C’è una grande differenza tra una azienda leader e una costretta a inseguire. Nella GDO, la prima anticipa la concorrenza, presidia il proprio perimetro con innovazioni che rispondono alle esigenze o ai desideri di una parte importante dei suoi clienti. Cerca di convincerli che non serve andare altrove. Li fidelizza. Li fa sentire parte di una comunità. E cerca di proiettare un’immagine positiva di sé a chi potrebbe diventarlo in futuro.
Risponde, aggiornandolo il concetto, alle famose tre C: Contenuto, Convenienza, Comunicazione. Dove la convenienza non è solo relativa al prezzo ma comprende una nuova customer experience e quindi un servizio differenziato dedicato a fasce precise di consumatori. Assediata dai discount che sorgono come funghi e quindi da un nuovo concetto di convenienza e di prossimità, l’azienda leader accetta rilancia la sfida della concorrenza, non la subisce. È quello che sta facendo Esselunga. L’accordo con Deliveroo è un tassello di un puzzle complesso che sta disegnando la nuova azienda. Altre l’hanno preceduta. Sulle grandi città è in corso un riposizionamento complessivo del servizio offerto da parte della GDO classica. C’è in corso un’ibridazione interessante tra fisico e digitale e quindi sul servizio offerto che abbozza nuovi scenari per l’intero comparto.
Deliveroo, nata come start-up a Londra nel 2013 è uno dei leader del food delivery in Paesi come Regno Unito, Francia, Belgio, Olanda, Germania e Italia. A differenza di altre è riuscita a superare un’agguerrita concorrenza e rimanere una delle poche realtà del food delivery operante a livello globale. Deliveroo ha investito molto nella user experience della propria app rendendola semplice e immediata nell’utilizzo. E questo conta.
Occorre poi tenere presente che per valutare queste società più che fatturati e costi, per gli investitori che guardano lontano, contano i consumatori attivi. Quando Gorillas si è ritirata dal nostro Paese abbiamo sentito le solite campane a morto su questa tipologia di business. Pochi hanno sottolineato che una realtà simile come Deliveroo ha attirato l’investimento da 500 milioni di dollari, pari al 16% delle quote della società inglese oltre che da Amazon da altri investitori statunitensi – T Rowe Price investment management, Fidelity Management e Greenoaks capital. E i consumatori attivi di Deliveroo sono in forte crescita.
Gorillas e altre new entry sul nostro mercato rischiano solo di pagare la preoccupazione sui costi e la difficoltà a trovare nuovi capitali delle rispettive proprietà che non hanno le spalle abbastanza forti per resistere. O preferiscono puntare ad altri Paesi più ricettivi. Da qui nascono le difficoltà dei concorrenti nel quick commerce e nel delivery in genere. Non nell’idea in sé. Che ovviamente va messa a terra in relazione al contesto. Il punto vero non sono i dieci minuti o le tre ore di consegna ma la tecnologia, la logistica e, appunto, il potenziale che ci sta dietro e l’interesse per una specifica fascia di consumatori attivi.
Esselunga, quindi, si unisce alle insegne che provano a guardare lontano. Per ora a Milano con 2.400 prodotti destinati esclusivamente alle consegne volanti a domicilio. Il servizio, come altrove, si chiama Deliveroo Hop e in pochi minuti raggiunge gran parte di ciò che è dentro, più o meno, la circonvallazione esterna della città di Milano. Un ottimo test agganciato alle Esse e ai suoi frequentatori. Con questo nuovo servizio di quick commerce arricchisce l’offerta già ampia di spesa online. In questo modo la spesa può essere recapitata a casa, ritirata nei locker o con il «clicca e vai».
La pandemia, la crisi e le prospettive attese stanno ridisegnando i consumi. Grosso modo i milanesi (e non solo) tra i quali i clienti di Esselunga appartengono a tre macro categorie che convergono nei punti vendita dentro il quale devono trovare identica soddisfazione. Secondo Stefano Scarpetta (OCSE) le diseguaglianze indotte dallo scenario macro economico non stanno provocando solo un aumento di distanza tra ricchissimi e poverissimi ma anche un aumento di distanza tra ricchi e classe media. E anche questo ha un inevitabile impatto sui consumi che, in questo contesto non è solo un rivelatore delle fratture sociali. È anche uno dei princìpi che lo spiegano.
Siamo di fronte a una crisi economica, e non solo, che innesca effetti sociali e politici duraturi, in particolare nell’attuale contesto di instabilità complessiva. Un deterioramento del potere d’acquisto e del consumo delle famiglie rischia di trasformarsi in un fattore di radicalizzazione sociale e politica con conseguenze immaginabili. La Grande Distribuzione non è un comparto come gli altri. È un crocevia di una comunità con le sue differenze, le sue contraddizioni e le sue aspettative.
Ed è la capacità di cogliere queste differenze e di interpretarle che fa la differenza. Se parliamo di Milano chi si sente più protetto dagli shock economici o esprime una cultura più ecologista sceglie un consumo più attento alla salute e al futuro (chilometro 0, piccoli negozi, bio, ecc.) e lo cerca anche nella GDO e chi, per reddito e abitudini di consumo, privilegia il prezzo e insegue offerte e occasioni. Il prezzo è pur sempre importante per molti consumatori (se non come primo, come secondo criterio di acquisto).
L’insegna leader sa però che i clienti non sono tutti uguali sia nell’offerta di prodotti ma anche nel servizio richiesto. Da qui il senso dell’accordo di Esselunga con Deliveroo. Oggi nella lettura delle interviste sull’atteggiamento dei consumatori emerge la parte meno fedele più preoccupata e più pessimista. E questo spinge alcune insegne alle semplici offerte promozionali, gli sconti, i buoni, le collezioni, i volantini tradizionali, ecc. Di fatto all’inseguimento dei discount. Molti consumatori dichiarano addirittura di essersi limitati su alcune tipologie di acquisti. È questa la Milano più permeabile alla crisi, poco protetta, che spesso fatica a riempire il suo frigorifero se è troppo lontana la fine del mese.
Ma Milano è anche altro ed è nella capacità di coprire tutte le fasce di consumo e interpretarne le esigenze che la crescita inarrestabile dei discount diventa contendibile. Ancora una volta il discount rischia però di essere un obiettivo fuorviante. La grande distribuzione se vuole giocare la partita deve mobilitare le risorse economiche e manageriali necessarie per riposizionarsi a 360°. Mi sembra che anche Esselunga ci stia provando.