il dibattito sul reddito di alcuni sindacalisti che si è scatenato in rete in queste settimane sta portando con sé diverse interessate strumentalizzazioni. È singolare come alcune professioni siano più esposte di altre al pubblico ludibrio. Politici, sindacalisti e a volte lo stesso clero scontano sempre generalizzazioni semplicistiche ogni volta che uno o più esponenti di quei mondi viene coinvolto in scandali o comportamenti eticamente discutibili. Sembra che non esista responsabilità individuale. Ogni volta è l’intera categoria che deve difendersi o subire una condanna complessiva quanto generica. Non succede per i medici, i giornalisti, gli avvocati o per i giudici e neanche per i manager per citare alcune categorie spesso soggette a critiche causate da comportamenti non sempre irreprensibili. La prima giustificazione è che alcune professioni sono considerate da una parte dell’opinione pubblica, eticamente importanti e quindi chi vi accede deve essere diverso, unico, superiore. Se, per certi versi è comprensibile per il clero, per le altre c’è molta strumentalità in questa visione. Politici e sindacalisti sono spesso oggetto di critiche a prescindere e, nella scala di gradimento popolare, non occupano quasi mai i primi posti. Per certi versi godono di pessima fama. E allora perché accanirsi quando viene alla luce un comportamento individuale scorretto? E soprattutto, perché i più incarogniti accusatori sono coloro i quali non nutrono alcun rispetto a prescindere per queste professioni? La prima riflessione che mi sento di fare è che c’è un mondo mediocre che non ama chi fonda il proprio agire sull’etica. Essere onesti e disponibili verso gli altri, pensare al bene comune, cercare di perseguirlo, impegnarsi ben oltre ciò che il corrispettivo economico consentirebbe è sempre visto con sospetto. Chiunque abbia frequentato sindacalisti, preti o politici seri si rende conto che la stragrande maggioranza è gente per bene. Soprattutto che si è orgogliosi di averli come amici. Sono persone speciali, uniche che ti trasmettono una grande serenità e fiducia nel futuro. Sono un grande antidoto al pessimismo della ragione. Spesso lontani mille chilometri dalle piccole miserie con cui ciascuno di noi, comuni mortali, deve confrontarsi quotidianamente. Disponibili, seri, pronti a darti una mano. A volte ingenui, sinceramente scandalizzati di fronte alle piccole e grandi ingiustizie di tutti i giorni alle quali noi siamo purtroppo rassegnati. Una cosa che mi dispiace è proprio questa volontà dei mediocri di voler gettare sempre il bambino con l’acqua sporca. Questa incapacità di rispettare le persone per bene e generalizzare sempre comunque. Mi immagino come si sentano in questi giorni decine di migliaia di sindacalisti di base dentro e fuori i luoghi di lavoro additati da giornalisti trasformati in giudici improvvisati o da intellettuali che fanno della provocazione il loro stile improvvisamente accumunati a chi sa muoversi con disinvoltura incollato alla propria poltrona da anni. Poche mele marce nella cassetta ma sufficienti a costruire un’opinione sulla qualità di tutte le mele. Lo stesso discorso vale per i preti pedofili o per i politici disonesti. A chi giova distruggere ciò che di buono c’è nelle professioni che fanno dell’impegno sociale, politico o religioso un punto distintivo forte? Io credo che occorra indignarsi sicuramente nei confronti dei disonesti ma avendo ben chiaro la differenza tra il grano e il loglio. Poi servono, ovviamente, i regolamenti, i codici, le espulsioni e le condanne perché le prediche non bastano e i disonesti non devono mai avere il sopravvento. Né il “così fan tutti.” Ma occorre anche avere il coraggio del rispetto. Con molti sindacalisti e politici onesti mi sono confrontato e mi confronto tutti i giorni. Spesso abbiamo opinioni e visioni differenti nel merito dei problemi ma il rispetto per chi sceglie di impegnarsi con gli altri e per gli altri, per quanto mi riguarda, non viene mai meno.