Il panettone, tipico dolce natalizio di Milano, ogni anni finisce sotto i riflettori per qualche motivo. C’è chi, ogni anno, si inventa, in estate, l’idea di destagionalizzarlo. Poi gli passa. Sulla riviera emiliana qualche tedesco lo mangia con il gelato in agosto e subito dopo vengono spesi fiumi di inchiostro sul business potenziale. A settembre l’idea rientra pronta a essersi rimessa in circolo l’anno successivo. Altrove non è così. In Perù il panettone si mangia durante le Fiestas Patrias peruanas, le festività dell’Indipendenza nazionale che ricorrono il 28 e il 29 luglio. E lì, il 6% della popolazione, consuma il panettone in ogni periodo dell’anno per festeggiare diverse ricorrenze come i compleanni e altre occasioni.
Per i milanesi il panettone è una cosa seria. Vedere tutto questo chiasso inutile intorno ad un’abitudine che dura per noi un mese e mezzo circa da un po’ fastidio. Il panettone si compra a Natale e i resti si trascinano in un sacchetto nella dispensa fino a San Biagio, il 3 febbraio, quando è tradizione mangiare un pezzetto di panettone benedetto avanzato da Natale, per tenere lontano i malanni e proteggersi dal mal di gola. Ovviamente ci rendiamo conto che il panettone ormai non riguarda solo noi milanesi.
Secondo l’Unione italiana Food, la produzione è calata da 33.628 tonnellate a 31.947 nell’arco di un anno mentre in termini di valore ha registrato una lieve crescita da 216,9 a 223,4 milioni di euro. L’export poi dei prodotti da ricorrenza rappresenta il 19% del totale. Ben oltre il 90% degli acquisti passa attraverso la grande distribuzione. Il resto è coperto dal comparto artigianale (pasticcerie e acquisti offline o online). Pur essendo un prodotto tipicamente milanese (o comunque espressione del Made in Italy) non siamo noi i maggiori produttori al mondo. A detenere il primato è il Brasile, con una produzione media annua di 200 milioni di pezzi. Il secondo posto nella classifica mondiale spetta al Perù, mentre all’Italia tocca la medaglia di bronzo, guadagnata con 50 milioni di pezzi l’anno.
Tra l’altro non è milanese e neppure italiano il pasticcere che ha vinto la “Coppa del mondo del panettone” 2024. È la pasticceria Sucal di Barcellona che ha vinto il concorso per il miglior panettone del mondo, in una rassegna tenutasi a Milano, a Palazzo Castiglioni, dall’8 al 10 novembre. Cloudstreet Bakery, di Tonatiuh Cortés ha conquistato il primo posto davanti agli italiani Pasquale Pesce e Maurizio Sarioli. È la prima pasticceria straniera a vincere il riconoscimento. Questa edizione della Coppa del Mondo del Panettone 2024 è la quarta dall’istituzione del concorso. Un solo lombardo finalista. Maurizio Sarioli della Forneria Il Pane di Brescia.
Ogni anno nella GDO scattano due polemiche. Una a ferragosto dove di solito Eurospin batte tutti e presenta l’anguria come prodotto civetta scatenando l’ira di una parte del mondo agricolo sobillato da qualche concorrente GDO i cui buyer sono arrivati tardi alla mèta. E l’altra a Natale quando il panettone appare ovunque nei supermercati di ogni dimensione, prezzo, confezione e formato. Fortunatamente qualche anno fa è arrivato Mario Gasbarrino, che in UNES, ha iniziato a proporre un ottimo panettone molto ben confezionato ad un prezzo onesto. Pochi ci credevano visto i “prezzacci” della GDO ma ha funzionato. È stato un successo. Da lì (non per colpa sua) è iniziato l’inseguimento. Panettoni di qualità vestiti a festa e proposti ovunque in alternativa ai panettoni che verranno più o meno regalati qualche giorno dopo Natale.
Tra gli artigiani milanesi e non solo si affrontano due linee di pensiero. Da un lato torna l’iniziativa «Panettone sospeso» per donare il dolce milanese agli ospiti della Casa dell’accoglienza Enzo Jannacci e due hub di aiuto alimentare. 23 punti vendita aderiscono al progetto solidale, ovvero: Cake l’hub – I dolci del paradiso, Davide Longoni, Gelsomina, Giacomo Pasticceria, Marlà, Massimo 1970, Pasticceria DaMa Milano, Polenghi Angelo, San Gregorio, Sant’Ambroeus, Taveggia Gamberini e Vergani. Fino al 22 dicembre in questi negozi chiunque può lasciare un panettone «già pagato» che verrà poi recapitato, a Natale, a chi è meno fortunato. Dall’altro continua la rincorsa per posizionare il panettone al livello più assurdo possibile sia in termini di contenuto che di prezzo. È evidente che la situazione è sfuggita di mano.
L’ultimo in ordine di tempo è “il panettone con farina di grillo e insetti caramellati. Ideato da Davide Muro, Mastro Panettone dell’Antica Pasticceria Castino di Pinerolo, per celebrare il decimo anniversario della riapertura dello storico locale, è senza burro e senza lattosio e il cioccolato contiene grilli caramellati”. (Corriere della sera). C’è poi quello di Massari. Un panettone credo da 120 euro con fragole Mara des Bois in edizione limitata da 1,5 kg. Quello da 700 euro da 1,5 kg in box di velluto. Forse è per questa ricerca del limite che non è milanese il pasticcere che ha vinto la “Coppa del mondo del panettone”. A stilare la classifica è stata una giuria internazionale. Per rimettere nelle mani di un lombardo (di un milanese sarebbe chiedere troppo) un trofeo bisogna ritornare credo intorno al 2022 dove al Palazzo del Ghiaccio di Milano, il concorso «Re Panettone» ha incoronato La Boutique del Dolce di Cologno Monzese, al primo posto della classifica dedicata alla versione classica del «panetùn».
È evidente però che qualcuno ci sta prendendo in giro. Tra la moltiplicazione delle ore di lievitazione naturale, tuorli di galline speciali ultrabio allevate sul divano di casa, ricette tramandate dal 1850 direttamente dai bisnonni di ciascun artigiano, confezioni adatte per una gara di intaglio della val Gardena sta andando in scena quella che su X qualcuno ha paragonato ad un esperimento sociale dal titolo “fino a che prezzo insensato possiamo spingere il prodotto con la gente che continua estasiata a comprarlo”. Sta diventando una farsa. Anche perché, va detto, buona parte dei panettoni delle migliori marche industriali che compriamo al supermercato viaggiano quasi dappertutto sotto i 5 euro al chilo. Qualcuno poco oltre. Non dimentichiamo mai che, come diceva mia nonna, L’È UN PANETÚN. Cerchiamo di ricordarcelo.