le ultime vicende sindacali che hanno coinvolto diverse situazioni locali sono emblematiche di un contesto che cambia rapidamente non sempre compreso dagli attori in campo. Ha ragione Di Vico oggi sul Corriere a porre il problema. Nel comparto manifatturiero il sindacato viene puntualmente scavalcato dai lavoratori stessi chiamati direttamente o indirettamente dall’azienda in caso di picchi produttivi. Dalla vicenda FCA in avanti rare volte le imprese si sono fermate davanti alle prese di posizione di parte o di tutti i sindacati. E quando lo hanno fatto (vedi whirpool o altre) è stato per evidenti errori di gestione della vertenza. Diverso è il caso della GDO. Da un lato la disdetta del CCNL del terziario e la mancata sottoscrizione di un nuovo contratto specifico con Federdistribuzione evidenzia la debolezza reale del sindacato di settore. Lasciare oltre centocinquantamila lavoratori senza contratto dove le OOSS vantano il maggior numero di adesioni rispetto ad altri comparti del terziario è significativo di una difficoltà evidente di mobilitazione mentre dall’altro, la radicalizzazione di alcune vertenze (vedi IKEA) testimonia la difficoltà di dare uno sbocco credibile ad una vertenza che rischia di non portare ad alcun risultato concreto. Senza contare che in situazioni di tensione ben più significative e importanti (Carrefour, Auchan, BILLA, PAM) le stesse sono state gestite diversamente sia sindacalmente che mediaticamente. Ma cosa sta succedendo nella GDO? È chiaro che il vecchio modello contrattuale che si reggeva su un CCNL del terziario di basso costo integrato da una contrattazione aziendale aggiuntiva non regge più e non da adesso. Ha cominciato BILLA nel 2004 con la disdetta del contratto integrativo e poi via via si sono aggregate molte altre imprese con alterni risultati fino a quando Federdistribuzione, sbagliando, ha pensato di di poter imporre alle OOSS un CCNL estremamente vantaggioso per le aziende aderenti per rimediare ai costi e agli errori organizzativi che le singole imprese avevano commesso negli anni con lo scopo di mantenere la pace sociale al loro interno. Sbagliando, ovviamente, perché era del tutto evidente che le OOSS non avrebbero potuto sottoscrivere un CCNL diverso da quello del Terziario firmato poi con Confcommercio e senza tenere conto dell’altro CCNL firmato dalle COOP che operano anch’esse nella GDO con una presenza significativa. Napoleone diceva che “tutto puoi chiedere ai tuoi soldati meno che sedersi sulla punta delle loro baionette”. In altre parole una strategia di imposizione che ha portato l’intero comparto aderente a Federdistribuzione su di un binario morto. Questa situazione, sommata alle esigenze specifiche delle singole imprese, ha determinato la crisi delle relazioni sindacali impedendo quel salto di qualità necessario che, al contrario, ha trovato uno sbocco nella firma del CCNL del terziario con, ad esempio, la possibilità di derogare in pejus a fronte di esigenze specifiche. Personalmente credo che occorrerebbe partire dal contratto nazionale appena firmato da Confcommercio.. Pensare di sostituire la contrattazione nazionale con quella aziendale o di settore nel comparto dei servizi è un errore. Lo è perché, con la cultura attuale, assegnerebbe esclusivamente ai rapporti di forza il risultato. Lo si è visto nel passato a favore dei sindacati interni e esterni e lo si può vedere oggi a favore delle imprese. E lasciare ai rapporti di forza il risultato in un contesto dove non c’è una consapevolezza ed un riconoscimento reciproco stabilizzato e neppure una storia di relazioni sindacali costruttive porta a situazioni ingovernabili. Senza questa consapevolezza il settore scivolerà sempre più verso un modello di sindacato corporativo tipo quello dei centri della logistica e dei trasporti dove il sindacalismo confederale è stato stravolto è costretto ad inseguire i Cobas e le aziende non ne hanno tratto alcun vantaggio concreto. Per questo l’invito di Di Vico a ragionare su un nuovo modello di relazioni e regole del gioco è importante. Serve però la consapevolezza che occorre andare oltre agli attuali rapporti di forza e saper guardare lontano. Negli anni 70 quando i rapporti di forza erano favorevoli ai sindacati è nata la cultura della bilateralità. Forse oggi occorrerebbe fare un passo avanti e costruire una nuova cultura della collaborazione che significa condividere necessariamente momenti negativi (non subirli e basta) accettando i ridimensionamenti e i tagli necessari ma, contemporaneamente, creando le premesse per assicurarsi i benefici appena la stabilizzazione del mercato lo renderà possibile. Solo in questo modo può crescere una nuova consapevolezza. Ovviamente bisognerà avere la capacità di comprendere che sacrifici e benefici non possono essere per sempre. Dovranno avere una durata temporale accettabile e condivisa. Per questo il CCNL del terziario non può che essere il punto condiviso unico per tutto il comparto prevedendo semmai specificità, deroghe e condizioni particolari per coloro che decidono di adottarlo. Pensare che il percorso inverso sia praticabile e trovarsi alla fine con tre o quattro contratti nazionali solo nella GDO sarebbe un errore. Per non commetterlo occorrono imprese e sindacati che guardano avanti con maggiore fiducia nel futuro ma anche di rispetto dei rispettivi ruoli. Oggi più che mai.