se c’è una cosa chiara dopo la vicenda che ha coinvolto la Grecia è che debito e democrazia sono diventativun ossimoro. Puoi fondare nuovi partiti, puoi protestare come ti pare ma in una economia globalizzata e interdipendente prima paghi i tuoi debiti e poi, nel mondo, qualcuno forse ascolta la tua opinione. È questo non vale solo per la Grecia. Ovviamente questa affermazione rende necessario un profondo lavoro di riscrittura di ciò che è indispensabile per ricostruire un patto di convivenza tra popoli e tra comunità. Io non temo l’esplosione di localismi o l’affermazione di movimenti demagogici. Lo do per scontato. Come do per scontato che una loro eventuale vittoria in un Paese termina un secondo prima o un secondo dopo l’ affermazione elettorale. Alla prova di Governo il meccanismo è comunque destinato ad incepparsi. Come in Grecia. Credo oggi si possa sempre più parlare di una entità politica ed economica sovranazionale che governa, attraverso il debito e le regole che lo governano, i singoli Paesi decidendone la crescita o il declino, costringendo chi democraticamente li dirige a politiche compatibili con quanto deciso altrove e rendendo inutili filosofie, istituzioni e pratiche costruite nei secolo precedente.. Il declino delle politiche nazionali parte da qui. Non è un caso che Mario Draghi messo di fronte alla scelta tra fare il Governatore della BCE o il Presidente della Repubblica in Italia non ha avuto il minimo dubbio nel restare dov’è. A quel livello, come nelle multinazionali, la nazionalità non conta nulla. Contano le competenze e l’accettazione di valori e filosofie tipiche di quella cultura. Il punto quindi non è ratificare la subalternità di un popolo all’altro come sembrano propendere oggi i media. Secondo me non c’è una supremazia tedesca. C’è una supremazia economico finanziaria sul mondo che in Europa è garantita dalla Germania per le sue politiche compatibili con quella visione. Ma anche la Germania deve sottostare alle regole che il suo apparato economico e finanziario ha contribuito a scrivere. Quindi il problema è di tutti. E se fosse così non è sufficiente votare un partito o un movimento per cambiare verso. Tutto ciò che va in quella direzione trova consenso nel mondo economico finanziario mentre ciò che non risponde a quei requisiti porta al declino e quindi all’intervento esterno, diretto o indiretto. Da questo ne discende che tutti i tentativi messi in atto per uscire soli o in compagnia da queste regole sono destinati al fallimento. Se continuiamo a pensare con la testa nel 900 rischiamo di ridurre il tutto ad uno scontro tra ultra liberisti e keynesiani, quindi affrontabile politicamente o elettoralmente.vChi pensa questo è convinto che esploderanno conflitti nazionalistici o localismi e che questo farà cambiare la politica nei singoli Paesi. Io credo che tutto questo non avverrà fino a quando ci saranno Paesi indebitati e subalterni e quindi impossibilitati ad avere una strategia credibile in altri Paesi dove, anche se vincessero forze disponibili al cambiamento, si troverebbero a dover spiegare al proprio elettorato appena conquistato con promesse demagogiche che è giusto in un mondo globalizzato sacrificarsi per i vicini o rinunciare all’uovo oggi in vista di una ipotetica gallina domani. La crisi della socialdemocrazia europea in fondo nasce da qui. Se sviluppa una politica progressista perde i voti, se si sposta al centro si snatura. Ed è lo stesso motivo per cui la destra è destinata a vincere molte battaglie ma a perdere la guerra perché è costretta a spostarsi sempre più a destra entrando anch’essa in conflitto con l’establishement. Quindi continuerà un processo di omologazione economica, politica e sociale in atto. Se così fosse a noi non resta che continuare sulla strada intrapresa per recuperare quella credibilità internazionale che non possiamo avere in questa situazione. Rimettere a posto i nostri conti utilizzando il massimo di flessibilità che i nostri partner ci consentiranno di utilizzare. Sul versante negativo abbiamo sul nostro territorio le tre principali organizzazioni criminali mondiali, uno dei più alti debiti, una parte importante del Paese, il sud, messo peggio della Grecia e un’altra parte, il nord in grado di integrarsi rapidamente con il mondo se marciasse da solo. Sul versante positivo abbiamo oltre quattro milioni di imprenditori, la seconda manifattura d’Europa, un Paese affascinante da rilanciare nel mondo e oltre al Made in italia e alla creatività che tutti ci invidiano, una capacità di resistenza e di adattamento fondamentali nelle fasi di cambiamento. Dovremmo poter contare su qualcuno che parla chiaro al Paese e su uno sforzo di convergenza tra “gli uomini di buona volontà” presenti in tutti gli schieramenti politici. Solo così guadagneremo la possibilità di dire la nostra. Non sarà molto in un mondo globalizzato e interdipendente ma è certamente la base per poter avere il tempo di ricostruire quei punti di riferimento che nel 900 erano chiari e che oggi non esistono piú.