C’è chi ha paragonato il PD Speranza a Turigliatto, chi ha ricordato che Bersani stava con Monti quando sono stati lanciati i voucher e che il Governo Renzi, semmai, ne ha solo regolamentato l’uso. Tutto inutile.
Intorno ai voucher sembra si stia giocando lo scontro finale sull’identità della sinistra italiana.
Il merito, come sempre in questo caso, non esiste. O meglio non interessa a nessuno. Per quanto riguarda non posso che condividere le parole di Anna Soru sulla Nuvola del Corriere con le quali sottolinea il rischio che, in caso di interventi, chiaramente emotivi, si peggiori addirittura la situazione “costringendo” un massiccio ritorno al lavoro nero.
Recentemente sono stati pubblicati dei dati che è meglio conoscere prima di schierarsi. Vediamoli pacatamente.
Innanzitutto Il voucher è l’unico strumento per retribuire in modo regolare “lavori saltuari”. Non ha alternative, né possiamo davvero credere che queste attività saltuarie si coprano con assunzioni “tradizionali”.
Il suo utilizzo assicura un riconoscimento retributivo comprensivo anche del pagamento di contributi previdenziali per prestazioni saltuarie e accessorie e la copertura assicurativa INAIL.
L’utilizzo dei buoni lavoro, è aumentato perché le riforme di questi ultimi anni hanno di fatto tolto alla disponibilità’ delle imprese qualsiasi strumento regolare per pagare prestazioni accessorie.
Infine, occorre ricordare che, mediamente ogni persona, con il voucher, prende 600 euro all’anno; pensare dunque che ci sia un forte abuso generalizzato è una lettura forzata.
La stessa INPS attraverso le analisi pubblicate sul suo sito ci dice che:
1) Per la maggior parte dei prestatori di lavoro accessorio, il volume di voucher percepiti è modesto: in media nel 2015 si è trattato di 60 voucher pro capite e la mediana è decisamente inferiore: 29 voucher.
2) I lavoratori che hanno percepito più di 1.000 euro netti con voucher risultano 207.000 mentre coloro che hanno percepito meno di 500 euro risultano quasi un milione e quindi evidente che non si tratta di lavoro sostitutivo.
3) Circa il 50% dei prestatori sono lavoratori attivi con altra occupazione o percettori di ammortizzatori sociali (sono il 50% del totale stabilmente dal 2013)
Per essere più precisi sono :
– Pensionati: la loro quota risulta pari all’8%. (Tre su quattro sono pensionati di vecchiaia).
– Soggetti mai occupati: sono pari al 14% (meno di 200.000). Si tratta essenzialmente di giovani (la mediana è vent’anni).
– Silenti (ex occupati e disoccupati di lunga durata ): sono attorno al 23%.
– Indennizzati (essenzialmente percettori di Aspi, MiniAspi o Naspi): sono il 18%
– Occupati presso aziende private: sono il 29% (quasi 400.000). Tra questi si individuano:
− 26% occupati a tempo indeterminato e full time;
− 28% occupati a tempo indeterminato e part time;
− 46% occupati, soprattutto giovani, con contratti a termine subordinati
– Altri occupati: pari all’8% sono lavoratori domestici, operai agricoli, lavoratori autonomi, casse professionali, dipendenti pubblici).
Per queste ragioni possiamo affermare, senza nessuna possibilità di smentita che:
l’effetto di sostituzione di precedenti rapporti di lavoro è molto limitato e i soggetti interessati sono in maggioranza studenti, pensionati e lavoratori in regime di ammortizzatori sociali.
Questo dicono i numeri. Il resto sono strumentalizzazioni ideologiche di chi non ha argomenti veri. A mio parere il Governo deve continuare ad insistere sulla strada della tracciabilità e dei controlli per evitare usi impropri dei voucher penalizzando chi non ne fa un uso corretto.
Scegliere, al contrario, di abolirli o di ridurne fortemente l’utilizzo senza introdurre altri strumenti analoghi sarebbe solo un grave errore.