Landini non è una novità e non lo è neanche l’idea della coalizione sociale. Negli anni novanta ci aveva già provato Piergiorgio Tiboni allora leader della Fim CISL di Milano. Ed abbiamo visto come è finita: un modesto sindacatino autoferenziato. Uno dei tanti nella galassia dell’estremismo parolaio. E allora non c’era né la globalizzazione, né Grillo, né la disintermediazione. Oggi Landini ci riprova. Una modesta micronesia di leader settoriali, alcuni anche meritevoli nel loro ambito, espressione di elite con scarso legame popolare e perennemente alla ricerca di prove di purezza ideologica nei compagni di viaggio. Raggruppamenti che esistono solo se sono “contro” e che hanno difficoltà ad essere “per”. Dalla strumentalizzazione degli “ultimi” al mito dell’erba del vicino. Che sia Zapatero, Tsipras o altri che via via compaiono sulla piazza mediatica e che vengono rimossi quasi con fastidio subito dopo. Questi raggruppamenti politico sindacali falliscono perché non hanno una base sociale vera. Sono un ologramma di una parte della coscienza di ciascuno che non riesce a diventare progetto politico. O il rifugio di un gruppo di leader stanchi e senza futuro. La scena della eterogenea comitiva in missione ad Atene per il referendum e di interpreti nostrani della improbabile resistenza ellenica alla UE è sotto gli occhi di tutti. Dunque la domanda è se c’è uno spazio significativo per una sinistra radicale sociale e politica? No. Quello spazio è già occupato in Italia e altrove da altre formazioni più fresche che superano le vecchie culture del 900. Per questo sia il Sindacato confederale che la nuova sinistra politica possono tranquillamente prescindere dalla contaminazione sui contenuti. Questo apre nuovi scenari interessanti. Da un lato sul terreno sindacale dove la prospettiva unitaria e una decisa strategia partecipativa e riformista non ha alternative ma anche sul piano politico dove il neo blairismo del presidente del consiglio potrebbe trovare sponde interessanti in una Europa che deve ripensarsi rapidamente. Ci sono segnali interessanti sia nel dibattito nelle confederazioni che nel dibattito politico dopo la Grecia. Nulla sarà come prima. E allora speriamo che qualcosa si muova sul serio.