I corpi intermedi e lo scambio possibile.

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A Roma abbiamo assistito ad una grande manifestazione sindacale e non era affatto scontato. Landini, Barbagallo e Furlan hanno avuto coraggio, hanno rotto gli indugi e chiamato i loro iscritti alla mobilitazione generale. Poco tempo prima lo avevano fatto imprenditori e professionisti del nord. Dal basso.

La nebbia creata dal Governo con quota 100 e reddito di cittadinanza non è riuscita a mettere in secondo piano la vera posta in gioco per molti nel Paese: il lavoro. La paura di perderlo, la difficoltà a trovarlo, le preoccupazioni degli imprenditori per la situazione economica, la mancanza di risorse da investire hanno fatto premio su una grossa fetta di lavoratori e pensionati che vivono con grande preoccupazione il loro futuro e quello delle proprie famiglie.

Maurizio Landini, il nuovo segretario della CGIL, si è trovato nel posto giusto al momento giusto. Meno alcuni tra quei personaggi politici d’antan che si sono presentati al corteo per essere fotografati e postati sui giornali. Semplici mosche cocchiere.

Landini non è il nuovo leader della sinistra politica. Non lo era prima di questo corteo, non lo è dal giorno dopo. E’ un leader sindacale che deve innanzitutto riprendersi la CGIL affrontando burocrazia interna e freni al cambiamento. Gli stessi problemi con cui si è dovuta confrontare Susanna Camusso.

Deve diventare credibile e quindi mediare con quella parte del sindacalismo confederale che non l’ha mai amato e deve tenere testa ad un Governo che gli contenderà con determinazione e durezza ogni spazio possibile. Soprattutto dopo l’esito delle elezioni abruzzesi..

Dalla sua sa che potrebbe fare un pezzo di strada importante con le imprese se saprà dare corpo ad un modello di relazioni industriali innovativo e reciprocamente non strumentale. A mio parere qui sta il punto. Il sindacato, tutto il sindacato,  dovrà fare delle scelte importanti se non vuole limitarsi alla protesta fine a se stessa.

L’entusiasmo della piazza che ha accolto i tre leader sindacali chiede l’apertura di una nuova fase. Cosa facile da dire, difficile da farsi. Personalmente non avrei avuto dubbi se al posto di Maurizio Landini ci fosse stato Marco Bentivogli. Non per questioni di simpatie personali quanto di strategie dichiarate e praticate. E non da oggi.

Per questo ho sempre preferito leggere il CV delle persone. I fatti e i comportamenti concreti più delle dichiarazioni di buone intenzioni. Il mio scetticismo nasce tutto da qui. L’attuale Segretario della FIM CISL ha le idee chiare sull’industria, sul lavoro, sull’innovazione, sul ruolo del sindacato e sui modelli contrattuali. Si muove con un certo grado di naturalezza nella transizione verso il nuovo paradigma economico e sociale. Landini, da questo punto di vista, è ancora un’incognita.

La firma del CCNL dei metalmeccanici è stato un buon viatico e non ho motivo di dubitare tutto ciò che mi dicono diverse persone che stimo e che mi vogliono convincere che il nuovo leader della CGIL sarà una vera sorpresa. Personalmente me lo auguro. Resto però convinto che al Paese non serve più una rappresentanza sociale ed economica  come fossimo ancora nel novecento.

Nella globalizzazione i corpi intermedi dovrebbero  fidarsi reciprocamente e accompagnare insieme il cambiamento sociale ed economico, condividendo rischi e opportunità. Nessuno può pensare di farcela da solo. Soprattutto se la forza del Paese e delle sue imprese nello scenario economico sono relative in termini di condizionamento nelle filiere internazionali.

Quindi un sindacato che deve ritrovare e rinnovare la sua ragione d’essere così come le stesse organizzazioni datoriali. Soprattutto quelle più ripiegate su sé stesse. Non è il Governo giallo verde ad imporre il riorientamento. Questo Governo è esso stesso il prodotto di un forte segnale di discontinuità e destrutturazione a cui ne seguiranno probabilmente altri.

Ci sono legami sociali e territoriali da ricostruire, occorre ridare senso ad una comunità disorientata, spaventata e disillusa misurandosi con i guasti prodotti in campo economico e sociale. I corpi intermedi hanno sempre intercettato e gestito  il disagio dei propri associati riuscendo però  a trasformarlo in proposta lasciando alla Politica la sintesi successiva tra interessi divergenti anche attraverso l’utilizzo della spesa pubblica. Questo meccanismo, però,  si è definitivamente inceppato. Le sintesi costano. E nessuno vuole pagare il conto.

Per questo solo una collaborazione finalizzata a condividere rischi e opportunità può funzionare. Innocenzo Cipolletta intervistato da Dario Di Vico sul Corriere ( http://bit.ly/2E554hP ) delinea alcuni campi dove questa collaborazione potrebbe concretizzarsi. Ce ne sono anche altri.

E’ un occasione che non va persa. Né le organizzazioni datoriali né i sindacati confederali sono in grado di aprire una nuova stagione da soli. E’ anche se il realismo necessario in questi casi ci mostra più i punti di debolezza che i punti di forza dei soggetti in campo su questa ipotesi  è necessario scommettere. L’alternativa non esiste. 

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