Ho finalmente visitato l’ultimo nato in casa Carrefour, a due passi dall’aeroporto di Bruxelles. Carrefour Belgio, dopo più di 45 anni ha lasciato la sua sede centrale a Evere e si è trasferita in un nuovissimo complesso di uffici nel Corporate Village di Zaventem in Leonardo Da Vincilaan 3. Il nuovo formato è chiaramente un test posizionato proprio vicino alla sede centrale e circondato dalle sedi di decine di imprese e quindi potenzialmente frequentato da persone abituate ad una spesa rapida all’uscita dal lavoro, o nelle pause, senza particolari problemi economici. È un punto vendita ultra compatto di 18 metri quadri. Dentro solo frigoriferi dove i clienti possono acquistare pranzo, snack, bibite, frutta, ecc. e un piccolo tavolo per consumazioni rapide sul posto o per appoggiarci la borsa.
Carrefour BuyBye funziona interamente sulla base dell’intelligenza artificiale, con una combinazione di telecamere e pesatura. Le telecamere posizionate strategicamente su ogni ripiano forniscono un doppio controllo. L’AI è addestrata a riconoscere ogni prodotto presente da tutte le angolazioni, garantendo al cliente un’esperienza di acquisto fluida e senza problemi. È possibile scaricare l’app “Carrefour BuyBye” oppure (per evitare stress ai boomer) utilizzare la tapcard.
L’applicazione consente di aprire sia il negozio che le porte dei frigoriferi. Una volta aperte si può prendere ciò che si vuole. Ho provato ad entrare sfruttando la presenza di un amico. È molto semplice. Grazie all’intelligenza artificiale gli articoli selezionati vengono riconosciuti e addebitati automaticamente. Il processo è veloce e rende superflue altre operazioni. All’interno si prova una sensazione particolare. Per chi vuole stare il meno possibile in un punto vendita, trovare ciò che cerca, uscire e fare altro, è un’opzione interessante. Per altri che assegnano un altro valore a tutto ciò che ha a che fare con l’atto di acquisto, è un po’ una delusione. La sensazione è di entrare in un luogo un freddo, essenziale. Quando sono arrivato io, non c’era nessuno. Alle pareti in alto, qualche scritta, intorno frigoriferi anziché “semplici” distributori automatici tradizionali. Tra l’altro anche nel vending il trend si sta spostando verso un’offerta diversificata che punta ai mini-pasto. Insalatone, zuppe o poke bowl hawaiane, ecc. sono ormai disponibili nei distributori automatici. La totale assenza di personale cambia la prospettiva e la sensazione per chi entra. È come aprire il frigorifero di casa per prendere ciò di cui abbiamo bisogno. Solo che non si è a casa propria. E ci si sente costantemente osservati…
Resta centrale l’assortimento, essenziale, che credo sia allineato ad una specifica tipologia di clienti. Il modello è “prendi e vai”. Credo però, che dopo un paio di volte, dove la novità e le modalità generano una certa curiosità, l’interesse per quella tipologia di spesa diventi esclusivamente opportunista. Più è rapida, meglio è. La vedo particolarmente utile in due casi. Innanzitutto per un pranzo veloce in azienda nell’intervallo di lavoro e per la possibilità di acquistare anche frutta e poco più da portare a casa per poi riservare la spesa (quella vera) altrove. Oppure in zone dove non si trovano addetti o, addirittura, dove il costo di un negozio tradizionale, pur piccolo, non si giustifica.
In Trentino, dove passo parte dell’anno, ci sono decine di piccoli borghi che non giustificano la presenza di punti vendita, anche modesti, seppure finanziati dalla Provincia. Questo costringe i pochi residenti, spesso anziani, a lunghi tragitti o i cicloturisti, alla ricerca di una bibita, di un panino o di un pranzo veloce, a non avventurarvisi. Un negozio completamente automatizzato potrebbe essere la soluzione.
Questo modello ibrido consente quindi di offrire ai clienti una nuova esperienza di acquisto che unisce, tecnologia avanzata e comodità, potenzialmente 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Il progetto belga è stato realizzato in collaborazione con la startup portoghese Reckon.AI, specializzata nella progettazione di micro-negozi dotati di intelligenza artificiale. Inizialmente aperto dal lunedì al venerdì dalle 7:00 alle 22:00, ma da gennaio, credo, sette giorni su sette. Tra i prodotti esposti, gli articoli refrigerati rappresentano il focus principale e consentono ai clienti di acquistare, tra le altre cose, un pranzo, degli snack, bibite e frutta. Carrefour ha confermato che il micro-negozio di Zaventem servirà da test prima di decidere se espandere questa opzione ulteriormente. Magari portandoli all’interno di altri formati.
Reckon.AI è stata fondata nel 2017 da Ana Pinto (CEO) e Paulo Ribeiro (CTO). Sta sviluppando la soluzione “BuyBye”, che utilizza visione artificiale, algoritmi di intelligenza artificiale e sensori per materializzare il concetto “prendi e vai”, in cui il cliente può prendere i prodotti desiderati dagli scaffali e andarsene senza la necessità di scansionarli. “Crediamo che l’insieme di investitori che abbiamo raccolto ci aiuterà ad accelerare il business, raggiungendo i mercati prioritari all’interno della nostra strategia, dove c’è un maggiore interesse su questo tipo di tecnologia”, afferma Ana Pinto, CEO e co-fondatrice di Reckon.AI, in un comunicato diffuso recentemente.
Che dire?
Sperimentazioni e innovazioni sono comunque fondamentali. Non solo nel retail. Qualche mese fa sono bastate otto chiusure di Amazon GO negli USA per far suonare “campane a morto” ai soliti detrattori di ciò che mette in discussione un modello costruito, su determinati canoni, nella seconda metà del novecento. Ormai sono parecchie decine i punti vendita nel mondo dagli USA all’America Latina e in tutta Europa che adottano, o stanno sperimentando, casse automatizzate. In Italia è partita la gara. Dietro Conad a Verona si muovono anche Esselunga e PAM. Arriveranno anche altri. Fare le cose che si sono sempre fatte in modo nuovo è la prima tappa. L’obiettivo dei veri innovatori è però fare cose nuove in modo nuovo.
Non è un caso che c’è chi ha visto aggirarsi a Verona, gli esperti di Walmart proprio il giorno dell’inaugurazione del punto vendita DAO-Conad. Per ora sembra che il mercato se lo contendano startup israeliane e portoghesi. A Zaventem, a mio parere, può piacere o meno l’ambientazione, è stato fatto un altro passo in avanti.
Personalmente non credo sia un punto di arrivo. Non è difficile pensare, nemmeno per me, che non sono un esperto, a possibili sviluppi. Questi minisupermercati completamente automatizzati in teoria potrebbero essere messi ovunque esasperando il concetto di prossimità. Penso a scuole, enti, ospedali, uffici, comunità, strutture ricreative, ecc. Ma anche all’interno di certi formati della GDO o centri commerciali dedicandoli a particolari funzioni. L’innovazione è come un puzzle. Tanti tasselli che, una volta messi al loro posto, offrono una visione differente. A volte, necessariamente si sbaglia ma sempre si impara qualcosa di nuovo. Provo ad immaginare, ad esempio, il contributo che, banalmente, un sistema di AI di questo tipo può essere adattato per il controllo dei furti o nella gestione dell’ortofrutta anche in un punto vendita tradizionale, dotato di casse e cassiere.
Un dato però è certo. L’innovazione, quella vera, non è alla portata di tutti. C’è chi tira la volata e chi segue. Per innovare servono risorse economiche e umane all’altezza delle sfide e traiettorie di business chiare e condivise. Carrefour, come altre, sembra possederle. Altre insegne meno. O per nulla. Le prime trainano l’innovazione, le seconde, come ci racconta Esopo, non potendo permettersi l’uva, si limitano, come in ogni campo, a raccontarci che è acerba…