare da 2,5 miliardi di sterline. Motor Fuel Group è anche di proprietà di CD&R e Morrisons avrà una quota nella società di stazioni di servizio. In Morrisons, solo dopo un anno di gestione di Rami Baitiéh, i risultati si sono visti (+2,4% su 2023). Questa inversione di tendenza è davvero interessante perché mostra come le basi operative, come il personale motivato e la disponibilità a scaffale degli articoli principali, stiano superando le strategie più complesse e più costose eseguite da altri. D’altra parte, o Baitiéh inseguiva le insegne che hanno dato priorità all’innovazione o si concentrava sui fondamentali. Ha scelto questa seconda strada, valorizzando e motivando i collaboratori, indicando chiaramente obiettivi e percorsi e puntando su un’offerta tradizionale.
Le vendite di Morrisons sono cresciute del 2,4%, segnando la prima volta una svolta dal giugno 2021. Recentemente ha ingaggiato Andrew Staniland che entrerà a far parte dell’azienda all’inizio di febbraio in qualità di direttore commerciale del gruppo e farà parte del comitato esecutivo. Un ritorno visto che Staniland ha lavorato in precedenza in Morrisons tra il 2012 e il 2016. Rami Baitiéh ha ancora molta strada da fare, ma una migliore disponibilità, prezzi più interessanti e personale più motivato hanno contribuito a ritrovare lo slancio di Morrisons.
La filosofia che caratterizza Baitiéh è semplice quanto efficace: “Correggi le basi, cambia la cultura, segui la stella polare”. Fondamentali quando devi riorganizzare squadre demotivate, affermare una cultura del cambiamento e finalizzare le energie per raggiungere l’obiettivo. I risultati parlano per lui. Baitiéh ce l’ha fatta. Hoggett, no. Il primo ha cercato di reinterpretare valori e mission ripristinando una convincente traiettoria di business. Il secondo, a mio parere, ha proposto una strategia che puntava a modificare il DNA tecnologico dell’azienda rendendolo accessorio e funzionale ad un modello di retailer tradizionale. Difficile da far digerire a Seattle.