In questo periodo, ogni anno, si parla (o si straparla) di prezzi. Peri consumatori, sempre troppo alti, per gli agricoltori, troppo bassi. La nostra agricoltura finisce spesso sotto i riflettori più per le liti animate dalle sue rappresentanze ufficiali o per i drammatici casi di sfruttamento del lavoro che per il ruolo che esercita nella filiera. La realtà ci dice che il sistema agroalimentare, dai campi alla ristorazione, raggiunge i 550 miliardi (stima del CREA Politiche e Bioeconomia) e i consumi alimentari hanno superato i 205 miliardi, con una spesa di 470 euro mensili per famiglia (Il Mulino – La nuova struttura dell’Agricoltura italiana). All’interno di questo sistema, l’agricoltura e l’industria alimentare e delle bevande rappresentano insieme quasi il 39% dell’intero valore. Completano il quadro il commercio all’ingrosso e al dettaglio, i quali insieme pesano per ben il 53% del totale. Infine, la ristorazione raggiunge un fatturato di quasi 45 miliardi, equivalenti all’8% del sistema complessivo. Dal punto di vista occupazionale parliamo di 1,6 milioni di occupati nel 2022, pari al 7% del totale dell’occupazione complessiva.
Innanzitutto occorre dire che non c’è alcun legame tra l’arretratezza culturale e organizzativa, le irregolarità di vaste aree del comparto agricolo con i rapporti di filiera. Lo sfruttamento del lavoro laddove è radicato risale a ben prima della nascita della grande distribuzione. Altra cosa sono contestazioni specifiche a chi commette reati o si comporta scorrettamente. A questo proposito si potrebbero citare fiumi di dati. Gli agricoltori disonesti e i commentatori superficiali si nascondono dietro queste scuse. Un’attività economica deve reggersi sul giusto compenso a tutti i suoi componenti. Lavoratori compresi. Altrimenti deve necessariamente chiudere. Tollerare lo sfruttamento al proprio interno giustificandolo con un altro tutto da dimostrare contro i settori a valle è la dimostrazione evidente della malafede.
Dopo il decesso del cittadino indiano Satnam Singh avvenuto nella provincia di Latina, pochi giorni fa, Dalvir Singh, anche lui di nazionalità indiana, è stato ritrovato all’interno di un’azienda agricola a Borgo Piave alla periferia di Latina stroncato da un malore, causato probabilmente dal caldo. La punta di un iceberg che non merita giustificazioni. Tra i due tragici fatti il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro e l’INPS hanno effettuato un servizio congiunto di vigilanza straordinaria nel settore agricolo nelle province di Mantova, Modena, Latina, Caserta e Foggia a cui ha contribuito, in fase di pianificazione, anche l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA). Sono state ispezionate in totale 109 aziende agricole di cui 62 presentavano delle irregolarità̀ (56,9%), mentre su 505 lavoratori controllati, 236 sono risultati irregolari (46,7%), di cui tre minorenni e 136 cittadini extracomunitari. 64 sono i lavoratori impiegati “in nero”, di cui 23 posizioni lavorative hanno interessato manodopera straniera sprovvista di regolare permesso di soggiorno.
Nel mirino è finita anche un’azienda della provincia di Lodi, dove, secondo la Procura, oltre mille lavoratori sarebbero stati sottoposti a orari di lavoro esasperanti, fino a 500 ore al mese, mentre ne venivano registrate soltanto 169, quelle consentite dalla legge. Solo nel 2023 l’INPS ha annullato oltre 27mila contratti irregolari e denunciato 425 lavoratori nel settore agricolo, grazie a 669 ispezioni specifiche, parte di un totale di 9202 controlli effettuati. (dati INPS). Recentemente è stato stipulato un accordo tra l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) e l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA). Istituisce una banca dati inter-operativa tra i due enti, volta a centralizzare e condividere informazioni cruciali per il contrasto al caporalato.
Ad ogni agosto, tutto questo finisce sullo sfondo e, in primo piano prende vigore la consueta polemica sull’anguria. Di solito coinvolgeva Eurospin perché in passato l’ha sempre regalata o quasi. Quest’anno, è toccato a Penny, il discount tedesco, che festeggiava il suo 30° compleanno. Il 14 e 15 agosto è stata data in omaggio una mini anguria nei punti vendita di tutta Italia, a fronte di una spesa di almeno 30 euro, frutto di un accordo con un gruppo delimitato di fornitori. Nessuno ha avuto niente da dire. La polemica ha riguardato Eurospar perché ne ha venduto una molto cara ad Arzachena. Il prezzo? 2,79 euro al kilo (49 euro totali). È bastata una foto dell’anguria (datata 24/7) per scatenare l’indignazione della rete.
In Italia si producono circa 500 mila tonnellate di angurie. Quella in questione è una Diamonds dell’azienda agricola Santelli di Viadana. Un prodotto di nicchia, di alta qualità che difficilmente viene venduto nella Grande distribuzione. Qui però siamo in Gallura, nel pieno della stagione turistica di fascia alta. E Despar (Eurospar) è un’insegna nota anche per la qualità dell’offerta. La saggezza popolare suggerisce, prima dell’acquisto, di bussare sull’anguria per carpirne il suono. Il grado di maturazione viene decretato da quanto più profondo e sordo risulta essere la risonanza creata dal tocco magico. Con le Santelli non serve. Se non soddisfano si possono restituire e vengono sostituite. Le angurie non sono tutte uguali.
Così come il panettone può trovarsi praticamente gratis e in promozione a Natale oppure di grande qualità, ad un prezzo completamente diverso, così vale per le angurie. Si possono trovare in regalo e a basso prezzo in promozione o di grande qualità e ad un prezzo adeguato. Condivido chi ha citato, a paragone, il vino. Ce n’è per tutte le tasche e per tutti i gusti. È così dovrebbe essere anche per frutta e verdura. La qualità si paga. E sarà sempre più così in futuro. La Famiglia Santelli produce meloni e angurie dal 1938 a Viadana. Ha trasformato una piccola realtà in un’azienda che oggi spedisce giornalmente i propri prodotti in tutti i mercati ortofrutticoli del nord e centro Italia. E all’estero.
Per Eurospin (e non solo) l’insistenza, più o meno ogni anno, sull’anguria “omaggio” o in promozione utilizzata come prodotto “civetta” è quasi un tratto distintivo. Quasi come l’Einstein della loro spesa intelligente. È una scelta precisa. Un’operazione che, oltre ad un po’ di pubblicità (a loro valutare se positiva o meno) può servire ad aumentare lo scontrino medio a ferragosto facendo da traino per altri acquisti. Stessa cosa succede a Natale dove analoghe promozioni “regalo” sono sempre avvenute con il panettone che, se artigianale, anche in GDO viene venduto a prezzi corretti. E nessun cliente si è mai lamentato. Dovrebbe essere così anche per frutta e verdura. La qualità si paga. Ad agosto però lamentarsi è diventata una abitudine. E per il prossimo anno la polemica potrebbe spostarsi nel Cremonese dove, nell’azienda agricola Ca’ Vecchia Bio di Lorenzo Cavalli, è iniziata la coltivazione del frutto più costoso del mondo: lo Yubari King, una particolare varietà di melone che viene venduta a coppie e di recente in Giappone è stata battuta all’asta per oltre 20mila euro. (https://bit.ly/3z3Nzhg).