Fusione Fnarc Darty e Unieuro. Giusta la strategia ma il diavolo sta nei dettagli del percorso…

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L’Opas di Fnac Darty e Ruby Equity Investment su Unieuro com’era prevedibile ha avuto successo. La soglia minima del 66,67% è stata superata e oltre 6,3 milioni di azioni, pari a circa il 30% del capitale, sono state consegnate nella seduta del 25 ottobre. Fnarc Darty oggi controlla il 71,5% del capitale, compreso il  4,4% racimolato sul mercato prima dell’opas. Tutto fatto quindi? Temo proprio di no.

Domenica 17 e lunedì 18 novembre 2024 si terranno le elezioni regionali in Emilia-Romagna. Qualcuno ipotizza l’annuncio di “golden power”.  I partiti politici, impegnati all’ultimo voto in una regione che sta vivendo momenti difficili, guardano, insieme ai sindacati  a Roma e chiedono, all’unisono  “se intende procedere con l’utilizzo del Golden Power sull’offerta del gruppo francese, una procedura che permetta al Governo di bloccare o apporre particolari condizioni a specifiche operazioni finanziarie nell’interesse nazionale, in settori considerati strategici”. È un momento teso nei rapporti con i francesi. Sullo sfondo aleggia Stellantis e le promesse non mantenute di Tavares. Nessuno si fida di nessuno. Tantomeno i forlivesi.

Il Golden Power, di fatto, è un’autorità speciale che consente a un Paese di prendere decisioni chiave o di influenzare l’operatività di un’azienda. Può essere applicato in diversi contesti e situazioni. È in sostanza  “la facoltà di dettare specifiche condizioni all’acquisto di partecipazioni, di porre il veto all’adozione di determinate delibere societarie nei confronti di aziende che ricadono nell’interesse nazionale”. Il commercio, in realtà, non lo è. Ma i dati dei clienti, per qualcuno,  potrebbero esserlo. L’agenzia multimediale economica Bloomberg cita, al riguardo, fonti “informate sulla questione”, secondo cui l’esecutivo potrebbe valutare se imporre limitazioni all’influenza di Fnac Darty su Unieuro. E le limitazioni riguarderebbero l’accesso dei francesi ai dati sensibili di milioni di clienti, con le relative preoccupazioni riguardanti anche i pagamenti digitali degli utenti.

Per ora non ci sono commenti ufficiali. Si sa che il ministro del made in Italy D’Urso non è mai stato convinto di cedere ai francesi Unieuro. E tutti i partiti dell’intero arco costituzionale, con varie motivazioni, sollecitano  il “No Pasaran”.  C’è però un problema difficile da negare: l’azionista principale della Unieuro è già francese: dal 2021 la Iliad di Xavier Niel possiede il 12%, la famiglia del fondatore Silvestrini ha meno del 10%, ma la catena di negozi è stata costruita a sua volta grazie al fondo britannico Rhone Capital. Difficile definirla italiana. 

Unieuro poi è passata di mano molte volte. Nasce ad Alba da Pietro Farinetti, padre di Oscar e viene ceduta nel 2002 agli inglesi di Dixons i quali nel 2013 la cedono ai Silvestrini di Forlì peraltro già presenti. Nel 2017 viene quotata in borsa. In quegli annni Darty, una catena francese di elettrodomestici,  si fonda con  la Fnac. A Milano ha fatto la sua comparsa in via Torino 45. Un palazzo sinonimo di Standa, per chi conosce la storia. Il famoso  “palazzo maledetto” che ha visto un susseguirsi d’insegne con più o meno successo. Oggi c’è Primark (-che funziona).  A quel numero civico  si installò la libreria Fnac, che resistette 12 anni prima di chiudere. Oggi l’azienda francese è del magnate ceco Daniel Křetínský alla testa di un impero che si sta espandendo a macchia d’olio, dall’energia alla stampa (Le Monde), dalle poste (Royal Mail) alla grande distribuzione (Casino, Metro).

Unieuro conta oltre 5.400 dipendenti, con oltre 500 negozi in Italia e un fatturato di 2,6 miliardi di euro. «Siamo molto soddisfatti del risultato – ha commentato il ceo di Fnac Darty a Milano Finanza. – Gli azionisti hanno apprezzato il prezzo e l’obiettivo del nostro progetto: creare un campione europeo». L’obiettivo finale rimane il delisting, anche tramite fusione inversa con un veicolo non quotato. I francesi hanno  chiarito come la presenza nell’azionariato di Fnac Darty della società Ceconomy (con il marchio MediaWorld) non mette in discussione l’insegna Unieuro. La strategia prevede di mettere a fattor comune i tre marchi  Fnac Darty, Unieuro e MediaWorld per ampliare la presenza  a livello europeo. L’obiettivo è creare i presupposti per crescere e  sfidare le piattaforme online. Qualcuno ha in effetti paventato una possibile fusione tra Unieuro e un’altra società della galassia di Daniel Kretinsky. Ipotesi prematura in una fase dove il principale interesse è di rassicurare tutti, management compreso,  sulla portata dell’operazione.

“Appare preoccupante dal punto di vista commerciale, hanno dichiarato  i sindacati, il fatto che tra i soci di Fnac-Darty figura con oltre il 20% Ceconomy AG, gruppo che controlla Mediamrkt/Saturn, marchio già presente in Italia con insegna MediaWorld e principale competitor di mercato nel nostro Paese. Si ritiene pertanto indispensabile, a tutela degli oltre 5mila dipendenti dell’azienda in Italia, che Unieuro ponga in essere tutte le iniziative utili a garantire, in questo contesto, la salvaguardia integrale dell’occupazione, a partire dal personale della sede, oltre che di tutta la rete vendite”.

A Forlì lavorano circa 300 dipendenti, che salgono a 400 in tutta la provincia considerando anche quelli occupati nei punti vendita del territorio. I sindacati, in sostanza, temono che più avanti scatti un piano di razionalizzazioni da parte dei francesi: chiusura di alcune insegne Unieuro per dividersi il mercato con gli attuali competitor. Fonti vicine al gruppo francese spiegano come Fnac Darty non intenda ‘cannibalizzare’ il marchio Unieuro, ma perseguire un progetto di integrazione rafforzando la presenza in Italia e potenziando la digitalizzazione e i servizi di post-vendita ed assistenza.

Personalmente sono convinto che la creazione di “campioni europei”, non solo in questo settore,  sia assolutamente necessaria per competere. Inutile costruire muri. È chiaro che il processo va governato con trasparenza, rispetto di chi vi lavora  e visione del futuro del comparto. 

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