Grande Distribuzione. Il futuro del negozio? Vicino al cliente, tecnologico, ecologico e…. anche con le ruote.

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Eppure qualcosa mancava. Non bastava da una parte il negozio fisico e dall’altra quello virtuale. Comprare con i “piedi” andando fisicamente nel negozio cosiddetto di “malta e mattoni” o comodamente seduti sul divano. Sembrava un’alternativa secca, definitiva. O di qua o di là. Poi sono arrivati i “ma anche”; i seguaci del “phigital”. Quelli per i quali si può e si deve essere entrambe le cose. Anzi. Il futuro sarà di chi saprà interpretare meglio di altri  i due ruoli in commedia mettendo al centro il cliente e le sue esigenze.

L’esplosione della pandemia ha poi accelerato i progetti (e le illusioni) di alcuni tra i fautori dell’on line applicato alla logistica dell’ultimo miglio. Sono prosperati i cosiddetti unicorni che potevano contare su un fiume di finanziamenti che pareva infinito spinto dalle  code con la mascherina al supermercato, con i rischi di contagio, alla voglia di spesa nel minor tempo possibile fatta preferibilmente da altri e consegnata dal rider.  Quest’ultimo con o senza contratto.

La fase  della priorità della logistica e della tecnologia che cercava di spingere in soffitta gli ipermercati, i volantini con le offerte e la vecchia concorrenza tra insegne sembrava inarrestabile. Poi è arrivata la guerra ai nostri confini,  l’esplosione dei costi delle materie prime e dell’energia. Il fiume dei finanziamenti agli unicorni si è prosciugato in un battibaleno. Le priorità ormai erano altre. L’inflazione è una brutta compagnia. Meno risorse ai progetti di lunga prospettiva è più attenzione ai costi e ai margini. E poi uscire, finalmente senza mascherina e paure varie,  ha riconciliato le persone con i punti vendita all’aperto,  con i ristoranti e con la voglia di frequentare fisicamente  il mondo.

Tutto finito quindi? Niente affatto.

A volte qualche passo indietro serve per consolidare il percorso, per separare i progetti con una certa sostanza da quelli meno robusti. Alle discese ardite seguono sempre le risalite. Grandi ripensamenti per i big della rete e della logistica con forti riduzioni di personale, ridefinizioni dei tempi, selezione dei progetti. Altre priorità hanno spostato altrove gli investimenti e le risorse dai troppi unicorni dell’ultimo miglio, soprattutto i meno strutturati.

Sono così suonate le “campane a morto” interessate  su mestieri e lavori da parte di chi osserva il futuro con lo specchietto retrovisore. Gli osservatori che confondono i ridimensionamenti di Amazon su droni e negozi senza casse come un inevitabile  ritorno alla situazione precedente. Nel frattempo, REWE, ad esempio, sceglie Trigo (https://bit.ly/3JgErqx) per mettere a terra un progetto analogo a quello di Amazon Go. Kai-Uwe Reimers, responsabile della ricerca e dell’innovazione, REWE digital, ha commentato: “L’asticella sta aumentando intorno alle aspettative dei clienti, i clienti hanno meno tempo, costi e sforzi stanno diventando più importanti. Cambia il lavoro del supermercato introducendo un checkout che risolve il più grande punto dolente del cliente nel negozio: stare in fila.”

La Marymount University è diventata il primo istituto di istruzione superiore negli Stati Uniti ad avere un minimarket nel campus alimentato dalla tecnologia Just Walk Out di Amazon. I clienti usano la loro carta di credito all’ingresso. Comprano  ciò di cui hanno bisogno e la tecnologia rileva automaticamente ciò che viene preso (o restituito agli scaffali dei negozi, creando un carrello della spesa virtuale. 

Con una guerra in corso e con l’inflazione esplosa l’innovazione e i rischi che comporta assumono ritmi più ragionati e meno ossessivi. Sopratutto spingono le imprese ad una maggiore cautela e una attenzione ai margini e ai break even pretesi  sui progetti stessi.

L’innovazione però è inarrestabile e sperimenta, grazie alla tecnologia, nuove strade o reinventa mestieri e servizi. Oggi c’è un certo fermento su come interpretare e presidiare il cosiddetto “ultimo miglio” inteso come luogo fisico o digitale alternativo o integrativo al punto vendita tradizionale della GDO. Oppure si studia come evitare di far perdere tempo al cliente. Dalle edicole trasformate in punti vendita, alla prossimità rivisitata della GDO, a chi in dieci minuti, o in tempi più ragionevoli,  ti consegna la spesa tradizionale, a chilometro zero  o biologica che sia. Oppure chi, nel punto vendita, cerca di sveltire al massimo le operazioni di cassa.

Il successo dei negozi di prossimità e l’evoluzione tecnologica applicata alla logistica e ad un livello di sofisticazione dei dati oggi a disposizione delle imprese, spinge verso l’esplorazione di nuove traiettorie. Così arriviamo al negozio mobile (store mobile). Una struttura collegata ad un dark store (un magazzino con uno stock di merce specifico e tarato su quel target di clienti) di quartiere o di zona, comunque poco distante, che gira per le strade fermandosi su richiesta del cliente per consegnare ciò che è stato richiesto o proporre alternative per il pranzo, la cena o per la casa come ad esempio prodotti per salute e bellezza, parafarmacia e prodotti freschi in genere. Me lo immagino laddove un’insegna non è ancora presente o dove vorrebbe esserlo pur in modo non convenzionale.

Non è una novità in assoluto. Moby Mart il negozio “su ruote” è stato sperimentato da tempo sulle strade di Shangai. E quel “negozio” non aveva commessi. Non accettava contanti né aveva orari di apertura. E, soprattutto, si spostava da solo. Nel milanese già negli anni trenta del secolo scorso un anonimo ci scrisse pure una canzone in seguito nel repertorio di Giorgio Gaber: la Balilla. “….Vendi lisciva soda e saun L’acqua bugada col motofurgun”. Nei quartieri e nei paesi più sperduti erano i commercianti a raggiungere i potenziali clienti sotto le loro case. Fruttivendoli, arrotini, formaggiai, venditori di pillole rosse e blu, per fare qualche esempio, oltre ai mercati ambulanti giravano, appunto con il motofurgone, paese per paese e  casa per casa portando prodotti e il loro lavoro.

Allora era il venditore ad occuparsi interamente del processo di vendita. Il rischio (e il lavoro)  era tutto a suo carico. La proliferazione dei negozi nei quartieri e nei paesi prima e lo sviluppo  dei supermercati hanno spinto sul cliente stesso alcuni passaggi del processo di acquisto “attirandolo” in un luogo fisico determinato. Ikea lo ha addirittura “convinto” a montarsi i mobili da sé..

I progetti oggi monitorati negli USA sono diversi. Da Streetlogic (https://bit.ly/3Ji3v0y) che utilizza l’intelligenza artificiale per inviare in modo proattivo messaggi  in tempo reale ai clienti vicini per poter procedere poi con acquisti immediati. Oppure è possibile chiamare il furgone di zona  utilizzando  un’app. Rivian starebbe cercando di contrattare con Amazon una rottura dell’esclusività della fornitura. Viste le richieste  vorrebbe essere libera di vendere il furgone anche ad altri clienti, così da mantenere buoni livelli di fatturato dalla divisione veicoli commerciali. Secondo una recente indagine, entro il 2025, oltre l’80% dei rivenditori è impegnato ad  offrire la consegna in giornata. In questo caso, invece di consegnare un semplice pacco, alcuni rivenditori potrebbero proporre  una versione ridotta del loro negozio ai clienti. Un raggio di clienti potenziali  che va ben  oltre quelli fidelizzati da una singola insegna. I veicoli di consegna diventano così negozi digitali su ruote in grado di andare ovunque.

La tecnologia oggi sta aprendo nuovi scenari  rivoluzionando gli spazi, le modalità  e il tempo dedicato alla spesa. Al negozio di “malta e mattoni che continuerà ad essere frequentato e sviluppato, al computer che da casa spinge e incentiva la consegna a domicilio si affianca quindi il negozio posteggiato sotto casa. Una sorta di prossimità ad personam. Il famoso motofurgone oggi ecologico, elettrico e silenzioso che consentirà al commerciante sveglio e lungimirante di comprarsi una fantastica Balilla nuova. Allora come oggi.

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