A 85 anni si è fatto riconfermare, pur con qualche fatica, nell’altra carica più importante che detiene. A Carlo Sangalli pareva brutto lasciare la Camera di Commercio di Milano proprio in questo momento. D’altra parte questa è, se non sbaglio, la quinta o la sesta rielezione. Dal sito la cronologia sembra essere provvidenzialmente scomparsa. Per lui, è sempre bene sottolinearlo, non è mai il momento di lasciare.
Ha quindi individuato un escamotage per convincere gli interlocutori più malfidenti sulle sue reali intenzioni: una staffetta a metà mandato. Proporsi fino al 2027, a novant’anni, è forse parso un tantino esagerato anche per lui. Le altre associazioni hanno subìto la sua ambizione perché controbilanciata dalla disponibilità di Carlo Sangalli a farsi da parte un po’ più in là. Industriali e artigiani hanno dovuto fare buon viso a cattivo gioco. Forse hanno chiesto addirittura qualche garanzia scritta visti i precedenti. il Consiglio della Camera di commercio si compone di 25 consiglieri: 7 sono i rappresentanti dei servizi alle imprese, 4 del commercio, 4 dell’industria, 2 dell’artigianato, 1 del credito e assicurazioni, 1 dei trasporti e spedizioni, 1 dell’agricoltura, 1 del turismo, 1 della cooperazione. Fanno inoltre parte del Consiglio camerale, 3 componenti in rappresentanza delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, delle associazioni dei consumatori e dei liberi professionisti.
Con la crisi economica in corso, il PNRR da gestire e con le Olimpiadi invernali che coinvolgeranno Milano in questo mandato, incrinare la tradizionale unità delle categorie produttive non conveniva a nessuno. Certo fa un po’ riflettere l’incapacità di trovare un altro punto di riferimento della Milano del terziario che non sia Carlo Sangalli che alla scadenza formale di questo incarico avrà 90 anni. Nessuno riesce a convincerlo a fare un passo di lato.
Il drammaturgo inglese Ronald Harwood in “Servo di Scena” un dramma in due atti scritto nel 1979, considerata una delle commedie più importanti del novecento, racconta di un gruppo di vecchi attori che portano in giro per il Paese il repertorio di Shakespeare durante la guerra e sotto i bombardamenti. Il capocomico è un attore anziano e stanco, ormai sul viale del tramonto, ma capriccioso, dispotico e vanitoso. Continua a recitare sostenuto dal suo servo di scena, Norman che in realtà gli fa da segretario, consigliere, suggeritore e amico. L’autore mette in scena l’epilogo della carriera del capo comico indisponibile e incapace a farsi da parte. Continua a recitare perché è la sua unica ragione di vita. E questa volontà di resistere, oltre ogni logica, all’età e al contesto che cambia, per la paura di ritrovarsi solo e dimenticato dal suo pubblico, induce nel pubblico stesso, un cattivo ricordo della sua intera carriera. Ma l’anziano attore non sente ragioni.
Carlo Sangalli è in questa situazione. L’ennesima ricandidatura come Presidente della Camera di Commercio di Milano non gli provoca il ben che minimo imbarazzo. Sangalli in questo è unico. Lui procede per obiettivi. Adesso deve arrivare al 2025. Poi ci saranno le Olimpiadi invernali del 2026. E poi succederà sicuramente qualcosa d’altro che gli “imporrà pur controvoglia” di restare. Da ex dirigente di quella confederazione ritengo però che Sangalli non meriti di restare né in Camera di Commercio né in Confcommercio. Innanzitutto per la sua evidente distanza dalla realtà di chi vorrebbe rappresentare.
Poi ci sono le vicende che lo hanno coinvolto e che sono stati sviscerate in modo esemplare dal giudice del tribunale di Roma che ha recentemente affrontato la denuncia che Sangalli stesso aveva addirittura presentato contro il suo Direttore Generale. Leggo un passaggio tra molti della sentenza: “…Il tentativo piuttosto scoperto è quello di offuscare mediante la prospettazione di fantasiose macchinazioni progettate dalla coppia Rivolta-Venturini per conseguire un cambiamento al vertice della Confederazione, la realtà dei fatti che, nella loro crudezza e linearità, adombrano pesanti responsabilità del denunciante (il Sangalli) in comportamenti che il teste Giuseppe Guzzetti ha definito eufemisticamente poco “commendevoli”. Non serve aggiungere altro.
Quindi oltre a non essere più credibile stiamo parlando di un signore di 85 anni che insiste nel ritenersi indispensabile. E non mostra alcuna intenzione di farsi da parte. Sangalli, e questo è comprensibile, resiste sperando che l’intera vicenda che lo ha lambito possa essere, nel tempo, dimenticata. Buon per lui e per chi gli crede. Personalmente credo nel pensiero di un grande politico lombardo che si è spento in questi giorni, Virginio Rognoni che ci ha ricordato: “Al potere, quando diventa arrogante, gli si deve resistere”. Sempre.
Certo che non c’è posto per il nuovo e non ci potrà essere innovazione ne spazio per i giovani fin che le poltrone di comando restano in mano per secoli alle stesse persone. Ricordiamo Einstein… Se continuiamo a fare le cose nello stesso modo non possiamo aspettare risultati diversi….. Vale Anche per le persone..