Peccato sia tifoso del Milan. Per il resto un CV di tutto rispetto per la posizione di Direttore Generale di Esselunga. Sami Kahale ha lasciato Procter & Gamble per guidare la più performante insegna della GDO italiana. Esselunga è come una Rolls Royce Silver Shadow del 1965. Praticamente perfetta. La si può discutere in epoca di auto elettriche o senza guida. Ma resta un punto di riferimento per tutti.
Ha avuto un “costruttore” fantastico in Bernardo Caprotti che ne ha curato i minimi dettagli. Non c’è un’azienda di quel settore in Italia che porta quei risultati. Per i milanesi è altra cosa rispetto ad un supermercato. Quando si dice:”Vado al supermercato” a Milano si intendono tutti gli altri. Non Esselunga che resta di un’altra categoria.
Vengo da tanti anni nella GDO per cui ne posso parlare bene pur frequentandola raramente. Più che altro per osservare l’organizzazione del lavoro e l’approccio al cliente dei suoi collaboratori. C’è una scuola e si vede.
Resta un punto di riferimento per tutti gli operatori del comparto ma io sono più un tipo da Unes, Finiper o Carrefour. Luoghi più popolari, meno tirati a lustro. Luoghi a volte imperfetti o incasinati, più vissuti. Vengo da Standa, la “casa degli italiani”, appunto. Kahale viene dall’industria multinazionale. Un settore abituato a negoziare, anche a muso duro, con la GDO. È un bene. Non si farà condizionare da nessuno.
Tra i colleghi manager e imprenditori del settore c’è chi si frega le mani pensando alle difficoltà che incontrerà e chi è veramente curioso di vedere come affronterà la sfida che ha deciso di accettare. Personalmente sono ottimista.
La scelta dimostra che l’azionista ha le idee chiare. Ha scelto un uomo formatosi negli Stati Uniti però con una solida cultura europea e italiana. Esselunga ha sempre cercato oltreoceano i propri punti di riferimento. Semmai l’attuale proprietà dovesse decidere un giorno di cedere (cosa che non credo sia all’ordine del giorno) non mi meraviglierei se coinvolgesse l’azienda di Bentonville nata dalla determinazione di Sam Walton nel 1962 pochi anni dopo la nascita di Esselunga in Italia e per certi versi simile al suo fondatore Bernardo Caprotti.
In un comparto immobile e in difficoltà come la GDO italiana frammentato in mille insegne in perenne lotta su prezzi e promozioni sarebbe stato importante un disegno di aggregazione nazionale in grado di produrre innovazione e preparare l’intero comparto ad un futuro dove la partita si sta giocando a ben altri livelli.
Purtroppo la presenza di grandi imprenditori italiani, tutti maschi alfa, in perenne conflitto tra di loro in un settore dove anche il mondo cooperativo mantiene un peso decisivo non ha permesso aggregazioni significative. Questo ha avvantaggiato in una fase ormai alle spalle alcune multinazionali, soprattutto francesi, che però oggi devono anch’esse fare i conti con una crisi ormai strutturale.
Negli ultimi vent’anni ho visto fallire tanti progetti di concentrazione che, partendo dalle centrali di acquisto, promettevano mirabolanti sviluppi che non si sono mai verificati. Per questo, ogni volta che ne sento annunciare uno nuovo, mi sembra sempre un dejà vu. Questo è un settore dove la novità più significativa degli ultimi dieci anni è venuta da fuori. Dalla logistica…
E’ un settore che dovrebbe riflettere collettivamente più sulla fine che ha fatto Kodak e di come la stessa a suo tempo avesse sottovalutato l’avvento dello smartphone più di come ridurre prezzi e costi. La stessa idea di FICO, criticabile fin che si vuole, viene da Oscar Farinetti che non c’entra nulla con la GDO alimentare ma che ne rappresenta un’evoluzione.
Certo non è replicabile ma rappresenta comunque un tentativo di andare oltre la massificazione, il ritorno alla bottega o al tradizionale servizio al cliente che sembra essere l’unico obiettivo di parte della GDO nostrana.
Non ho dubbi che come il piccolo esercente ha resistito alla forza della GDO quest’ultima resisterà allo strapotere di Amazon o di altri che arriveranno. Si inventerà qualcosa di inedito tra on line e off line pensando così di farla franca.
Ma qui sta il punto.
Un conto è resistere un altro è guidare un processo di cambiamento sapendo guardare oltre il proprio settore e la propria esperienza. Per questo cerco di capire e di seguire con interesse l’avvento e le mosse di un manager di cultura internazionale come Kahale ben piantato nel contesto italiano ma proveniente da una multinazionale che è sempre stata una delle più importanti scuole di management a livello mondiale.
Ovviamente abbiamo anche ottimi manager in alcune importanti realtà della GDO che personalmente stimo molto ma, come sottolinea uno dei pochi proverbi identici in tutto il mondo: ”Who has bread has no teeth”…