Era immaginabile tutto questo trambusto sulla nuova pubblicità di Esselunga. Critiche feroci, minacce di boicottaggio, accuse di utilizzare lo spot per spostare l’attenzione verso una visione della famiglia dal sapore fortemente tradizionalista. La bolla dei social si è scatenata. Favorevoli e contrari si sono affrontati senza esclusione di colpi. Il mio commento a caldo è stato: “Crea contrasto e fa discutere. Incidenza sulle vendite? Non credo. Indignazione e approvazione erano in preventivo. Amplifica però la notorietà del brand in un contesto dove le insegne sembrano tutte uguali. Nel merito, non è nelle mie corde ma non mi ha lasciato indifferente”. Lascio agli esperti di marketing il dibattito sull’efficacia e agli estremismi della rete il corpo a corpo sul tema.
Mi interessa ritornare su Esselunga. E su come la GDO vive questo momento dove i riflettori improvvisamente si accendono sul suo agire come mai era successo prima. Non dimentichiamo il patto anti inflazione, il ruolo politico che il comparto, non abituato, si troverà ad interpretare, le ricadute nelle prossime settimane scatenate dalle inchieste vere, o presunte tali, sul rispetto degli accordi sottoscritti. Le inevitabili furbizie di chi nel comparto pensa che tutto sia sostanzialmente come prima del patto e che la sua libertà di azione non ne risentirà più di tanto. Non dimentichiamo mai le abitudini e la composizione imprenditoriale e manageriale complessiva. Ne vedremo quindi delle belle.
La prima cosa che mi è venuta in mente è che, ovunque possa essere in questo momento l’autore di “Falce e Carrello”, Bernardo Caprotti, starà sorridendo soddisfatto. Quello spot sarebbe stato “culturalmente” nelle sue corde. Esselunga, pochi l’hanno capito, con quello spot, e con ciò che lo ha preceduto e con ciò che ne è seguito, è ritornata al centro della scena politica. Come è sempre stato in passato. Si pone esplicitamente come interlocutore vero e sicuro punto di incontro e mediazione con le forze che sostengono il Governo nella gestione del Patto stesso se qualcosa dovrà essere aggiustato in corso d’opera.
Con un’industria alimentare oggettivamente indebolita per i suoi tentennamenti al tavolo del Governo e una GDO che rischia nella gestione del Patto stesso, un’azienda importante con un carisma riconosciuto dalla politica non è cosa da poco. Per certi versi questo spot è il primo vero e visibile segnale di passaggio di testimone tra la vecchia e la nuova generazione aziendale sul piano politico. Aggiungo che l’unica volta che l’attuale proprietà di Esselunga si è “buttata a sinistra” con il famoso spot sulla “lotta al carovita”, slogan vagamente sessantottino, è stato un bagno di sangue per i margini aziendali. Meglio quindi evitare sbandamenti riproponendo il proprio ruolo riconosciuto.
Il sistema relazionale di Esselunga è centrale. L’accordo raggiunto con la Federazione italiana giuoco calcio (Figc) per i prossimi quattro anni di sponsorizzazione e gli accordi col Coni e con i Giochi olimpici invernali di Milano-Cortina 2026 testimoniano i solidi rapporti politici e istituzionali. Non vedo altre realtà della GDO in grado di competere con Esselunga su questo piano. LIDL e Conad sono ancora un gradino sotto. La prima sta lavorando per costruire il riconoscimento che merita. La seconda, anziché rilanciare la sua leadership politica rischia di ritornare su vecchie strade nel momento sbagliato. Coop, per ragioni storiche, con questo Governo, preferisce muoversi sottovento.
Una leadership sull’intera GDO che Caprotti senior esercitava con una certa ruvidità caratteriale sul sistema associativo e che, con la sua uscita di scena, sembrava fosse andata perduta. Con questa maggioranza politica, ritorna prepotentemente in campo. Questo spot cavalca un’onda culturale (forse) minoritaria ma in crescita nel Paese. Da qui le forti reazioni pro o contro. Non mi ha nemmeno meravigliato il tweet di gradimento del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni (“Leggo che questo spot avrebbe generato diverse polemiche e contestazioni. Io lo trovo molto bello e toccante”..).
L’allineamento valoriale con la cultura espressa dalle forze politiche che sostengono questo Governo è evidente. C’è chi ha messo ingenuamente in alternativa lo spot Ikea del 2016 (https://bit.ly/4562em8) con storie anch’esse realistiche di genitori divorziati che esprimono una visione totalmente diversa rispetto a quella di Esselunga. Ovviamente quello di IKEA non ha sollevato, allora, alcun clamore. Altri tempi e altro contesto. Il tema proposto è secondario. Sono convinto che ne seguiranno altri altrettanto incisivi. Lo spot è il dito. La luna è la ripresa centralità dell’insegna milanese.
Personalmente non penso proprio che chi lo ha approvato abbia sottovalutato le conseguenze. Tra l’altro lo spot viene inviato in questi giorni a tutti i clienti Fidelity a conferma della convinzione del management e della proprietà sull’operazione stessa. Non credo poi che conoscere il pensiero del proprietario del luogo scelto per fare la spesa sia determinante per i clienti che lo frequentano. Il libro “Falce e Carrello” aveva già chiarito la collocazione di Esselunga e le performance aziendali sono comunque continuate a migliorare da allora. Un buon motivo per evitare di dipingere scenari che lasciano il tempo che trovano.
Piaccia o non piaccia quella cultura rappresenta il vero collante tra la vecchia gestione e la nuova. Il dimagrimento di parte del vecchio management, l’attenzione ai costi (soprattutto del personale) che rende la vita difficile nei punti vendita ai responsabili, le difficoltà nella logistica, sono problemi comuni a tutta la GDO “assediata” dai discount e dal nomadismo dei consumatori. Esselunga sceglie di riaffermare la propria unicità nel panorama delle insegne della grande distribuzione a modo suo riprendendosi la scena.
L’unicità di Esselunga, è un portato dei suoi successi, delle relazioni politiche, della cultura del lavoro che la permea, della meritocrazia spinta e, soprattutto dell’“occhio del padrone” che sempre vigilava e che ingrassava il cavallo del vecchio proverbio popolare. Purtroppo non tutte queste caratteristiche si confermano oggi.
Sentirsi i primi della classe non basta. Il mondo intorno sta cambiato e questo crea nervosismi interni difficili da nascondere. Il via vai dei manager lo testimonia. Gestire poi le risorse umane rinunciando ad una vera regia professionale di alto livello farà la differenza. Soprattutto in tempi dove i cosiddetti “talenti” vengono fatti crescere all’interno per sostituire alcuni manager più esperti e contemporaneamente alleggerire i costi del personale. Tasselli diversi non sempre facili da far coincidere. Esselunga dopo aver chiuso con l’Amministratore Delegato esterno che avrebbe dovuto guidarne il cambiamento sceglie di riproporre ciò che è sempre stata. Per ora ha segnato un punto a suo favore. Ma la partita è ancora tutta da giocare.