L’ultima volta che l’ho incontrata è stato in ospedale. Poche ore prima che entrasse in coma. Non voleva vedere nessuno salvo la mamma e Francesco Rivolta. Di fatto un padre, un amico che l’ha vista crescere, ne ha apprezzato le doti e l’entusiasmo e l’ha accompagnata come nessun altro in tutto questo tragico percorso finale.
Non voleva vedere nessuno. Soprattutto nelle ultime settimane.
Con me Jole ha fatto un’eccezione perché mi voleva bene e sapeva quanto ci tenevo a portarle un ultimo saluto. A guardarla negli occhi.
Era una persona fuori dal comune. Ci siamo conosciuti tanti anni fa quando lavoravo in Standa, poi in Federdistribuzione e, infine, in Confcommercio. Mi considerava una sorta di fratello maggiore. Da quando mi ero trasferito definitivamente a Milano mi chiamava ogni venerdì pomeriggio per scambiare opinioni. Un appuntamento fisso. Il tema del lavoro, della contrattazione e dei problemi delle imprese ha sempre appassionato entrambi.
La ragione vera delle sue telefonate però era per chiedermi se, a mio parere, i suoi atteggiamenti giudicati a volte troppo ruvidi da molti, fossero sbagliati. Se le davo torto cercava di convincermi delle sue buone ragioni. Ci teneva al mio parere.
Sentivo che mi voleva bene. Un sentimento contraccambiato. Cercavo di esserne all’altezza.
In qualunque situazione si trovasse Jole non lasciava nulla al caso. Studiava, leggeva, si preparava. Era difficilissimo tenerle testa. Profondamente convinta e sempre in buona fede, indossava la maglia dell’organizzazione che rappresentava in quel momento con una determinazione fuori dal comune.
Pretendeva da tutti ciò che imponeva a se stessa. Totale impegno e dedizione alla causa individuata. Amava concentrarsi sui dettagli. Era impossibile spingerla ad accettare soluzioni ambigue tipiche di un certo mondo non solo sul versante sindacale. Le norme dovevano essere sempre chiare ed esigibili. Per tutti. Chiarezza e comportamenti li pretendeva dalla aziende ma anche dalla sua organizzazione. Non amava le furbizie e le indecisioni. Ovunque e comunque perpretati.
In un contesto organizzativo che non ha mai dato al tema del lavoro l’importanza che avrebbe meritato è riuscita ad ottenere e imporre risultati eccezionali. Trovarsela di fronte nei negoziati nazionali per i sindacalisti del comparto del terziario ha sempre rappresentato una esperienza indimenticabile come ricordano i migliori tra loro.
Stimava l’interlocutore intelligente, disistimava e non lo nascondeva gli interlocutori superficiali o impreparati.
La Confcommercio perde una grande professionista.
Per me se ne è andata un’amica. In questo momento penso solo alla madre anziana e al fratello che è rimasto vittima di un gravissimo incidente qualche anno fa. A quello che Jole rappresentava per loro. E all’amore di Jole nei loro confronti.
Penso ai pochi giorni che abbiamo passato insieme in vacanza con le rispettive famiglie, penso ai momenti sereni, al suo sorriso. Al giorno che si è accorta del male che l’aveva colpita. Alle lacrime trattenute. A come ha gestito con grande dignità e consapevolezza la sua malattia. Al bacio che ha cercato di darmi poco prima di mancare dalla poltrona in cui era inchiodata da mesi. E al fatto che, non riuscendoci, mi ha guardato, spostando con grande fatica la maschera dell’ossigeno biascicando le parole: “Mario, non ci riesco. Però fai come se te lo avessi dato”.
Questa era Jole.
Non riuscendo a fare ciò che per lei era importante in quel momento doveva comunque darmi una spiegazione. Come nei nostri venerdì. Adesso se n’è andata. Per sempre. Mancherà a tutti. A me moltissimo.
Cara amica mia, che la terra ti sia lieve.