Ci hanno dovuto pensare i carabinieri. Purtroppo una vicenda triste ha rischiato di trasformarsi in un reato penale innescando una situazione il cui costo complessivo sarebbe stato decine di volte superiore al modesto danno provocato. “Dura lex sed lex” non credo sia un criterio applicabile in casi come questo. Capisco che la “pubblicità” negativa che può derivare dal rendere note queste realtà o, addirittura l’incentivo ad imitarle, richiede cautela nell’affrontare il tema. Le catene della Grande Distribuzione fanno già numerose iniziative con il Banco Alimentare, con associazioni caritatevoli locali anche con una gestione intelligente dello spreco e dei prodotti vicini alla scadenza. Purtroppo di questi tempi non basta.
Altrove, penso agli Stati Uniti ma anche ad alcune realtà europee l’epidemia di furti nei negozi, pur largamente tollerati, stanno diventando una piaga sociale. Il clima è pesante. Bande di giovani si danno appuntamento in rete e poi fanno irruzioni nei supermercati, drugstore e grandi magazzini. Tra il 12 luglio e il 20 settembre, una banda composta da 20 a 40 giovani ha colpito 14 negozi della catena 7-Eleven, fuggendo indisturbata. Le città più colpite, come San Francisco, hanno visto fallimenti e chiusure di negozi (anche franchising di aziende celebri come Whole Foods, Walgreens, Nordstrom, Target, Starbucks). Insomma un clima sociale teso che produce situazioni allarmanti. Da noi salvo le limitate irruzioni di bande ben localizzate non siamo arrivati ancora a quegli estremi. Restano i furti singoli. Rientrano in quota in quello che in gergo sono chiamate “differenze inventariali”. Una piaga che allarma i gestori dei punti vendita.
Aveva suscitato un certo clamore, a suo tempo, una sentenza della Corte di Cassazione penale che aveva enunciato il principio di diritto secondo cui il furto per fame di una modica quantità di cibo non costituisce reato, in quanto scriminato dallo stato di necessità. (Nota a Cass. pen., Sez. V, sent. 7 gennaio 2016 (dep. 2 maggio 2016), n. 18248, Pres. Fumo, Rel. Morelli). Un furto al supermercato di un prodotto del valore commerciale inferiore ai 50 euro, accompagnato dalla rimozione del talloncino adesivo, poteva essere fatto rientrare tra i casi di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto. Situazione ribaltata da un’altra sentenza della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione del 3 aprile N. 11289/2020 che ha stabilito che va condannato anche chi ruba (spesso ripetutamente) beni alimentari per un valore modesto. Secondo la Cassazione, nel caso in oggetto, i giudici di merito avevano evidenziato la mancanza di prova che lo stesso furto fosse determinato a sopperire a gravi ed urgenti esigenze alimentari.
È questo il dilemma con cui si devono sempre confrontare i responsabili di un punto vendita e gli addetti alla vigilanza quando individuano un tentativo di furto. Il vissuto personale e le ragioni di un comportamento escono successivamente spesso dopo l’intervento delle forze dell’ordine. Bene quindi hanno fatto i responsabili del supermercato “Il Gigante” di Curtatone, a chiamare i Carabinieri, bene hanno fatto, questi ultimi, a essere parte attiva della soluzione. Sarebbe servito a poco denunciare e portare davanti ad un Giudice e per tre gradi di giudizio una donna di 65 anni, residente nella provincia di Mantova che si era recata al supermarket per acquistare beni di prima necessità e che ha deciso di prendere dagli scaffali alcuni prodotti di gastronomia e consumarli sul posto, sperando di non essere notata.
Fermata dal personale di vigilanza per il mancato pagamento di ciò che aveva consumato sono stati chiamati i Carabinieri come è da prassi. Una pattuglia della Stazione di Borgo Virgilio è giunta sul posto e ha preso in consegna la signora. In lacrime, la donna ha spiegato ai militari il suo stato di necessità, raccontando di trovarsi in una grave crisi economica. Gli alimenti “presi”, per un valore di appena 18 euro, rappresentavano il suo unico pasto del giorno, e non aveva altri mezzi per sfamarsi. A fronte dell’evidenza i Carabinieri, hanno deciso di pagare di tasca propria il conto permettendo alla donna di evitare conseguenze legali.
È evidente che non si può pretendere che i responsabili del supermercato lascino correre certi comportamenti. Un furto resta un furto. E non è meno grave in base all’entità dello stesso. Nella seconda sentenza sopra citata si è sottolineato ad esempio la recidività di certi comportamenti e quindi l’assoluta e sostanziale differenza rispetto al caso di Curtatone. Certo è che questi fenomeni, a causa del contesto, sono destinati a ripetersi e ad intensificarsi. E questo pone un serio problema di contenimento e di controllo. Ma anche di capacità di distinguere e di valutare la situazione e le persone coinvolte.