Grande Distribuzione e filiera alle prese con l’inflazione. E se si provasse a riavvolgere il nastro?

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Il dibattito che è seguito al mio pezzo (https://bit.ly/3fpQQdr) è stato decisamente costruttivo. A parte il numero impressionante di visualizzazioni sui differenti social che testimoniano  l’interesse sul tema in tutta la filiera agroalimentare e tra i frequentatori del blog, la discussione  che si è generata dimostra la possibilità di un approccio diverso, equilibrato e serio che non andrebbe disperso.

I like e i rilanci di Giorgio Santambrogio Vice Presidente di Federdistribuzione e di Francesco Pugliese Vice Presidente di Confcommercio testimoniano la preoccupazione delle leadership del comparto e la volontà di ricomporre il quadro di riferimento prima che sia troppo tardi. Aggiungo due interventi che, a mio parere, propongono uno spirito costruttivo. Fabrizio Podini di MD e Luigi Scordamaglia di Federalimentare. Rappresentanti autorevoli delle pur diverse quanto legittime ragioni in campo.

Il cav. Podini ha aperto il suo contributo al dibattito sul blog con: “ Gli aumenti all’industria vanno concessi con parsimonia e in un tempo breve. Siamo un po’ allo sbando. Voglio far presente a chi ci legge che oltre all’aumento che verrà concesso all’industria dovremo anche calcolare i costi che le nostre aziende stanno subendo (Energia Trasporti Spese generali) che ammontano almeno il due per cento”.

Il successivo intervento  del presidente Scordamaglia non si è fatta attendere: “Un’analisi della situazione assolutamente condivisibile nell’articolo e nei successivi commenti. Nervi saldi e nessuna fuga in avanti di chi vuol far credere di essere meglio degli altri tagliando i prezzi quando tutto aumenta. Parlando con una voce il più possibile univoca di filiera perché è vero che l’aumento dei costi riguarda tutti: produzione agricola, industria e gdo.”

Sono dichiarazioni responsabili e di disponibilità soprattutto perché ci si era indubbiamente spinti troppo in là con le parole. E non solo con quelle. Adesso lo sforzo comune deve essere quello di ripartire dai reciproci problemi.

Si è ancora in tempo per inquadrare  le fughe in avanti come normali e legittime operazioni di marketing che hanno indubbiamente saputo cogliere l’attimo ma sono ormai alle spalle. Il 2022 si presenta sotto i peggiori auspici. Fermare la ripartenza delle imprese industriali e non solo  sbagliato ma è pura follia. È confondere, come ho scritto, la tattica con la strategia.

Così come pensare che la semplice concessione degli aumenti richiesti, se non affrontati in un negoziato più ampio che coinvolga almeno il MISE, non abbia pesanti conseguenze sui consumi e quindi sui costi e sui margini delle imprese commerciali. Aggiungendo a questo l’importante lievitazione dei costi che comunque coinvolge tutte le insegne della GDO come ha sottolineato il cav. Podini.

Ritorno dunque all’autunno. Allo spirito di quella lettera unitaria anche perché non credo possibile, nelle condizioni eccezionali di oggi, affidare la soluzione al negoziato tra singole imprese nella filiera. Se c’è un anno dove i tatticismi non portano a nulla è proprio il 2022.

Nelle sue recenti previsioni, l’OCSE, l’organizzazione dei maggiori Paesi industrializzati conferma il riaffacciarsi dell’inflazione come uno dei principali rischi, insieme al Covid, sulla ripresa economica globale.

Un’analisi condivisa anche dalla Federal Reserve convinta che l’aumento dei prezzi non si possa considerare un fenomeno transitorio.

I prezzi delle materie prime sono stati spinti in alto dalla forte domanda esplosa con la fine delle restrizioni sanitarie più rigide. L’inflazione in Europa è al 4,9 per cento, in Italia al 3,8 e da mesi è più salato il conto dell’energia. E non solo. Tra l’altro, l’autorithy del settore energia, conferma che “I dati disponibili confermano la tendenza a ulteriori rialzi dei prezzi nell’immediato futuro”; le previsioni di medio periodo lasciano, ad oggi, intravedere un processo ancora lento di riallineamento verso prezzi più bassi. Quindi c’è un interesse comune da monitorare insieme (https://bit.ly/3FPNafT).

Aggiungo che la stagione dei saldi non decolla, i ristoranti e gli alberghi soffrono il disorientamento dei clienti e le necessarie iniziative di contenimento della pandemia. La convinzione  che l’impatto dell’inflazione sia sottovalutata dalla politica e percepita come un handicap con cui dover fare i conti dal  consumatore finale pesa già sulle imprese e spinge comunque ad un atteggiamento sempre più cauto sul versante dei consumi.

In Francia già nel 2021 questo pessimismo ha cambiato il mix degli acquisti e dei formati distributivi scelti dal consumatore penalizzando innanzitutto l’industria di marca e la GDO tradizionale. La legittima quanto rischiosa concentrazione esclusiva sulla gestione della pandemia e sui ristori necessari, lascia sullo sfondo sia i sostegni alle imprese e al lavoro necessari alla ripartenza che le opportunità  che il PNRR può mettere sul tavolo per il rilancio dell’intera filiera agroalimentare.

Bisogna ritornare allo spirito unitario che ha animato quel documento  (https://bit.ly/3I2OOfq). Rilanciarlo nelle sedi opportune. E puntare alla volontà comune che lo ha espresso. È necessario  ripartire da lì. Un passo indietro per farne, insieme, due in avanti. Occorre però farlo in fretta.

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