Chissà se il sociologo Robert Merton quando ha parlato per la prima volta delle profezie negative che si auto avverano pensava a certi sindacalisti nostrani messi di fronte a vertenze complesse. Alcuni di loro quando devono gestire timori e tensioni, pur legittime, determinati da avvenimenti straordinari, danno sempre l’impressione che, comunque vada, la sconfitta certa resta l’opzione prevalente. Fossero avvocati, nessuno li ingaggerebbe.
Ascoltando in TV il responsabile auto della FIOM ho avuto questa impressione. L’operazione FCA/Renault, a suo parere, è destinata comunque a finire male. È però stato così anche con Marchionne. Prima ancora con Romiti per non parlare di tutti quelli che li hanno preceduti. Con questo approccio qualsiasi modifica dello status quo è vissuta sempre come negativa. Mi chiedo come sia possibile trovarsi in prima linea in una vertenza complessa limitandosi ad elencare ciò che tutti gli altri soggetti in campo dovrebbero fare ma dando già per certo che non lo faranno, che se lo faranno lo faranno male e quindi che l’esito non può che essere scontato e inevitabile.
A me il cinismo dei pessimisti mi ha sempre lasciato perplesso. C’è qualcosa di tragico e incomprensibile in questo atteggiamento che mira forse ad infiammare i militanti più vicini ma genera, nei più, un senso di scoramento e di inutilità preoccupante. Come è possibile essere protagonisti intransigenti ma corretti e positivi con a fianco questi profeti del pessimismo cosmico?
Vale per i metalmeccanici dove mi immagino il terreno che si prepara intorno a chi, come ad esempio la FIM CISL, cerca di fare il proprio mestiere con serietà e autorevolezza ma vale anche in altre vicende oggi sotto i riflettori. Le aziende crescono, muoiono, si accorpano o vengono cedute perché la competizione nazionale e internazionale richiede profondi cambiamenti.
Questi cambiamenti hanno bisogno di essere compresi e supportati perché i rischi connessi sono enormi. Lasciare un mercato, conquistarne uno nuovo, presidiare meglio il proprio impongono investimenti e rischi significativi. Politica e corpi intermedi non possono restare alla finestra.
Se prendiamo gli ultimi due casi di grande attualità (FCA/Renault e Auchan/Conad) ci rendiamo conto che sia la Politica che i corpi intermedi ai massimi livelli non si sono minimamente resi conto della loro colpevole assenza e della dimensione dei problemi collegati da affrontare.
Manca completamente una visione strategica sul proprio ruolo di supporto affinché la singola impresa e i rappresentanti dei lavoratori possano contare su un ambiente favorevole e positivo che accompagni fino alla conclusione queste vertenze complesse e che gli interessi veri del Paese non siano solo materia di scontro politico ma siano sempre concretamente tutelati.
Quindi che, imprese e lavoratori coinvolti, siano messi in condizione di affrontare i cambiamenti e le inevitabili conseguenze che queste operazioni potranno generare. Certamente non tutte positive.
Lo sto assistendo nella vicenda che seguo più da vicino dove una parte del sindacato dà per scontate alcune conclusioni tutt’altro che certe. Un esempio su tutti. Ai tempi dell’acquisizione di Standa da parte di REWE qualche sindacalista dava per certa la chiusura della sede di Milano con la concentrazione degli uffici nella sede veneta che aveva guidato l’acquisizione. È successo l’esatto contrario. Ha chiuso la sede veneta ben prima che il gruppo tedesco decidesse di lasciare il nostro Paese.
Nessuno è in grado di prevedere, nemmeno CONAD, tempi e modalità di un’integrazione così complessa. Procederà inevitabilmente per gradi. Lo stesso, credo, devono attendersi i dipendenti FCA in rapporto alle strategie, alle modalità e ai tempi di integrazione tra le diverse realtà produttive all’interno di un mercato che non sta fermo.
Per affrontare situazioni così complesse serve un sindacato preparato che non ha paura di affrontare i processi di cambiamento, che non attende di subirne le conseguenze ma le prevede e le prepara fin da subito. E pretende una analoga responsabilità dalle imprese e dalla Politica.
Queste sono “Operazioni Paese”.
Non ci si può lamentare che Lactalis “si prende il parmigiano” acquistando la Nuova Castelli e poi pretendere che quando un impresa italiana getta il cuore oltre l’ostacolo e si misura con un’operazione al limite delle sue possibilità anziché aprirsi ad un confronto a tutto campo senza pregiudiziali per favorirla scendono in campo i pessimismi più cupi e ci si siede al tavolo pretendendo risposte immediate quanto impossibili da dare.
Altra cosa è sapere che nei processi di merger&acquisition nulla sarà come prima. Ma il dopo va preparato. Nel caso di Auchan/Conad, ad esempio, occorrerebbe costruire un percorso negoziale vero che deve tendere a non lasciare fuori nessuno. Che non significa che tutti finiranno nelle nuove realtà ma a tutti dovrà essere offerta una possibilità.
Quindi tempi e modalità a supporto dell’entrata in campo delle diverse situazioni facenti capo alle principali cooperative, formazione, attivazione di politiche attive, condizioni economiche di passaggio all’interno di un nuovo modello contrattuale aziendale. E questo va costruito per i punti vendita più semplici da accorpare ma anche per gli ipermercati e per la sede centrale.
Come si può vedere un’operazione così complessa deve vedere l’impegno di tutti. Governo, parti sociali, impresa e suoi interlocutori nella filiera. E non può essere il portato di rassicurazioni formali pretese al MISE come fosse una normale vertenza di lavoro.
Chiamarsi fuori, soprassedere sulle responsabilità e quindi sul coinvolgimento di Auchan, storpiare il claim aziendale di Conad, forzare soluzioni impossibili rischia di trasformare un’opportunità da sostenere convintamente in un autogol e in una marginalizzazione che non avvantaggerà nessuno.
Sarebbe un pessimo epilogo di una vicenda che si apre con i migliori auspici per le imprese italiane, per un ruolo propositivo della rappresentanza e per il Paese.
Buon giorno dott. Sassi.
Grazie per il riscontro alle mie osservazioni del 2 giugno. Ritrovo sviluppati il succo della sua risposta nell’articolo qui commentato. Le cose che dice sono davvero interessanti e condivisibili. Tuttavia ci tenevo a precisare che comprendo bene la differenza tra una necessità imprenditoriale ed uno slogan, anche quando questo interpreta con compiutezza una filosofia commerciale a quanto pare fino ad ora vincente ( o quanto meno vincente al confronto di quella “ingessata” dei francesi da Lei – così come da moltissimi altri – giustamente stigmatizzata). Ma la chiusura del mio commento precedente si riferiva, essenzialmente, al rischio frantumazione in una miriade formale di soggetti di fatto subentranti, che in maniera singolare diverranno nella sostanza ” assegnatari” di separati rami d’azienda nella titolarità, dal momento dell’acquisizione dell’intero pacchetto azionario Auchan , di BDC Italia. E naturalmente si riferiva anche alle ricadute sul piano dell’occupazione (attuale e futura) ed a quanto il regista dell’operazione ( CONAD/BDC?) riesca ad astenersi dall’approfittare di tale situazione di frantumazione; farlo significherebbe essere coerenti con quello che è sì uno slogan, ma anche, sotto il profilo psicologico, un messaggio che i collaboratori non riescono a non percepire come riferito anche al loro rapporto di lavoro.
Grazie
Buonasera,
È fuori dubbio che la struttura di Conad è completamente diversa da quella di una Multinazionale. 6 cooperative che gestiscono 2700 imprenditori che avranno in gestione i singoli punti vendita oggetto dell’intesa. È un modello di impresa presente in tutta Europa e funziona benissimo. Il coordinamento è assicurato dalle cooperative che, a loro volta, fanno riferimento alla centrale di Bologna. La “frantumazione” è la forza di quel modello. Per i lavoratori non cambierà nulla salvo il fatto che dovranno abituarsi ad un modello organizzativo che vede l’imprenditore sempre presente, più flessibile e rapido nelle decisioni ovviamente molto attento ai costi. Assegnati i negozi di piccola e media dimensione, restano gli IPER, la logistica e la sede. Personalmente non credo che seguiranno lo schema sopra descritto. Né i tempi. Sarà un processo più lungo che, penso, verrà chiarito al tavolo del MISE. Vedremo. È chiaro che nulla sarà come prima. Ci sono già passato perché ho gestito l’acquisizione di Standa da parte di REWE. Sono passaggi lunghi e complessi. Per AUCHAN però non c’erano alternative. Sullo slogan ho già scritto. È un errore. Un segno di ingenuità e di debolezza. Tipico di un sindacato che non sa bene cosa fare. Non è un buon segno in un negoziato che deve partire. P.S. I collaboratori di CONAD non hanno mai percepito quello slogan come riferito al loro rapporto di lavoro. Sarà un caso?
Buon giorno dott. Sassi.
Il confronto con Lei è stimolante ed invita di volta in volta a nuove riflessioni. Mi ha colpito il riconoscimento da parte sua che la “frantumazione”( in una miriade formale di soggetti di fatto subentranti), come osservavo nel mio commento, è “la forza di quel modello”. Sono d’accordo, perché immagino che da un lato essa, dopo aver ottimizzato le decisioni strategiche accentrandole in un solo soggetto, permetta e favorisca la maggiore vicinanza delle decisioni tattiche alle esigenze del territorio. Ma anche perché – è inutile nasconderlo – frammenta il rischio imprenditoriale in centinaia di frazioni e lega in maniera fortissima il dipendente al singolo (e molto più vicino) imprenditore, dissuadendolo dal porre sul tavolo questioni sulle specifiche (e spessissimo non limpide) modalità di gestione dei rapporti di lavoro; rapporti di lavoro per i quali – concordo pienamente con lei – il payoff aziendale (“persone oltre le cose”) non ha nessun rilievo nel mondo Conad.
Il punto, tuttavia, è che il subentrante nella proprietà di Auchan Retail (BDC), almeno all’inizio e forse per un tempo significativo non potrà approfittare dei vantaggi di questa “frantumazione”, che si potranno vedere solo una volta completata l’operazione di incastro dette “tesserine” Auchan nel composito puzzle della galassia Conad. E tale operazione di incastro non potrà non essere preceduta – credo – da un adattamento delle tesserine a quel puzzle; adattamento che dovrà essere gestito dalla stessa Società, semmai con una diversa denominazione sociale, che fino ad oggi non è riuscita a trovare la quadra per sanare gli scompensi. Certo ci sarà un management nuovo; ma la difficoltà non potrà essere attenuata da quella utilissima frantumazione che come Lei dice costituisce la forza di quel modello.
Cordialità.
Come ho già scritto c’è un prima, un durante e un dopo. Il CEO di Conad parla di 3/5 anni per integrare il tutto. Credo sia ragionevole. Difficile da fuori avere altri elementi. Io ho una mia idea di come procedere avendo gestito diversi progetti di merger&acquisition. Aspetto anch’io di capire le prossime mosse. Io procederei integrando tutto ciò che può essere integrato velocemente. Sul resto, sede, logistica e IPER soprattutto i più problematici sarei più cauto. Anche perché non credo ci sarà un management totalmente nuovo. In Auchan a mio parere di sono ottimi manager. E la proprietà francese ha già anticipato, nell’operazione complessiva, due anni di perdite. Vedremo.