Chiudo il 2020 con un punto interrogativo che credo si pongano molti. Scomparirà finalmente il Covid nel 2021? E quanto questa situazione inciderà modificando definitivamente le nostre abitudini? Nessuno può ancora dirlo. E le strategie delle imprese della GDO, decise ben prima e in un contesto completamente diverso, hanno ancora senso o devono essere ricalibrate in tutto o in parte?
Per quelle più grandi o sensibili al contesto socioeconomico il lockdown ha, a mio parere, insegnato molto. Ha indicato alcune nuove traiettorie possibili in un comparto che è cresciuto continuando sostanzialmente a copiare sé stesso dentro o fuori i confini nazionali da quel lontano 1957 quando Esselunga aprì i battenti in via Regina Giovanna a Milano.
La GDO oggi è a un bivio. Condivido Brittain Ladd che l’ha paragonata alle grandi sale cinematografiche americane. La prima, negli USA, ha aperto il 19 giugno 1905 a Pittsburgh e, per oltre 100 anni, quel settore ha fatto molto poco per cambiare l’esperienza del cliente. Audio e immagini sono sicuramente migliorate, le poltrone sono diventate più comode, i locali più accoglienti e sofisticati. Invece di sviluppare un modello, ad esempio, per la consegna di film ai clienti, le catene più importanti hanno solo cercato di migliorare ciò che sapevano già fare.
Non hanno pensato utile collaborare con i movie studios per trasferire i consumatori dalle sale cinematografiche allo streaming diretto dei film o elaborare modelli alternativi perché mantenere lo status quo era più facile.
Ma il Covid ha scosso lo status quo e ha consentito di evidenziare alcuni limiti strutturali del comparto che attengono alla necessità di investire ingenti risorse sulle modalità e sulla qualità del servizio, sulle persone, sulla tecnologia e sull’innovazione organizzativa. Ha imposto una accelerazione al cambiamento precedentemente ipotizzato su tempi molto più lunghi. Non tutti però se lo potranno permettere. Qualcuno scivolerà indietro. Questa crisi segnala chi può farcela e chi, al contrario, è destinato a galleggiare o addirittura ad affogare.
Visioni da realizzare in tempi ragionevoli o profezie di lungo periodo si alternano illudendo o rassicurando sia i decisori che coloro i quali sono destinatari di quelle decisioni. Il 2021 sarà un anno in cui si cominceranno a intravedere le nuove traiettorie del business insieme ad una serie di mosse scontate di semplice razionalizzazione o di crescita sostanzialmente in linea con la tradizione.
Proseguiranno le concentrazioni e più che ricercare equilibri pre Covid tra off line e on line quest’ultimo, nelle aziende più strutturate, inizierà ad assumere la dimensione e le caratteristiche di un vero e proprio canale di vendita con un suo conto economico e che, a regime, dovrà poter essere paragonabile con l’offerta dei competitor della rete. Discount, multinazionali e grandi insegne nazionali faranno la differenza sia in termini di comunicazione che di investimenti.
Amazon proseguirà la sua marcia nel fresco. Anche per l’azienda di Seattle la pandemia sta ri-orientando la strategia rispetto a quella che aveva determinato, ad esempio, l’acquisizione di Whole Foods negli USA. Amazon fresh rappresenta, di fatto, un salto qualitativo più in linea con la filosofia tecnologica dell’azienda. Il lockdown l’ha rilanciata e modificata rispetto alla sua impostazione iniziale. Amazon ha bisogno di altro. Una logistica snella, centri di produzione più piccoli dove preparare gli ordini dei clienti per la consegna a domicilio in una visione più ampia rispetto alla semplice spesa tradizionale.
E questo presuppone accordi o acquisizioni con realtà che garantiscano la tecnologia più sofisticata nei centri di micro-distribuzione per preparare e automatizzare le consegne. Probabilmente questa sarà la strada. E sarà un business globale. Comunque la si pensi, resta una innovazione straordinaria alla quale anche da noi qualcuno sta guardando con interesse.
Un’altra realtà da seguire nel 2021 sarà Aldi. In scia in Italia a Lidl nelle aperture, l’importante catena di discount si sta muovendo con calma e intelligenza. Probabilmente c’è del vero sulle intenzioni (per ora smentite) di arrivare ad una convergenza con la realtà sorella del nord della Germania da cui si era divisa nei primi anni 60. Obiettivo competere con la rete, rafforzarsi nel mercato interno e proseguire i progetti di espansione in Europa. È un mantra per tutti. Soli non si va da nessuna parte.
Conad e Carrefour le due realtà più strutturate per forza e dimensione saranno impegnate a completare i loro processi di integrazione e di riorganizzazione. L’azienda italiana deve rendere la rete Auchan acquisita parte di sé, della propria cultura, assimilandola alla propria organizzazione. Sarà un passaggio delicato da non sottovalutare. Soprattutto negli iper. La strategia l’ha illustrata Il CEO Francesco Pugliese nella conferenza di fine anno. Accordo con Deliveroo per costruire una piattaforma innovativa ben oltre alla consegna a domicilio, semaforo verde per la crescita di Todis verso nord, forti investimenti sulla rete per migliorare la propria copertura del territorio, investimento sulle risorse umane e imprenditoriali. E continuare a guardarsi intorno per crescere.
Per la multinazionale francese invece la strategia punta a continuare la razionalizzazione della rete IPER e delle funzioni di sede accelerando i processi in corso, rilanciando la propria presenza nei formati più contenuti così da affrontare il cambiamento necessario con i mezzi adeguati e investire decisamente sull’innovazione. Sarà un 2021 decisivo.
Esselunga, da parte sua, sta completando definitivamente il passaggio da azienda ad immagine e somiglianza del suo fondatore ad azienda manageriale cercando di mantenere le caratteristiche che l’hanno resa la “prima della classe”. Da mito a realtà contemporanea. Sistemati definitivamente gli assetti societari, nel 2021 dovrà però decidere come affrontare il suo futuro. Credere fino in fondo in sé stessa, quotarsi in borsa e provare crescere oppure passare la mano. Se dovesse succedere, sarà l’avvenimento dell’anno.
Segnalo tre aziende da seguire con attenzione: Decò italia, Iperal e Bennet. Tre “piccole” realtà in cerca di una nuova identità e un rapporto con il cliente che li differenzi dalle altre insegne. Decò italia perché Mario Gasbarrino, insieme agli imprenditori di Multicedi e Gruppo Arena, aziende che gestiscono oltre 700 supermercati al Sud, sono intenzionati a scrivere un nuovo capitolo della loro storia, a partire dalle marca privata che rappresenta un business di prospettiva per la GDO.
Iperal perché ha un progetto a mio parere molto interessante su come espandersi su Milano e sull’hinterland “esportando” anche attraverso un centro di produzione la sua cultura e la sua specificità che ha fatto la fortuna di altre aziende valtellinesi e Bennet perché ogni anno migliora costantemente le sue performance su un formato che ha un alto livello di complessità. Il 2021 li attende ad una conferma.
Un orecchio poi occorrerà prestarlo a qualche scricchiolio segnalato nel mondo Finiper e un altro per captare possibili movimenti nella cooperazione.
Grandi e piccoli della GDO hanno ovviamente strategie diverse. Vedremo presto chi ha imparato la lezione e si attrezzerà di conseguenza e chi tirerà diritto pensando che tutto è inevitabilmente destinato a ritornare, più o meno, come prima sperando che basti continuare a comprimere i costi, a cominciare da quello del lavoro, spremere i fornitori attraverso la sola massa critica di centrali sempre più grandi, promuovere attraverso il classico volantino le proprie promozioni e consegnare, in perdita, la spesa a domicilio. Vedremo. C’è comunque posto per tutti.
2 risposte a “Grande distribuzione. Il 2021 tra certezze, visioni e profezie….”